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Tenet, la recensione dell’atteso film di Christofer Nolan

Tenet, la recensione dell’atteso film di Christofer Nolan

Tenet

 

Anche in questa sua ultima pellicola, Christofer Nolan continua a giocare con il tempo (come ha fatto in Memento e in Intertellar) e a proiettare lo spettatore in una storia complicata e articolata su più livelli (come ha fatto in Inception). Si tratta di uno spy movie fantascientifico dove è facile perdersi, ma nel quale è difficile annoiarsi, vista la qualità degli effetti speciali e il ritmo serrato della narrazione.

Il protagonista, interpretato da John David Washington, è agli inizi della storia un membro della CIA, del quale non è dato sapere nulla. Impegnato in una lotta senza esclusione di colpi per salvare l’umanità da un cataclisma futuro, è aiutato da Neil (Robert Pattison), e deve vedersela con il cattivo di turno, il trafficante d’armi russo Andrei Sator (Kenneth Branagh).

Una storia inizialmente accattivante che si perde nei vortici temporali

In realtà nel film non c’è nessuna contrapposizione tra russi e americani. Sia i buoni che i cattivi appartengono a organizzazioni delle quali ci è dato sapere assai poco, per non dire nulla, che combattono in un mondo globalizzato e multietnico, dove le identità nazionali sono irrilevanti e i confini tra gli stati inconsistenti.

Inizialmente impegnato in una missione antiterrorismo in un teatro dell’Europa orientale, alle dipendenze della CIA, il protagonista entra ben presto nei ranghi di Tenet, organizzazione segreta che si propone di salvare il mondo da una minaccia mortale che proviene dal futuro, il cui agente nel presente è il bieco Andrei Sator, immensamente ricco e votato al male.

Fin qui tutto bene. Poi gli eventi cominciano a intersecarsi su diversi piani temporali, e lentamente, ma inesorabilmente, lo spettatore si perde nei vortici di un intreccio sempre più complesso, assieme al protagonista della pellicola. Ed è il film stesso a dichiarare apertamente l’aleatorietà di ogni tentativo di comprensione razionale di quanto accade.

Una narrazione dove ciò conta veramente è il tempo, non lo spazio, e ancora meno la verosimiglianza scientifica

Non devi cercare di capire. Devi sentire”. È il bieco Andrei Sator a dare questo suggerimento al misterioso protagonista. E lo spettatore farebbe bene a fare tesoro di questo consiglio, perché orientarsi nella trama è pressoché impossibile. Tanto vale lasciarsi trasportare dagli eventi e perdersi negli effetti speciali.

Lo scontro tra bene e male non avviene tanto sul piano spaziale. È il tempo che divide veramente i combattenti, conferendo un indubbio vantaggio a chi può attraversarlo a proprio piacimento. I misteriosi cattivoni che agiscono nel futuro vogliono annientare il nostro presente, per salvare il loro mondo morente, figlio dei nostri errori. E il loro agente nel nostro mondo, Andrei, può scorrazzare avanti e indietro nel tempo, grazie a una tecnologia avanzatissima, la stessa che può distruggerci.

Certo, viene da chiedersi come sia possibile che gli scienziati del futuro possano pensare di sopravvivere alla distruzione del nostro presente, che è il loro passato, e senza il quale, quindi, non potrebbero esistere. Si tratta di un noto paradosso dei viaggi nel tempo, del quale ovviamente nel film non si fa cenno.

Fa sorridere, poi, il fatto che per chi proviene dal futuro l’entropia sarebbe invertita, e conseguentemente, ci viene spiegato, se scoppiasse un incendio in un’automobile, la reazione chimica assorbirebbe calore, anziché cederlo, per cui le persone all’interno del veicolo rischierebbero il congelamento, e non di bruciare vive. Se questo fatto fosse vero, sarebbe impossibile il funzionamento della vita biologica: ogni essere vivente proveniente dal futuro dovrebbe inesorabilmente congelarsi, in quanto sarebbe un freezer ambulante, costretto ad assorbire energia dall’ambiente nel quale si muove. Ma nel film si glissa su questo dettaglio.

Tenet: il trionfo del relativismo e del globalismo

Tutto è discutibile, non ci sono più punti di riferimento, e le leggi scientifiche non fanno certo eccezione. Del resto, ci viene detto chiaramente che non dobbiamo capire, dobbiamo sentire.

Ma se si può chiudere un occhio sulla verosimiglianza delle teorie fantascientifiche, è meno facile accettare l’assoluta indifferenza con la quale i protagonisti della storia accettano la mancanza di informazioni chiare circa l’organizzazione alla quale appartengono, e più in generale sulla realtà nella quale si muovono, a cominciare dalla propria identità personale.

Sia il misterioso protagonista che il suo aiutante danno per scontata l’assoluta mancanza di certezze, in ogni aspetto della loro vita, tanto che viene da chiedersi in nome di quali ideali siano pronti ad affrontare torture atroci e rischiare la pelle in missioni suicide, senza battere ciglio.

In effetti uno dei punti deboli del film è proprio la mancanza di spessore dei personaggi, la cui unica evoluzione nel corso della storia è l’accettazione del fatto che il tempo non ha una struttura lineare, e che in un futuro indeterminato si annida un nemico mortale che vuole distruggerci.

Il film tratteggia uomini abituati a ignorare i confini nazionali e culturali, nei quali tutti sono in grado di comunicare con chiunque, in ogni più remoto angolo della terra, e per i quali il concetto stesso di identità non ha senso, tanto che la stessa divisione tra buoni e cattivi, essenziale per creare una storia, tende a perdere di significato, almeno tra chi vive nel presente del film. I protagonisti appartengono a una realtà globalizzata, dove trionfa un relativismo assoluto, che in definitiva è il nucleo centrale attorno al quale si sviluppa il complicato intreccio.

Tenet: un film che si può apprezzare, a patto di accettare di non capirne razionalmente la trama

I personaggi che popolano la storia raccontata da Tenet sono privi di riferimenti. Non c’è religione, scienza, etica, famiglia, o appartenenza politica o culturale che offra loro dei punti di riferimento precisi. Certo, rimane l’indefinito nemico annidato nel futuro, contro il quale si deve combattere (ma per salvare che cosa, visto che tutto è relativo o apparente?).

Il bieco Andrei Sator è l’unico bersaglio pratico contro cui i nostri eroi possono concentrarsi, per cercare di salvare un mondo del quale, in definitiva, non capiscono nulla. Ma dal momento che c’è un nemico fisico da abbattere, i combattimenti, le esplosioni e gli inseguimenti nei labirinti spazio-temporali possono tenerci inchiodati alla poltrona. Magari coltivando la segreta speranza di capire qualcosa di quello che sta succedendo. Ma meglio non avere troppe aspettative, da questo punto di vista.

Il nome stesso di questo film, Tenet, è un palindromo: se letto all’incontrario, questo vocabolo rimane lo stesso. Chissà, forse varrebbe la pena di guardare anche la pellicola all’incontrario, magari si capirebbe qualcosa di più sulla struttura della storia. Bisognerebbe provare.

Ma Christofer Nolan ci ricorda che non bisogna capire, ma sentire. Un invito a spegnere la componente razionale del nostro cervello e lasciarci trascinare dai miracoli dello stato dell’arte della tecnologia multimediale. Guardato così, Tenet è un film che si può apprezzare. Questione di gusti personali.

Alessandro Marotta

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