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Stefano Battaglia Trio a ParmaJazz Frontiere Festival  11 ottobre

Stefano Battaglia Trio a ParmaJazz Frontiere Festival 11 ottobre

Nuovo prezioso appuntamento per ParmaJazz Frontiere Festival: l’11 ottobre alle 20.30 alla Casa della Musica di Parma (Piazza San Francesco 1, intero €. 15,00 ridotto € 12,00, info e prenotazioni [email protected], 0521.238158 e 0521.1473786) Stefano Battaglia al pianoforte, insieme a Salvatore Maiore al contrabbasso e a Roberto Dani alle percussioni propongono Kum!: un progetto, il cui titolo fortemente onomatopeico, suggerisce il forte carattere di esortazione. Kum! è cioè un invito, tutto giocato attraverso i suoni, a muoversi, alzarsi, ad una continua pratica di cura: di corpo, anima, città, territorio, popolo, civiltà.aKum è una forma ortografica derivante dall’aramaico e dalla traduzione greca del Vangelo, ha lontanissime origini e contiene una triplice idea di tribù, di vita e di risurrezione. Infatti indica proprio una tribù, un popolo che si alza in piedi, che torna alla vita e risuscita in un appello alla ripartenza della vita stessa. È l’appello che Dio rivolge a Giona e Gesù a Lazzaro. La morte, la distruzione, il male non deve essere l’ultima parola sulla vita. Kum! Alzati! Muoviti! è quel che dovrebbe guidare ogni pratica di cura: di corpo, anima, città, territorio, popolo, civiltà.
Kum è la radice di molte parole che portano allo stesso significato originario di levarsi, ma anche risorgere, rimanere in piedi, reggersi e restare saldo. Risorgere da una morte naturalmente concepita simbolicamente come passaggio, travaglio, esperienza dolorosa o malattia. Un significato che è arricchito dai concetti di essere, esistere, essere collocato, ma anche di (ri)salire, mettersi in cammino e partire. Fin dalla sua origine,questa parola trabocca di vita e dà ad ogni azione un dinamismo interiore. La sua etimologia ci porta alle radici semantiche e ad una comprensione del modo di pensare e di parlare delle popolazioni semitiche (arabi, ebrei, abitanti dell’Asia occidentale), poiché esse si esprimevano in una lingua concreta in cui le parole derivavano direttamente dall’esperienza vissuta. Non diranno: ‘eternità’, ma ‘nei secoli dei secoli’; e ancora: “Colui che è, che era e che viene” per indicare ‘l’Eterno’ (Apocalisse 1, 8). Gesù stesso utilizza la parola kum quando ordina alla giovinetta morta di alzarsi: “Talita kum”, ovvero:“Bambina, io ti dico, alzati!” (Marco 5, 41).
Ormai il significato della parola si è decisamente arricchito di significato. Non si tratta più di un semplice alzarsi, ma di risorgere, di ritornare alla vita: “Alzati, va e cammina verso luce della risurrezione! Va’ e cammina verso l’esistenza”. La stessa radice araba goum (qâma, qâm o qûm) si arricchisce ancora con la parola ‘qâma alà’. Il concetto di fondo resta lo stesso, cioè alzarsi, ma si amplia e diventa insorgere, ribellarsi contro qualcosa o qualcuno. La parola segue la stessa direzione, poiché fra insurrezione e risurrezione troviamo la stessa idea, quella di rialzarsi o insorgere. Il significato talvolta si è caricato di rivolta, non tanto per distruggere, quanto per salvare un’indipendenza minacciata, una libertà, una vita. Significa per molti rifiutarsi di morire soffocati dall’aria inquinata del conformismo, per respirare a pieni polmoni il vento di libertà vera che soffia nella direzione del bene.
Nella molteplicità dei suoi sviluppi, la radice qâma conosce ancora una tappa importante con la parola qâwn, che in quel caso significa popolo, nazione, tribù, appartenenti alla stessa comunità. Essa esprime perfettamente l’unità del gruppo, la solidarietà: in poche parole, una fratellanza in cui l’individualismo non trova spazio. Infine la derivazione qâwmat, che rende ancor più ricca la parola goum secondo la sua etimologia. Il termine sta ad indicare un popolo solidale, una tribù in cui tutti formano un corpo unico per alzarsi, combattere, insorgere, ribellarsi e rifiutare di piegarsi di fronte al nemico, all’invasore e, infine, per camminare e vivere liberamente nel mondo.
La parola kum (attraverso l’arabo goum) nei secoli entrò nella vita quotidiana degli uomini dell’Atlante e di coloro che abitavano ai confini del deserto, in quelle tribù fiere della propria indipendenza. Fin dai tempi più remoti, i Berberi occuparono la regione del Maghreb, a nord e nord-est dell’Africa. Sotto le influenze, prima cristiane e poi islamiche nel VII secolo, persero progressivamente le tracce della loro civiltà, ad eccezione di alcune tribù che si rifugiarono nelle alte e inaccessibili montagne dell’Atlante innanzitutto come popoli liberi che sono riusciti a sfuggire alle dominazioni. Kum racconta di libertà vissuta e di stretta fraternità, porta con sé una tale forza che alla fine raggiunge il cuore stesso della esistenza, che consiste nell’entrare nella pienezza della Vita e la comprensione della Bellezza passando metaforicamente per la morte e la risurrezione. Quando si parla in una lingua concreta che esprime vita ed esperienza, le parole non rimangono astratte ma prendono corpo e passano all’azione proprio come nell’attività performativa, e il metalinguaggio musicale diviene il canale privilegiato per cercar di manifestare il senso profondo di concetti tanto universali quanto urgenti ed attuali.

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