Premessa: cos’è il Viaggio dell’Eroe di Christofer Vogler
Christofer Vogler ha lavorato per le più importanti major statunitensi, tra cui la Disney, la Fox e la Warner Bros, ma la sua fama è legata soprattutto alla pubblicazione del libro Il Viaggio dell’Eroe (The Writer’s Journey: Mythic Structure for Writers), lavoro nato come come quaderno di appunti e diventato nel tempo un punto di riferimento per gli storyteller.
Vogler si è ispirato all’opera del saggista e storico delle religioni Joseph Campbell, in modo particolare ai contenuti del suo saggio L’Eroe dai Mille Volti.
Ricollegandosi al concetto degli archetipi dell’inconscio collettivo, di Jung, l’idea di fondo è che in ogni racconto siano individuabili delle strutture universali, per cui ogni storia può essere vista come un’articolazione di moduli tra loro interconnessi, all’interno dei quali si muovono i vari personaggi, ognuno dei quali svolge una o più funzioni narrative.
La funzione principale è ovviamente quella dell’eroe, in genere l’individuo che agisce di più nel corso della storia, affrontando un viaggio nel quale rischia la vita, ma dal quale esce cambiato, trascendendo alla fine il suo ego e diventando pronto all’estremo sacrificio, pur di aiutare la comunità alla quale appartiene.
Il messaggero è colui che chiama all’avventura dell’eroe, che tuttavia in genere è riluttante ad accettarla, e ha bisogno dell’aiuto di un mentore per mettersi in gioco, accettando la sfida.
Nel suo viaggio l’eroe deve superare molti ostacoli, custoditi dai guardiani della soglia, metafora delle nostre paure interiori. Deve inoltre vedersela con l’ombra, il suo antagonista, e avere a che fare con i mutaforma, elementi ambigui che spesso rappresentano l’altro sesso, mentre il trickster movimenta la storia, rimescolando le carte in gioco, regalando spesso sani momenti di ilarità al racconto.
Il viaggio dell’eroe si articola in dodici tappe canoniche, che possono essere sinteticamente descritte come segue:
- L’eroe viene descritto all’inizio della storia, contestualizzandolo nel suo mondo ordinario,
- nel quale riceve una chiamata per l’avventura, da parte di un messaggero.
- L’eroe all’inizio è in genere riluttante, e rifiuta la chiamata.
- Compare il mentore,
- grazie al quale l’eroe accetta la chiamata e attraversa la prima soglia, entrando nel mondo straordinario.
- L’eroe familiarizza con le regole e i personaggi della nuova realtà, nella quale ha a che fare con prove, alleati e nemici.
- Successivamente attraversa una seconda soglia, muovendosi verso la caverna più profonda,
- nella quale affronta la prova centrale, dove deve dimostrare tutto il suo valore per riuscire a sopravvivere.
- Superata l’ordalia, riceve un premio.
- Imbocca la via del ritorno,
- ma deve superare una seconda prova mortale, la resurrezione.
- Finalmente, per il nostro eroe c’è il ritorno con l’elisir nel mondo ordinario.
Non in tutte le storie si possono trovare tutte le tappe, che peraltro non sempre seguono l’ordine canonico. Tuttavia non si può non notare come questa struttura sia seguita in molte pellicole di successo, e una di queste è indubbiamente Predator, film cult del 1989, di John McTiernan, con Arnold Schwarzenegger.
Predator: analisi del film dal punto di vista del Viaggio dell’Eroe
Il mondo ordinario dell’eroe viene succintamente descritto durante i titoli di testa del film. Prima un’astronave di evidenti origini aliene lancia un capsula verso il nostro pianeta. Poi un elicottero atterra in una piccola base militare sulle rive del mare, sotto lo sguardo vigile del generale che comanda il presidio, che a breve assumerà la funzione di messaggero.
