L’Europa è una fortezza, ma l’Africa è una trappola. Chiudere gli sbarchi senza capire realmente perché milioni di persone fuggono dal continente africano non è una strategia lungimirante. È solo mettere la polvere sotto il tappeto di casa nostra».
Lo hanno spiegato al festival vicino/lontano di Udine la presidente di Medici senza Frontiere Claudia Lodesani e il medico Roberto Scaini, reduce dallo Yemen e prima ancora alle prese con la seconda grande epidemia di Ebola nel Congo. «Dall’Africa si scappa perché le emergenze sono costanti: guerre, scontri etnici, epidemie, malnutrizione e l’impossibilità di vivere anche nei Paesi che tecnicamente non si trovano in conflitto, come il Ciad. Dove pero’ si muore perché la desertificazione e i cambiamenti climatici hanno letteralmente tolto l’acqua alle persone. E’ per questo che siamo contrari alla distinzione fra migranti economici e rifiugiati – ha commentato Claudia Lodesani – Per non parlare dell’emergenza in Libia, dove abbiamo vari progetti ma dove è sempre più difficile lavorare e condurre operazioni sanitarie nei centri che contengono i migranti: malnutriti, torturati, e persino intrappolati sotto i bombardamenti. Non vediamo prospettive di evoluzione, per questo chiediamo ai governi europei il ripristino delle vie legali aeree. Perché dall’Africa nessuno cerca di volare in Europa? Semplicemente perché non è possibile, i governi europei negano sistematicamente il visto di ingresso. Serve un cambiamento culturale, la gente deve capire cosa sta succedendo al di là della Libia». Intanto nello Yemen oltre un milione di bambini continua a vivere sotto tiro in 31 aree di conflitto e in zone di violenza legate alla guerra, da Hodeïda a Taëz, da Hajjah a Saa’da. «Nello Yemen la distruzione non è di massa ma mirata, e quel che è peggio il target sono le scuole, le infrastrutture civili, le strade, la gente. L’impressione che ho avuto lavorando come medico è che la popolazione sia una vittima voluta di questa guerra – ha osservato Roberto Scaini, attivo per un lungo periodo nell’ospedale di Medici senza Frontiere in nord Yemen – La priorità per noi non erano i combattenti ma le donne gravide che non sapevano dove partorire, i bambini che non ricevevano nessuna assistenza. Per prima cosa abbiamo riaperto il pronto soccorso, la pediatria e la maternità. E come sempre quando c’è un vuoto di potere ci sono forse pronte ad occuparlo: nello Yemen succede con anche con l’Isis battuto in Siria. Con prevedibili conseguenze sulle dinamiche di neo-radicalizzazione …»