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L’ironia “tagliente” di Balkan Burger

Balkan Burger, in scena ieri sera al Palamostre per il cartellone di Akrópolis 13, rientrava fra le iniziative promosse a Udine per la giornata della memoria. L’autore Stefano Massini ha scritto un testo accurato e trascinante, che strizza l’occhio a “Train de vie” e a “La vita è bella”, felici esperienze cinematografiche che coniugano sapientemente le atrocità con l’ironia; e anche in Balkan Burger scatta a volte nello spettatore un quasi inevitabile senso di colpa per aver sorriso. Si respirano in certi frangenti le stesse atmosfere che lo scrittore triestino Paolo Rumiz descrive in alcune delle sue storie, quando racconta di vite e di sofferenze vissute nei paesi slavi. In effetti Balkan Burger non è ambientato in un fast food: ha a che fare con la carne perchè è la storia di una macellaia che nasce ebrea, cresce cattolica, diventa ortodossa per abbracciare verso la fine del racconto la fede musulmana. Una trafila che pare quasi più adatta a un certo tipo di politica di casa nostra che alla religione: eppure gli eventi e la convenienza portano Rose, “dalla pelle bianca come i vitelli”, a peregrinare fra sinagoghe, campanili e minareti. Ma questo è l’unico modo per cogliere l’anima dell’Erzegovina, nel baccano dei Balcani, dove ci sono 4 modi diversi per chiamare Dio. La protagonista, figlia di macellai di religione ebraica, a 2 anni sembra morta ma “miagola” chiusa dentro la bara e a sorpresa resuscita. Quella morte apparente sarà la sua salvezza. La sua famiglia infatti sarà deportata dai filo-nazisti croati, pure appoggiati dalla chiesa, tant’è che i preti stanno accanto ai miliziani e sono le suore a prendersi cura (si fa per dire) della piccola Rose, salvata dal fatto che non sia stato compilato un certificato di “resurrezione” anni addietro. Crescendo, la protagonista passerà dagli originari salmi di Davide all’Ave Maria; più avanti ancora la vedremo alle prese con le litanie ortodosse, per chiudere il suo percorso con le preghiere islamiche. Una religione a 360 gradi che passa anche per 3 mariti di 3 fedi diverse che arrivano a dividersi la sposa prima di scannarsi fra di loro o di farsi scannare. Matrimoni che come suggeriscono di volta in volta le autorità religiose prevedono il martirio della donna, per la quale la vita di coppia diventa un supplizio; eppure Rose in un modo o nell’altro è brava o fortunata a liberarsi dei vari mariti. E tutta la storia che gira intorno alla protagonista diventa più che altro una scusa per raccontare odi, guerre, cattiverie, distruzioni. Ma Rose che alla fine diventa la musulmana Razna sopravvive a tutto perchè lei è nata macellaia: è l’unica che resiste nella macelleria balcanica e che passa dalla carne delle vacche e dei polli alla carne umana. Razna, interpretata dalla brillante Luisa Cattaneo, riesce a trasmettere al pubblico immagini e sensazioni con passione e tagliente ironia, accompagnata dalle appropriate musiche composte ed eseguite dal vivo da Enrico Fink. E così Razna non può che uscire di scena “tagliando” l’aria a colpi di roncola.

Claudio Trevisan

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