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Into the Night – seconda stagione, la recensione: come è difficile soddisfare le aspettative create da una serie TV di alta qualità…

Into the Night – seconda stagione, la recensione: come è difficile soddisfare le aspettative create da una serie TV di alta qualità…

Into the Night

 

Into the Night è la prima serie Netflix prodotta in Belgio, nel 2020, che ha stregato molti spettatori per la sua qualità. Sei episodi di circa mezz’ora, ideali per il più classico dei binge-watching, costruiti con mestiere e con un’idea di base originale e intrigante.

Il sole è improvvisamente impazzito, e bombarda la Terra con radiazioni micidiali, che sterminano ogni forma di vita, anche quella di chi si rifugia speranzoso nei bunker. Un gruppo eterogeneo di passeggeri si ritrova su un volo dirottato da quello che poi si rivela essere un ufficiale della NATO italiano.

Una situazione apparentemente disperata, ma che in realtà è la salvezza dei dirottati, che giocoforza si trovano a fare gruppo anche con il militare che li minacciava brandendo un mitra. Unica cosa possibile per sopravvivere: continuare a volare verso la notte, sfuggendo alle mortali radiazioni solari che all’alba annientano ogni forma di vita.

Una situazione paradossale, che ha dato il titolo alla serie, che si è rivelata essere molto ben fatta anche grazie alla buona recitazione degli interpreti e all’ottima scelta dei personaggi, che costituiscono un complesso microcosmo, convincente rappresentazione delle tensioni sociali presenti nell’attuale società occidentale, globalizzata, multimediale e multietnica.

La prima stagione si concludeva con l’arrivo dei nostri eroi in una base militare NATO in Bulgaria, dotata di un bunker sotterraneo schermato dal bacino idrico artificiale formato da una diga, a quanto pare capace di fermare le misteriose e mortali radiazioni solari. Un ottimo cliffhanger, che lasciava molte domande senza risposta e implorava l’uscita della seconda stagione.

Into the Night, seconda stagione: non male, ma non all’altezza della prima

A settembre 2021 è finalmente uscita la seconda stagione, che tuttavia ha perso la freschezza e l’originalità della prima. Come spesso accade nelle serie TV, i vari personaggi tendono a rivelare il loro passato, diventando prevedibili nel loro modus operandi, e si formano delle coppie più o meno stabili, cosa che rende le vicende meno dinamiche e sempre più scontate.

Certo, compaiono nuovi personaggi: i militari e personalità politiche della NATO, tutti costretti ad assieparsi nel bunker. Compaiono nuove dinamiche, peraltro molto prevedibili, a cominciare dalla penuria di risorse, visto che le bocche da sfamare sono aumentate, ma le riserve immagazzinate nel bunker sono sempre le stesse.

Ovviamente accadono degli incidenti, provocati dalla forzata convivenza di persone molto eterogenee. La rigida mentalità militare e l’atteggiamento sessista di molti soldati non aiuta di certo, vista anche la penuria di donne e la sovrabbondanza di giovani maschi nel fiore della loro gioventù. Dinamiche scontate, che comunque mantengono in moto la macchina narrativa, anche se il ritmo non è più così serrato, e alle volte si ha l’impressione che certi eventi siano narrati solo per allungare di qualche minuto l’episodio.

Ulteriore elemento che si aggiunge, regalando una prospettiva di salvezza ai protagonisti della serie, è l’esistenza di un deposito di semi, che va raggiunto prima possibile, in quanto l’unica possibilità di sopravvivenza nel lungo periodo è quella di tornare a produrre generi alimentari, visto che nessun magazzino di riserve dura all’infinito.

Ma (ovviamente) gli altri superstiti del pianeta non sembrano essere disposti a condividere le risorse esistenti, per cui scoppia un confuso conflitto tra gruppi armati sopravvissuti.

Into the Night, seconda stagione: quattro ore di piacevole binge-watching

Se nella prima serie i conflitti avvengono prevalentemente sull’aereo, alla disperata ricerca di un aeroporto prima dell’alba, nella seconda la storia la narrazione ben presto si scinde in due storie parallele: la prima che riguarda la spedizione aerea in cerca dei semi salvifici, la seconda che segue le vicende all’interno del bunker.

E se nella prima serie erano le figure maschili quelle dominanti, nella seconda la barra del timone viene presa saldamente in mano dalle donne, nel bene e nel male.

Aumenta anche l’introspezione psicologica dei personaggi, dei quali ci viene dettagliato il passato, al prezzo però di una calo del ritmo e di una generale diminuzione della tensione. Molti interrogativi lasciati aperti dalla prima stagione trovano la loro brava risposta, ma la storia diventa meno intrigante e più prevedibile.

Comunque la seconda stagione si lascia nel complesso guardare volentieri, e i sei episodi, lunghi circa 35 minuti ciascuno, garantiscono comunque circa quattro ore di piacevole binge-watching. Certo, si è persa la magia della prima stagione. Aspettando di vedere l’inevitabile terza…

Alessandro Marotta

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