Con “Sindrome italiana” – nuovo spettacolo di produzione – il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia si concentra su temi contemporanei attraverso il lavoro di un’autrice sensibile come Lucia Calamaro e tre attrici-registe di grandissimo talento, Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti e Mariàngeles Torres, le MitiPretese. Dal 4 dicembre, alla Sala Bartoli raccontano lo sradicamento delle donne dell’est che si impegnano in Italia come badanti e tratteggiano di riflesso la disgregazione dei modelli familiari contemporanei: un teatro che emoziona e riflette sul presente. Repliche fino al 23 dicembre”.
Debutta martedì 4 dicembre alla Sala Bartoli del Politeama Rossetti “Sindrome italiana” di Lucia Calamaro, un progetto di MitiPretese diretto da Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres che ne sono anche interpreti assieme a Monica Bianchi.
Lo spettacolo è una coproduzione che vede il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia al fianco del CTB – Centro Teatrale Bresciano e della Fondazione Teatro Due di Parma. È molto interessante il tema affrontato da “Sindrome italiana”, spettacolo che – come sempre, i progetti delle MitiPretese (Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres) – racconta e osserva la figura femminile in modo diverso e nuovo rispetto ai clichès e ne fa addirittura lo strumento per indagare e riflettere in modo nuovo, incisivo, potente sulla nostra realtà, sulla politica, l’etica, le prospettive sociali del presente.
“Sindrome italiana” è il termine che nel 2005 due psichiatri ucraini hanno coniato per definire la depressione dilagante tra le tante donne tornate in patria dall’Italia, uno fra i Paesi che richiede più badanti al mondo. Dopo anni di lavoro domestico e in particolare di cura degli anziani non auto-sufficienti, spesso per 24 ore al giorno e in condizioni di isolamento, al ritorno in patria esse presentano stati ansiogeni, disturbi dell’identità, tristezza persistente, disturbi ossessivo- compulsivi, fantasie suicide. Queste donne – spesso madri – divengono per anni unica fonte di sostentamento del proprio nucleo familiare rimasto nel paese d’origine, ma una volta rientrate faticano a reinserirsi all’interno di quello stesso nucleo. Il rapporto con i figli è deteriorato. L’estraneità ha prodotto alienazione. L’alienazione si trasforma in asfissiante solitudine. Da qui il passo verso il crollo è breve.
Gli “orfani bianchi” sono figli della stessa frattura. Secondo un recente rapporto dell’Unicef, solo in Romania sono 350 mila e in Moldavia 100 mila i minori con uno o entrambi i genitori all’estero. Un esercito di bambini e di adolescenti rimasti privi della figura genitoriale di riferimento: spesso la separazione dalla madre è troppo dolorosa, l’attesa troppo lunga da sopportare. Nei casi meno drammatici questi bambini finiscono per essere depressi, sviluppano dipendenza dalle droghe o dall’alcol, o prendono la strada dell’illegalità. Nei casi più drammatici si tolgono la vita, anche a dieci, undici, dodici anni.
«Volevamo parlare di una cosa che esiste, che tutti conoscono, ma di cui nessuno parla: per empatia, solidarietà, per senso di colpa e anche un po’ per immedesimazione, volevamo parlare della condizione esistenziale delle badanti in Italia» spiegano le attrici e Lucia Calamaro. «Non potevamo fingere di saper come e cosa sentono donne immigrate di mezza età che decidono di abbandonare tutto per una vita vissuta in un altrove economicamente migliore ma affettivamente devastato. Un altrove che di fatto riduce il loro ruolo di madri, figlie, mogli a quello di bancomat, e le forza a un presente di intime accudenti di estranei, affettive e tuttofare.
Ci mancava, di tutto questo sentire che non ci è familiare, l’esperienza. Noi non siamo emigrate economiche, a oggi. Non laviamo gli anziani degli altri, non li imbocchiamo, non ci limitiamo più ad abitare e incarnare il femminile accudente che per secoli ci è toccato in sorte. Non più: noi non lo facciamo perché lo fanno loro.
Ma se toccasse di nuovo a noi?
Se il contesto, la situazione, le circostanze, il fantasticare una vita migliore ci facessero prendere e lasciare tutto, per andare in un altrove che ci riduce di nuovo e unicamente a “quella che sta dentro casa” e si occupa solo di vecchi, pulizie o, nel migliore dei casi, di bambini? E allora ci siamo immaginate di partire noi. Di diventare loro».
Così, mentre le MitiPrestese “diventano” badanti dell’Est e raccontano la loro quotidianità e la loro intima devastazione, tratteggiano in un doloroso riflesso anche un mondo – questo tutto occidentale – di ritmi inumani e tessuti familiari sempre più disgregati, che non conosce più i gesti, i silenzi, le tenerezze, le fatiche e le responsabilità dell’accudimento dei più fragili. È anche questa l’Italia delle badanti.
“Sindrome italiana” è un progetto di MitiPretese, scritto da Lucia Calamaro che va in scena per la regia di MitiPretese (Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres), interpretato da Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres e da Monica Bianchi.
Il disegno luci è di Cesare Agoni, scena e costumi sono di Roberta Monopoli, le musiche sono di Francesco Santalucia, la produzione è firmata da CTB -Centro Teatrale Bresciano, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Fondazione Teatro Due di Parma.
“Sindrome Italiana” va in scena alla Sala Bartoli del Politeama Rossetti da martedì 4 dicembre alle 19.30 per il cartellone “prosa” del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e replica fino a domenica 23 dicembre. Di martedì e venerdì lo spettacolo è in scena alle ore 19.30, di domenica e sabato 15 dicembre alle 17, tutti gli altri giorni alle ore 21.
I biglietti ancora disponibili si possono acquistare nei consueti punti vendita e circuiti oppure in internet accedendo direttamente dal sito del Teatro, www.ilrossetti.it. Per ogni informazione ci si può rivolgere al numero 040. 3593511.