Un gruppo di nerboruti individui sbarca dall’elicottero, sono ancora vestiti in borghese. L’ultimo a scendere è il nostro eroe, Dutch, interpretato da Arnold Schwarzenegger. Questi si reca nella baracca del generale, dove incontra il comandante e un suo vecchio compagno d’armi, Dillon, che ora lavora per la CIA.
Qui riceve la chiamata all’avventura, che apparentemente consiste nell’effettuare il salvataggio di un ministro e un sottosegretario della non meglio precisata nazione dove si trova la base, che sono caduti in mano ai guerriglieri.
All’inizio Dutch è molto perplesso, perché diverse cose non quadrano, a cominciare dal fatto che l’elicottero volava fuori dai confini nazionali. Si tratta di un rifiuto della chiamata molto debole, che è anche l’occasione per evidenziare la profonda differenza tra i valori che animano Dutch, che sottolinea che il suo team è una unità di salvataggio e non un gruppo di assassini, e quello di Dillon, molto più ambiguo. Il tutto nell’ambito di un breve ma significativo colloquio nel quale Dutch spiega a Dillon perché ha rifiutato una missione propostagli tempo prima.
Inoltre gli viene richiesto che, una volta a terra in territorio nemico, il comando delle operazioni passi a Dillon, cosa che lascia il nostro eroe sempre più perplesso. In ogni caso alla fine Dutch accetta la missione, con Dillon che incarna la funzione del mentore, sia pur decisamente sui generis, perché dietro il suo atteggiamento amichevole nasconde intenzioni molto poco cristalline.
L’eroe e il suo gruppo di guerrieri attraversa la prima soglia, quando il loro elicottero attraversa il confine e i combattenti si calano nella giungla, che diventa il mondo straordinario del film.
Comincia subito la fase delle prove, alleati e nemici. Dutch si rende ben presto conto che c’è qualcosa che non funziona nella missione assegnatagli. L’elicottero del ministro e del suo sottosegretario viene subito trovato, ma non è un normale velivolo da trasporto, ma uno da ricognizione, che è stato abbattuto con un missile a guida termica, un’arma troppo sofisticata per dei semplici guerriglieri. Inoltre vengono trovate le tracce di un gruppo di soldati americani in azione sul campo, ma Dillon millanta di non saperne nulla.
Ben presto i soldati vengono trovati scorticati vivi e appesi a un albero. Guardando una piastrina di riconoscimento lorda di sangue, Dutch scopre che il capo della pattuglia americana è Jim Hopper, un berretto verde di sua conoscenza. Dillon continua a sostenere di non sapere nulla in merito, ma Dutch comincia a sospettare che il suo vecchio compagno d’armi non sia sincero. Troppe cose non quadrano.
Fino a questo punto tutti i fatti potrebbero essere inquadrati nell’ambito di un normale film di guerra, ma diverse inquadrature in soggettiva, che ci mostrano l’ambiente con colori anormali, ci fanno capire che c’è una inquietante e misteriosa presenza che si aggira nella giungla.
Mentre Dillon continua a perdere punti agli occhi del team di salvataggio, in quanto cade maldestramente nella boscaglia, segnalando la posizione del gruppo, i nostri prodi combattenti arrivano nel campo dei guerriglieri, dove assistono all’omicidio a sangue freddo di uno degli ostaggi. Dutch coordina l’attacco, che si rivela essere devastante. I guerriglieri vengono spazzati via, e il nostro eroe dimostra tutta la sua abilità nel comandare i suoi soldati.
Emerge comunque il fatto che Dillon ha mentito spudoratamente. Le persone rapite non sono un ministro e il suo sottosegretario, ma due agenti della CIA, mentre nella base di guerriglieri vengono uccisi alcuni consiglieri russi, la cui presenza non era prevista. Ormai è evidente che Dutch e suoi soldati sono stati usati in modo vile.
Ma altri guerriglieri sono alle costole del gruppo, e l’unica possibilità è addentrarsi nel folto della giungla cercando di raggiungere il luogo di recupero. Comincia così il viaggio verso la caverna più profonda, reso difficile anche dal fatto che Dillon decide di portarsi dietro una guerrigliera, Anna, che considera un preziosa fonte di informazioni, ma che costituisce un oggettivo pericolo per il rientro, dal momento che ha tutto l’interesse a sabotarlo.
