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Piccolo Corpo: la recensione del film di Laura Samani

Piccolo Corpo: la recensione del film di Laura Samani

Piccolo Corpo: un viaggio in un Friuli Venezia Giulia ancestrale

La storia raccontata da Piccolo Corpo è molto semplice. Agata (Celeste Cescutti), giovane donna che vive in un villaggio di pescatori, su un’isola, partorisce la sua prima figlia, che però nasce morta. Secondo la tradizione cristiana del tempo, la piccina è quindi destinata a rimanere confinata nel limbo, priva di una identità e di un nome.

Agata parte per un santuario collocato sulle montagne friulane, sperando in un miracolo. Per strada trova una ambigua compagnia: una giovane persona che si fa chiamare Lince (Ondina Quadri), ma che non vuole rivelare il suo vero nome.

I due condividono buona parte del cammino, nel quale lo spettatore ha modo di apprezzare il terzo protagonista di questo film: gli splendidi paesaggi del Friuli Venezia Giulia.

In generale, il film non si preoccupa di indicare con precisioni tempi e luoghi dei fatti raccontati, ma la storia può essere collocata tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, perché in una scena vediamo una delle prime lampadine, della quale molti personaggi ignorano l’uso.

Piccolo Corpo, di Laura Samani

Lince (Ondina Quadri) e Agata (Celeste Cescutti) in Piccolo Corpo, di Laura Samani

Piccolo Corpo: una storia in linea di continuità con La Santa che Dorme

Piccolo Corpo, il primo lungometraggio di Laura Samani, si pone in linea di continuità con il suo cortometraggio d’esordio, La Santa che Dorme, presentato a Cannes nel 2016.

I due lavori hanno in comune l’ambientazione nel Friuli Venezia Giulia, l’uso delle lingue locali, la predominanza delle figure femminili, una dimensione metaforico-onirica che prevale su quella narrativa, la presenza di personaggi che si perdono in una Natura che domina il destino degli esseri umani.

Se La Santa che Dorme ruota intorno a due adolescenti alle prese con la loro pubertà, Piccolo Corpo mette al centro un’altra dimensione femminile: quella della maternità.

Un maternità negata, vissuta in una terra di mezzo tra la religione cristiana e i riti pagani, altro tema caro a Laura Samani che lega il suo cortometraggio d’esordio con questo suo primo lungometraggio.

Agata intraprende un pericoloso viaggio in una terra a lei sconosciuta, da sola, dopo il rifiuto di su marito alla sua richiesta di aiuto, per portare il corpo della piccolina nel santuario perso nelle montagne friulane.

Analogamente a quanto visto in La Santa che Dorme, i personaggi maschili sembrano avere scarsa consistenza. Il marito di Agata si dimostra incapace di comprendere sua moglie, nel senso più ampio del termine, mentre il parroco del suo paese natale rimane attaccato ai dogmi della sua fede, e si dimostra del tutto insensibile al dolore della giovane madre.

Solo le donne si dimostrano capaci di agire, affrontando le situazioni più drammatiche con coraggio e senso pratico. A cominciare con Agata, che a prima vista sembrerebbe essere la protagonista del film.

Piccolo Corpo by Laura Samani

Il territorio del Friuli Venezia Giulia, uno dei protagonisti di Piccolo Corpo

Piccolo Corpo: una storia tutta al femminile

Dotata di un coraggio indomito, Agata affronta da sola l’ignoto, armata solo della speranza di dare a sua figlia la possibilità di avere un nome, cosa possibile solo se la piccolina riuscisse a respirare anche una sola volta, in base alle ferree leggi della tradizione cristiana, sottraendola così alla condanna di rimanere per sempre confinata nel limbo.

Quello dell’identità delle persone, che devono lottare contro le convenzioni sociali per vedersi riconosciuto il diritto di esistere, è infatti il secondo asse portante di questo film, oltre a quello della maternità.

E in questo viaggio della speranza, Agata incontra molti ostacoli e pericoli, superati grazie alla propria ferrea volontà e all’aiuto di qualche figura femminile. Tuttavia nel corso della narrazione Agata non si evolve, non sembra percorrere alcun arco narrativo, rimanendo attaccata al perseguimento del suo obiettivo, nonostante tutto e tutti.

Chi sembra invece capace di cambiare, affrontando i propri drammi interiori, è invece Lince, che forse è la vera protagonista del film, una storia tutta al femminile, dove i personaggi si muovono in un ambiente nel quale le immagini giocano frequentemente con i quattro elementi naturali: terra, fuoco, aria e acqua.

Ma è l’acqua quello predominante, analogamente a quanto visto in La Santa che Dorme. Se nel cortometraggio d’esordio la storia ruota attorno a un lago, le cui acque avrebbero poteri miracolosi, Piccolo Corpo è un racconto che comincia in riva al mare e finisce in un santuario sulle rive di uno specchio d’acqua montano. Non per niente, alla fine alla piccolina nata morta viene dato il nome Mar.

E ancora una volta, una stanca e disorientata umanità sembra perdersi nella Natura, la cui essenza rimane misteriosa e irraggiungibile, nonostante i riti pagani travestiti da cerimonie religiose cristiane, che non riescono a scalfirne la superficie.

Piccolo Corpo: un coraggioso lavoro autoriale

In questa suo lungometraggio d’esordio, Laura Samani sviluppa i temi a lei cari, realizzando una pellicola molto curata nei dettagli, una storia che scorre lentamente, priva di salti temporali, conducendo lo spettatore in un viaggio nei territori del Friuli Venezia Giulia, regione della quale può anche apprezzare gli splendidi paesaggi e la ricchezza linguistica.

Un viaggio carico di significati simbolici, con dialoghi minimalisti, ricco di suggestioni e metafore, che non si preoccupa di fornire spiegazioni razionali a quanto accade.

Un lavoro autoriale che rifugge dalle logiche mainstream. Una scelta coraggiosa, in tempi così difficili per il cinema, che si dibatte tra l’avanzata delle piattaforme digitali e le restrizioni della pandemia da COVID-19. In bocca al lupo.

Alessandro Marotta

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