Ieri sera è andato in scena in prima nazionale per il Teatro Verdi di Gorizia l’allestimento semi-scenico in lingua originale della straordinaria opera in tre atti di Henry Purcell (1659-1695), compositore inglese di musica barocca, dal titolo “Dido and Aeneas“, che venne rappresentata per la prima volta nel 1688: si tratta di un melodramma d’una lirica sublime che, senza alcun dubbio, porta con sé l’eccellenza all’interno di tutto il panorama del Seicento, colmo d’enfasi, ridondanza ed esagerazione, oltre che la manifestazione dell’estrema raffinatezza nell’intera produzione dell’autore. La creazione scioglie in tragedia il racconto epico dell’amore appassionato tra la regina di Cartagine Didone e il troiano Enea, costretto per volere divino ad abbandonare la donna per fondare, secondo il mito, la città di Roma; la partenza verrà funestata dal tormento e della morte inevitabile dell’amante, quindi sedotta, ed infine abbandonata.
L’ideazione nasce appositamente per il capoluogo isontino dall’incontro di Cristiano dell’Oste, che ancora una volta stupisce per la sua maestria nel dirigere unitamente al Coro del Friuli Venezia Giulia la FVG Mitteleuropa Orchestra, e Walter Mramor, che con questo spettacolo debutta con una riuscitissima produzione che può fregiarsi del sostegno di grandi artisti che fin da subito hanno aderito al progetto: “non nascondo la preoccupazione che ogni nuova sfida richiede, ma mi sento fortemente spalleggiato dai grandi nomi dei protagonisti che si sono già distinti nei più prestigiosi palchi internazionali“. Motivo d’orgoglio, quindi, per Gorizia e la sua amministrazione comunale poter ospitare personalità come Romina Basso (Didone), interprete fra le più acclamate sulla scena della musica barocca, e Annamaria dell’Oste (Belinda), che alla musica antica ha dedicato gran parte della sua formazione giovanile, le cui abilità si celebrano senza sbavature in un ordito composto da altrettante figure di spicco, quali il baritono Mauro Borgioni nel ruolo di Enea, il controtenore Alessandro Carmignani nel ruolo della maga, le promettenti Karina Oganjan e Martina Rinaldi (nella parte delle streghe) stelle del Conservatorio di Trieste, Mara Corazza (seconda donna) e Claudio Zinutti (spirito e primo marinaio).
Il regista ha scelto di affidare le coreografie a Matteo Levaggi che, reduce dai successi newyorkesi, realizza pose contemporanee e quasi pittoriche che fanno da cornice alla trama scenica che si svolge congiuntamente al balletto, tra intervalli dedicati soltanto alla danza. Degno di nota è lo straordinario accesso che gli strumenti barocchi compiono nell’orchestra: questa selezione rende più godibile l’ascolto delle musiche e trasporta il pubblico in un’atmosfera decisamente secentesca. La realizzazione delle scenografie è piuttosto essenziale e lascia completo spazio alle performance degli artisti e alla fruizione della bellezza dei sontuosi costumi, opere di Stefano Nicolao.
L’unica critica che si può muovere ad uno spettacolo di così ampio respiro artistico, che riesce quindi ad attuare una commistione armoniosa fra le più diverse arti, è la scelta, forse un po’ azzardata, delle coreografie di stile contemporaneo, che rischiano di stridere in un contesto barocco e di risultare dunque eccessivamente anacronistiche e non coerenti con la trama dell’opera, se si eccettuano tuttavia i momenti in cui l’accompagnamento musicale è limitato soltanto agli strumenti a corda barocchi.
Ingrid Leschiutta