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TEATRO GIOVANNI DA UDINE: 90 MINUTI NEL MONDO DI GABER … UN SUCCESSO!!!!

Lo spettacolo di Andrea Scanzi, importante firma del Fatto Quotidiano, portato in scena, per la 69a replica, al Palamostre di Udine nella serata di venerdì 5 aprile grazie all’organizzazione di Azalea Promotion aveva l’intento di far ricordare al suo pubblico, ma soprattutto di farlo conoscere ai giovani o ai meno giovani disattenti, il grande artista milanese. E’ un mix fra narrazione storica sulla figura di Gaber e ritorno al passato con spezzoni di filmati e audio dello stesso cantautore che riportano indietro nel tempo e danno l’idea della portata del suo messaggio. All’apertura del sipario si ascolta l’audio delle “Storie del Signor G” che anticipa l’ingresso in scena di Scanzi che presenta Gaber e la sua straordinaria carriera, dagli inizi con “La Ballata del Cerruti” e “Torpedo Blu”, successi del Gaber televisivo, che all’apice della sua carriera, decide, spinto dalla conoscenza del pittore viareggino Sandro Luporini, coautore dei suoi successivi spettacoli teatrali, di lasciare il mondo della televisione per dedicarsi al teatro, in un momento tutt’altro che semplice per i personaggi televisivi che passano al teatro. La grande svolta per Gaber arriva nel 69-70 grazie alla suggestiva tounée teatrale con Mina. Lui si esibisce nel primo tempo, lei nella seconda parte, e mandano in visibilio i teatri delle maggiori città italianeNasce da qui e proseguirà successivamente la stagione del teatro canzone, genere nuovo e sconosciuto che ammalia gli spettatori che arrivano a teatro conoscendo Gaber ma non conoscendo la scaletta dello spettacolo che incuriosisce e lo rende, di conseguenza, unico e imprevedibileL’artista ha l’obiettivo di lanciare in scena degli argomenti senza dividere il mondo in bene e male. L’esempio più importante di questa fase artistica è lo spettacolo “Libertà Obbligatoria” rappresentato al meglio dalla canzone “L’America” che Scanzi fa vivere al pubblico.

Alla fine degli anni 70 arriva la collaborazione, per quanto riguarda le musiche, con Franco Battiato, nello spettacolo “Polli d’allevamento”, lo spettacolo della critica di Gaber a quei giovani che affermano di lottare contro il sistema, ma alla fine danno l’impressione che la loro sia solo una finta battaglia. La canzone che rappresenta meglio lo spettacolo è “Quando è moda è moda”Un’altra svolta arriva nei primi anni 80 con la canzone “Io se fossi Dio”, i 14 minuti più criticati della storia secondo Scanzi, nella quale Gaber se la prende un po’ con tutti, anche con il buonismo nei confronti di Aldo Moro arrivato solo dopo il suo assassinio per mano delle Brigate Rosse. Il Gaber degli anni 80 è meno legato alla politica e da spazio agli alberi invece che alla rivoluzione, e quindi alle persone. La rappresentazione delle persone è palpabile in “Il dilemma” che racconta dello spegnersi dell’amore in una coppia. La politica ritorna negli spettacoli di Gaber e Luporini nei primi anni 90 grazie anche alla fase storica con Tangentopoli. “Qualcuno era comunista” è il pezzo politico nuovo all’interno dell’antologia di Gaber nello spettacolo “Il teatro canzone” in cui vengono ripresentati i pezzi più importanti della sua carriera. Gli anni 90 sono gli anni degli ultimi spettacoli prima della fase più complicata della carriera di Gaber che arriva negli anni 2000. Dopo l’uscita nel 2001 del disco “La mia generazione ha perso” che è una manifesto rispetto alla posizione di Gaber rispetto alle varie malattie della società, già segnato dalla malattia Gaber partecipa ad uno spettacolo televisivo con Celentano per dedicarsi a quello che sarà il suo ultimo lavoro, “Io non mi sento italiano” che verrà pubblicato postumo dopo la sua morte il 1° gennaio 2003.

Lo spettacolo di Scanzi si chiude ripercorrendo il concetto stesso della vita e carriera artistica di Gaber, l’intenzione del volo e della libertà nella sua forma più ampia rappresentante al meglio da il monologo del 68, “Il suicidio” che parla dell’utopia della morte e si conclude con “c’è una fine per tutto e non è detto sia la morte”, è la frase con cui il pubblico esce dalla sala consapevole di aver riscoperto un artista vero per i suoi contemporanei ed un personaggio da capire ed amare dai più giovani che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

Rudi Buset

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About Rudi Buset

Pubblicista iscritto all'Albo dei giornalisti dal 2013 Diplomato presso l’ITC Einaudi nel 2007, lavora presso una carpenteria leggera artigiana. Impegnato nel sociale e in politica, da anni collabora con diverse realtà del suo territorio con particolare attenzione al mondo dell’associazionismo. Appassionato di tutto ciò che riguarda l’uomo in quanto “animale politico” oltre che allo sport (in primis il calcio).

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