Inoltre le soggettive con colori e audio “strani” segnalano che il gruppo di soldati è inseguito non solo dai guerriglieri, ma anche da una sconosciuta entità aliena. La giungla è sempre più fitta ed ostile, e Anna mette in atto un primo tentativo di fuga, a causa dell’ennesima disattenzione di Dillon, che si rivela essere non solo un miserabile mentitore, ma anche un pessimo soldato.
Billy, uno dei membri del team esperto di tracce e dotato di un istinto eccezionale, percepisce la presenza dell’alieno tra gli alberi, ma non riesce a identificarlo nella vegetazione. In quel momento la guerrigliera riesce a darsela a gambe levate, prontamente inseguita dai membri del team.
Ma questi ultimi sono a loro volta inseguiti dall’alieno, che uccide uno di loro, Hawkins, sotto gli occhi di Anna, che tuttavia non riesce a vederlo chiaramente, a causa del suo incredibile dispositivo di mimetizzazione. Inoltre il corpo del soldato è sparito.
Dutch decide di rastrellare la giungla palmo a palmo, per cercare il membro del suo team scomparso. Un secondo soldato, Blain, viene ucciso, ma questa volta uno dei sopravvissuti, Mac, intravede l’alieno, e, spalleggiato dagli altri, di fatto rade al suolo un tratto di foresta cercando di colpire l’intruso. Ma senza risultati apprezzabili, visto che dell’alieno (e del corpo del primo soldato ucciso) non viene trovata traccia. Blain presenta inoltre delle ferite stranissime, non riconducibili ad alcuna arma conosciuta.
Dutch decide di fortificare una posizione in cima a una collina, che diviene così il luogo dove avviene la prova centrale. Vengono piazzate mine di ogni tipo, e i nostri eroi si trincerano, in attesa dell’inevitabile attacco dell’entità sconosciuta.
Finalmente riusciamo a vedere l’alieno, il micidiale Predator che dà il nome al film, mentre si cura una ferita riportata nel violento scontro a a fuoco nella foresta. Cala la notte, e qualcosa fa scattare una delle trappole esplosive che circondano la posizione in cima alla collina. Uno dei soldati superstiti, Mac, si scaglia su un’ombra che corre nell’oscurità, pugnalando selvaggiamente quello che poi si rivela essere un maiale selvatico. Viene deriso dai commilitoni, ma l’ilarità scompare quando si rendono conto che il corpo di Blain è scomparso: un misterioso intruso ha approfittato del trambusto per trafugare il cadavere. E non si capisce come possa avere fatto.
Il giorno dopo Dutch ha una folgorante intuizione, e si rende conto che l’entità che dà la caccia al suo team deve muoversi utilizzando le cime degli alberi. Cominciano ulteriori lavori per fortificare la posizione, tramite la realizzazione di numerose trappole. Viene lasciata libera un’unica via di accesso, e i nostri prodi attendono l’arrivo del loro nemico, accuratamente mimetizzati nella vegetazione. Ma non succede nulla.
Dutch dimostra ancora una volta la sua stoffa di eroe, uscendo dal suo nascondiglio e facendo egli stesso da esca, sperando di attirare il nemico. Infatti scatta una trappola, ma l’alieno riesce a scappare dalla rete che lo imprigiona, sparando all’impazzata con la sua sofisticata e micidiale arma.
Nel trambusto un terzo soldato, Poncho, rimane gravemente ferito. Mac si lancia all’inseguimento dell’alieno, ansioso di vendicare il suo amico Blain.
A questo punto Dutch decide di abbandonare la posizione, per cercare di raggiungere il luogo di atterraggio dell’elicottero di salvataggio, mentre Dillon, in uno scatto di orgoglio, si offre volontario per aiutare Mac e cercare di fermare l’alieno, coprendo la ritirata degli altri.
