ALTRO SUCCESSO E OTTIMA SCELTA PER TEATRO CONTATTO
Recensione:
Ieri sera in prima assoluta è stata presentata al Teatro San Giorgio di Udine per Differenze, la stagione di Teatro Contatto, la “furia avicola” di Rafael Spregelburd , “scienziato teatrale” di Buenos Aires. Diretta assieme a Manuela Cherubini, che ne ha pure curato la traduzione, la “furia” si dipana in due tempi, due atti unici, che affrontano temi piuttosto diversi (arte e burocrazia): filo conduttore della serata è il tentativo di rovesciare l’ordine delle cose, la ribellione nei confronti dell’ordine costituito.
Ordine che nella prima parte è sconvolto da Cecilia Giménez, approssimativa restauratrice di un affresco della cappella di Borja in Spagna che, tornata dalle ferie, scopre che un suo lavoro, la trasformazione dell’Ecce Homo di un anonimo pittore del primo Novecento in una specie di scimmione ha scatenato un tam tam mediatico, sia in tv che sui social network, tanto da indurla a reclamare i diritti d’autore sul merchandising venduto alle frotte di curiosi che vanno in pellegrinaggio alla scoperta della singolare opera. Sono più lunghe le code per la “classica” Gioconda o quelle per lo “scandaloso” restauro? Forse ci si mette in fila per lo stesso motivo, forse ci si accoda bovinamente alla massa oppure si segue solo la moda. Sembra che l’arte sia davvero arrivata al capolinea, ammesso che si tratti davvero di arte.
Nella seconda parte invece un gruppo di impiegati statali che vivono di burocrazia trascorre il tempo tra spostamenti di faldoni, trasferimenti di stanza e di armadi: arrivano a nascondere di proposito le pratiche importanti per ritrovarle al momento giusto e rendersi così “indispensabili” alla macchina farraginosa dello Stato. Il chiacchiericcio sterile fra i colleghi si trasforma via via in un insolito crescendo che li porta a fare a gara fra chi è più bravo a rompere gli schemi. Si arriva così ad azioni impensabili per degli anonimi travet, come bruciare per gioco banconote da 50 e 100 euro. E fra tentativi di ricordare i prezzi in lire e confrontarli, attualizzarli in una sorta di complicato quanto sterile esercizio contabile, si prova a denunciare la crisi dell’euro e dell’Europa stessa.
In effetti, se l’euro tanto bistrattato da Spregelburd non se la passa tanto bene, di certo non va meglio al peso argentino, più caro all’autore latinoamericano, che solo una settimana fa si è svalutato del 15 per cento in poche ore. Se Roma (o Francoforte) piange, Buenos Aires non ride. Vale a dire, tutto il mondo è paese, in tempi di crisi. In replica stasera e domani sempre alle 21 al Teatro San Giorgio.
Claudio Trevisan