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MADAMA BUTTERFLY DI PUCCINI AL TEATRO VERDI DI TRIESTE dal 12 al 20 aprile

MADAMA BUTTERFLY DI PUCCINI AL TEATRO VERDI DI TRIESTE dal 12 al 20 aprile

 

In una nuova produzione della Fondazione
Regia di Alberto Triola, 
Maestro concertatore e direttore Nikša Bareza

La tragedia giapponese in tre atti, Madama Butterfly, di Giacomo Puccini su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, sarà in scena al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste dal 12 al 20 aprile, in un nuovo allestimento della Fondazione, con l’Orchestra, il Coro e i Tecnici del Verdi. Maestro concertatore e direttore Nikša Bareza, regia di Alberto Triola (regista collaboratore Libero Stelluti), scene di Emanuele Genuizzi con Stefano Zullo, costumi di Sara Marcucci, light designer Stefano Capra.

“Ciò che mi ha guidato con Libero Stelluti nei primi passi dell’ideazione dello spettacolo – anticipa il regista Alberto Triola – “è il tentativo di collocare il centro emotivo di tutta la storia dentro la testa, anzi il cuore, l’anima di una ragazzina di quindici anni, Madame Butterfly, e di provare a vedere il mondo, gli altri, l’amore e la maternità con i suoi occhi. Abbiamo provato a sentire come sente un’adolescente sensibile e romantica” – spiega Triola – “con anima di artista, colpita dal destino e dalle ristrettezze di un’improvvisa miseria familiare, costretta a crescere troppo in fretta, in anni in cui il mondo inizia da un lato a rimpicciolirsi e dall’altro ad aprirsi a viaggi e a scoperte, creando occasioni d’incontro tra culture diverse”.

L’opera di Puccini ci racconta un episodio d’incontro (o per meglio dire di mancatoincontro) tra la cultura giapponese e il mondo occidentale americano. In una città di porto come Nagasaki, in quello scorcio di secolo, quando erano sempre più numerosi gli occidentali che, appena sbarcati, si aggiravano a curiosare tra le botteghe, scattando foto ricordo con i locali. “Siamo partiti proprio da questo ‘sogno d’amore’ di Cio Cio San” – conclude il regista – “la romantica adolescente che passa le giornate a sfogliare riviste illustrate di foto e disegni, in cui le immagini idealizzate – le visioni, i ‘sogni’ – venivano rappresentate all’interno di cerchi simili alle nostre nuvolette dei fumetti. Un modo come un altro per sfuggire alla miseria del quotidiano e rifugiarsi in un mondo ideale, nel classico castello con il principe azzurro, che ai suoi occhi non può che essere americano, ‘alto e forte’”.

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