Un classico ottocentesco, L’ispettore generale di Gogol’, proposto dall’adattamento e regia di Damiano Michieletto è un testo immaginifico, divertente, livido che Gogol’ trasse da un fatto di cronaca, per denunciare una società sempre più volgare e corrotta, popolata di figure grottesche, in cui probabilmente appariranno significative assonanze con la nostra moderna situazione di vita. L’opera è una graffiante denuncia della corruzione pubblica. In una cittadina della sterminata campagna russa, popolata da personaggi corrotti, profittatori, affaristi e sfruttatori, si sparge la notizia dell’arrivo di un ispettore generale. Tutti sono in fermento e impauriti. Figurarsi quando si crede che l’ispettore sia già arrivato, in incognito. In realtà è un giovinastro squattrinato, quello che è creduto l’ispettore, che capisce subito quali benefici può trarre dalla situazione. Nella scelta di Gogol di non inserire nella commedia nessun personaggio positivo e nessun tema relativo all’amore è il desiderio di mostrare il proprio disprezzo per un mondo dove è vivo solo il desiderio di ottenere un posto lucroso, di vivere agiatamente anche offuscando a qualsiasi costo un altro per primeggiare e dare uno schiaffo alla derisione altrui facendo tutto solo a proprio vantaggio in un mondo vile e privo di sentimenti. I personaggi infatti vengono spesso descritti attraverso i loro odori: puzzano di cavolo, di tabacco, e di vodka… E’ una storia che puzza di alcool e di gente ubriaca. L’alcool diventa quasi un concetto che perdura nei cinque atti: usato per calmare la paura, per comunicare la propria virilità, per festeggiare e far baldoria, per annegare la propria depressione. La tragicommedia, proposta dall’adattamento di Damiano Michieletto, è un’intramontabile caricatura delle autorità locali e della burocrazia corrotta, non è necessari precisare ne il tempo ne il luogo perchè con sue piccole ruberie e i suoi grandi vizi ci sembra di vedere ancor oggi connaturate all’esercizio del potere politico la stragrande maggioranza delle società moderne. Ne “L’ispettore generale” da stasera in scena al Politeama Rossetti tutto è volutamente in vetrina, diviso nella bidimensionalità di quanto arraffare e fino a quando farlo, inutile qualsiasi affondo, il passato si mangia il presente cosicché niente e nessuno può cambiare.
Bravi i giovani attori in questa interpretazione in cui trionfa il grottesco e che finisce con il gratificare al massimo gli spettatori più giovani entusiasti e coinvolti in uno schiamazzare di poveri corpi senz’altra anima che una voracità alcolizzata.E, dopo questo assoluto divertissement che ha il pregio di non stancare grazie a una buona fattura anche se circa tre ore sembrano davvero lunghe da passare, si consiglia ai giovani spettatori, la lettura del testo da cui ricavare l’atmosfera della Russia zarista, per avere un quadro completo del pensiero di Gogol. Dopo la scena finale dei personaggi impacchettati dall’unica interprete che sembra essere fuori dagli schemi di corruzzione e lassismo(la figlia del sindaco) gli applausi anche se di pochi minuti risultano calorosi e consigliano anche per i più scettici di vedere lo spettacolo per l’insita attualità che traspira tra la finzione e la realtà che purtroppo sembra esser rimasta uguale a quella narrata quasi due secoli orsono dal geniale scrittore russo.
E.L.