A prima vista la ricompensa per essere sopravvissuto alla prova centrale appare alquanto scarsa per un eroe come Dutch, in quanto si limita ad avere salvato la sua pelle e quella di Anna, ostaggio prezioso per le informazioni che dovrebbe avere. Ma, quel che più conta, Dutch rimane sempre al suo posto di comando, dando l’esempio agli altri, senza mai arretrare di un millimetro dalle sue responsabilità di comandante, mentre attorno a lui tutti perdono la testa.
L’eroe imbocca risolutamente la via di ritorno, che, come spesso accade quando non riesce a eliminare il suo nemico nella prova centrale, avviene con il suo avversario alle calcagna.
Mac e Dillon vengono subito massacrati, e anche Billy, che affronta da solo l’alieno, rivestendo temporaneamente il ruolo dell’eroe che sacrifica sé stesso per salvare gli altri, viene trucidato.
Ben presto il temibile avversario è addosso ai tre superstiti, e il povero Poncho, già gravemente ferito, viene subito ucciso. A questo punto Dutch ordina a Anna di scappare verso la salvezza senza portare con sé armi, visto che ha capito che l’alieno non attacca le persone disarmate, e affronta il Predator da solo, per attirarne l’attenzione e dare del tempo prezioso alla guerrigliera per mettersi in salvo.
Ma Dutch ha più fortuna di Billy, e viene colpito solo di striscio, e mentre scappa a gambe levate con il Predator alle calcagna, scivola e cade rovinosamente in un corso d’acqua. Dopo essere sopravvissuto a una serie di voli paurosi nelle cascate, riesce faticosamente a trascinarsi a riva, trascinandosi nel fango.
Per un istante crede di essere in salvo, ma subito un tonfo nell’acqua alle sue spalle gli fa capire che il Predator è ancora alle sue calcagna. Cerca un rifugio strisciando tra gli arbusti, la sua mano corre istintivamente al fodero della pistola, ma si accorge di avere perso l’ultima arma a sua disposizione nella caduta nel corso d’acqua. Il Predator è vicinissimo e guarda nella sua direzione, tutto sembra perduto, Dutch si prepara a morire guardando il suo nemico negli occhi ma, con stupore, si accorge che l’alieno, che per la prima volta vede distintamente a pochi metri da lui, non è in grado di scorgerlo. Il fango sembra schermare le radiazioni che il Predator è in grado di percepire. Con grande sollievo di Dutch, il suo nemico si allontana.
Il nostro eroe è ben deciso a vendicare i suoi compagni e combattere fino all’ultimo respiro. Prepara delle trappole e delle armi di fortuna, e lanciando un urlo bestiale sfida il suo nemico al duello finale.
La seconda prova mortale, la resurrezione, avviene nel profondo della giungla, ma su un terreno accuratamente predisposto dall’eroe, che dà piena dimostrazione del suo indomito coraggio e delle sue capacità. Lo scontro dura circa venti minuti del film, nel corso dei quali più volte Dutch sembra soccombere, specie quando si scontra a mani nude con il Predator, oggettivamente molto più forte di lui, dal punto di vista fisico.
Ma Dutch è un’eroe molto scaltro, e alla fine riesce ad attirare il suo nemico nella trappola da lui accuratamente costruita, schiacciandolo sotto il tronco di un enorme albero, lasciato cadere da grande altezza sull’ignaro Predator, convinto di potere facilmente ammazzare l’umano nelle sue mani.
Ma non è ancora finita, perché l’alieno sopravvive e, con grande sconcerto di Dutch, attiva un dispositivo di autodistruzione che provoca dopo pochi istanti un’esplosione nucleare che spazza via un’ampia fetta della giungla.
Il nostro eroe riesce a stento a mettersi in salvo, e può avvenire il meritato ritorno con l’elisir nel mondo ordinario: un elicottero di salvataggio, con a bordo Anna e il comandante della base incontrato all’inizio del film, riesce a portarlo via.
