“Quando con il Maestro Gelmetti abbiamo parlato dell’apertura della Stagionepensavamo entrambi dovesse essere qualcosa di speciale e particolarmente significativo. Perciò ci siamo immediatamente trovati in assoluta sintonia sullo StabatMater di Rossini, che ritengo non soltanto un capolavoro assoluto bensì anche una tra le opere più commoventi, per alcuni aspetti paragonabile a quel monumento che è il quintetto per archi in sol minore K 516 di Mozart.”
Lo sottolinea il Direttore artistico della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, Paolo Rodda, introducendo il 1° Concerto della Stagione sinfonica 2019-2020 , in programma al Teatro Verdi venerdì 6 settembre (alle 20.30) e sabato 7 settembre (alle ore 18.00), che vedrà impegnati l’Orchestra e il Coro della Fondazione (Maestro del Coro Francesca Tosi), insieme al Soprano Angela Nisi, al Mezzosoprano Monica Bacelli, al Tenore Stefano Secco e al Basso Mirco Palazzi.
Il Maestro Gianluigi Gelmetti, al quale il Comune di Trieste ha conferito il Sigillo Trecentesco della Città e la Fondazione la direzione onoraria del Teatro Verdi, viene riconosciuto internazionalmente per la vastità e poliedricità del suo repertorio,avendo diretto in tutto il mondo: dalla Scala al Covent Garden, all’Opéra de Paris,Teatro Real di Madrid, Filarmonica di Berlino, Monaco di Baviera, Vienna e San Pietroburgo; Americhe, Australia, Giappone, Cina, Qatar. Direttore Musicaleall’Opera di Roma per dieci anni, dopo averne trascorsi nove presso l’Orchestra della Radio di Stoccarda, quindi alla Sinfonica di Sydney. Nel 2012 gli viene affidato l’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo di cui sarà Direttore Musicale e Artistico fino al 2016, diventandone poi Chef Honoraire a vita e ricevendo la nazionalitàmonegasca.
Allievo di Orazio Costa, è stato regista e direttore in numerosi spettacoli, da Rossini a Verdi e da Mozart a Wagner. L’attività di compositore occupa un posto particolare con Prasanta Atma commissionatagli dai Münchner Philharmoniker in memoria diCelibida che, e La cantata della Vita dal Comunale di Bologna. Insignito con i piùprestigiosi Premi: il Rossini d’Oro; il Premio Verdi; Opernwelt l’ha nominato “Miglior Direttore dell’anno”; Premio della critica giapponese per
la Sinfonia IX di Beethoven; Libro d’Oro del Festival Beethoven di Bonn; Prix de la Critique; Diapason d’Or per il suo CD su Alban Berg.
Tra le onorificenze ricevute: in Italia “Cavaliere di Gran Croce all’Ordine e Merito della Repubblica Italiana”, in Francia “Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres” e a Monaco “Commandeur de l’Ordre du Mérite Culturel”. Accademico Nazionale di Santa Cecilia, in Italia ha recentemente inaugurato il Massimo Bellini di Catania, delquale è direttore principale ospite, con La rondine (anche regista) e Die Zauberflötecon regia di Pizzi; ha diretto Attila a Parma, il Requiem di Verdi a Matera, lo StabatMater di Rossini a Modena a ricordo di Luciano Pavarotti.
La genesi dello Stabat Mater è complessa, come spesso accade per le opere di Rossini, costantemente impegnato su più fronti.
La partitura venne commissionata nel 1831da Manuel Fernández Varela, un prelato eteologo spagnolo, che era desideroso di possedere un manoscritto di Rossini, di cuiera un grande ammiratore. Il musicista si sentiva schiacciato dall’imponente modellodi Pergolesi e inizialmente voleva rifiutare.
Accettò soltanto con il compromesso che l’opera non sarebbe mai stata pubblicata.
Per due anni la composizione si trascina lentamente e viene interrotta nel 1833 perragioni di salute. Rossini affida quindi lo Stabat Mater alle cure del compositoreGiovanni Tadolini, che lo completa. In questa forma il lavoro viene fatto eseguire a Madrid dall’ignaro committente. Nel 1842, anni dopo la morte di Varela, un editore francese viene a conoscenza dell’esistenza della partitura e chiede a Rossini l’autorizzazione a stamparla. Per evitare scandali il compositore accetta di rimettere mano al lavoro e lo completa sostituendo i movimenti di Tadolini con altri di proprio pugno. Una nuova prima esecuzione avviene nello stesso anno, ed è in questa veste che lo Stabat Mater è divenuto uno dei capisaldi del repertorio rossiniano moderno.