Tutto secondo lo schema tracciato da Christofer Vogler.
Predator: corrispondenza tra i luoghi rappresentati nel film e le soglie che vengono superate nella storia
Come spesso accade (basti pensare a The Matrix, del 1999, dei fratelli Wachowski, o al King Kong del 1933, di Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack), non solo la storia segue pedissequamente i passaggi previsti dal Viaggio dell’Eroe descritto da Christofer Vogler, ma è possibile anche identificare chiaramente una corrispondenza tra le soglie che vengono attraversate nella narrazione e i luoghi rappresentati.
Nel caso di Predator, il mondo ordinario è quello della Guerra Fredda, nella quale il globo terracqueo era diviso in due parti contrapposte, USA contro URSS, ed entrambi i contendenti operavano nei paesi in via di sviluppo con gruppi paramilitari e consulenti più o meno paludati, per influenzarne le vicende politiche e portarli sotto la propria sfera d’influenza.
Predator è un classico prodotto di quell’epoca ormai lontana, e il mondo ordinario in questo film è una mai precisata nazione probabilmente localizzata nell’America centrale o meridionale, visto che i guerriglieri parlano spagnolo.
Il riferimento visivo è una piccola base militare, nella quale si vedono anche i civili, vestiti in maniera miserabile, in contrapposizione ai militari della base, bene equipaggiati e pronti all’azione.
Importante notare come il gruppo di soldati capitanato da Dutch giunge in elicottero nella base, ancora vestito in borghese. Qui indossano dei vestiti militari, a testimoniare un ulteriore passaggio, quello dal mondo civile a quello militare.
La prima soglia che viene superata è rappresentata in generale dall’ingresso nella giungla, e in particolare dal superamento del confine tra la nazione dove sorge la base a quella vicina, anch’essa mai specificata.
Ma è chiaro che viene superata una barriera, che corrisponde narrativamente all’attraversamento della prima soglia. Un confine che, tra l’altro, ripropone il classico dualismo tra la cultura della base militare e la natura della giungla incontaminata.
E alle normali insidie della giungla si aggiunge il rischio mortale costituito dal micidiale Predator, giunto sul nostro pianeta per collezionare trofei di caccia. Ma all’inizio non ci si accorge di questa oscura presenza, e il film nella fase delle prove, alleati e nemici si sviluppa come un convenzionale film di guerra.
Ma dopo la facile distruzione della base dei guerriglieri, il viaggio verso la caverna più profonda corrisponde all’addentrarsi in una giungla ancora più ostile. “Maledizione. Amico, ho visto delle giungle brutte, ma mai così”, dice uno sfiancato Mac al suo amico Blain, e questi gli risponde, duramente provato: ”È vero, questo posto è pesante. La Cambogia in confronto sembra il Cansas. … Se ti perdi qua, te la vedi brutta”.
Ed è nel cuore di questo mondo ostile che si svolge prima la prova centrale, e poi il secondo scontro mortale, la resurrezione, che avviene in una regione sconosciuta che l’eroe raggiunge per caso, cadendo in un corso d’acqua.
E se non fosse per il fungo atomico che segnala il luogo dello scontro titanico alla fine del film, probabilmente i soccorritori non lo avrebbero mai trovato e recuperato.
Importante nel film la figura dell’elicottero, quasi un’entità mitologica, che traghetta i personaggi dentro e fuori il mondo ordinario e, in quest’ultimo, sancisce anche il passaggio dalla dimensione civile a quella militare, all’inizio del film.
I contesti storici e i personaggi cambiano, adattandosi a un’infinità di situazioni diverse, ma gli archetipi alla base delle narrazioni vincenti sembrano essere sempre gli stessi. Predator costituisce quindi un ottimo esempio di come una storia di successo segua spesso la struttura narrativa proposta da Christofer Vogler, articolata in una serie di moduli standard che renderebbero facile per lo spettatore l’immersione nel racconto.
Alessandro Marotta