Alexa è una ragazzina problematica, con problemi di comunicazione con suo padre. Per colpa di una disattenzione di questi, subisce un trauma cranico in un incidente stradale. Le viene installata una placca di titanio in testa, fatto che dà il nome al film.
Dopo pochi minuti la storia fa un salto temporale di una trentina d’anni, facendoci vedere Alexa (Agathe Rousselle) da adulta, mentre si esibisce in uno spettacolo provocante in una fiera automobilistica.
Ha molto successo nel suo mestiere, e riceve devote attenzioni dai suoi fan. Uno di questi però si spinge oltre quello che lei ritiene essere il limite, per cui lo uccide senza tanti complimenti nel parcheggio della fiera.
Si consola con un’auto in esposizione, con la quale ha un appassionato e improbabile rapporto sessuale.
In seguito la protagonista si abbandona a una serie di efferati (e grotteschi) omicidi. Uccide senza battere ciglio una sua compagna di lavoro, con la quale ha una bizzarra relazione saffica, e gli sfortunati ospiti della casa dove avviene il fatto. Una vera mattanza.
Probabilmente bisognosa di dare ulteriore sfogo alle sue frustrazioni interiori, dà fuoco alla propria casa, dopo avere chiuso a chiave nella loro camera i genitori, condannandoli ad ardere vivi. Quindi si dà alla fuga.
Allo scopo di cambiare identità, assume i connotati di un ragazzo recentemente scomparso, tagliandosi i capelli e spaccandosi il naso per assumere le sembianze di questi, in una scena veramente disturbante.
Il padre del ragazzo scomparso, Vincent (Vincent Lindon), la accetta come suo figlio, rifiutandosi però di eseguire il test del DNA, che garantirebbe la certezza della sua identità.
Vincent è il capo dei pompieri di una cittadina, e accoglie la nuova venuta facendo finta di non accorgersi che è una ragazza. Dopo la bizzarra adozione, Alexa sembra trasformarsi, e cerca di adattarsi alla nuova situazione astenendosi da ulteriori omicidi, anche perché si accorge di essere incinta…
Titane: il superamento della famiglia tradizionale e il trionfo della fluidità di genere
La visone di questo film è una esperienza spiazzante, perché è veramente difficile trovare dei punti di riferimento tradizionali in questa pellicola. L’atteggiamento migliore è forse quello di lasciarsi trasportare dal flusso di eventi, cercando di trarre le somme alla fine.
Il comportamento di Alexa è incomprensibile, così come quello di Vincent. I dialoghi sono minimalisti, per cui i vari personaggi rivelano poco o nulla di sé. Bisogna quindi accontentarsi di capire qualcosa da quanto si vede.
Sicuramente in questo lavoro la famiglia tradizionale esce con le ossa rotte. Alexa ha un rapporto difficilissimo con i suoi genitori biologici (che non per niente condanna a morire tra le mura della loro casa in fiamme), mentre Vincent si è (presumibilmente) separato dalla sua compagna, che lo abbandona affidandone le cure alla stessa Alexa, pur sapendo che lei non può essere il figlio di lui, anche perché la scopre in camera sua con il pancione.
Il gruppo di pompieri comandato tirannicamente da Vincent è un aggregato multiculturale di maschi muscolosi che organizzano sensuali feste danzanti nell’autorimessa della loro sede, nelle quali viene invitata anche Alexa.
Superamento della famiglia tradizionale, multiculturalismo, una strizzata d’occhio all’amore gay. Un film politicamente corretto, quindi? Per niente, perché la violenza è monopolio femminile, e parliamo di una violenza gratuita, efferata e senza spiegazione logica. Anche Vincent commette un omicidio, ma per difendere l’identità di Alexa, che uno dei suoi sottoposti minacciava di smascherare.
L’elemento più forte che sembra emergere è il completo superamento del concetto di genere, in quanto Alexa di fatto è messa incinta… da un’automobile, Vincent dichiaratamente se ne sbatte della vera identità di lei-lui (come la sua ex-compagna, del resto), e di fatto, sotto il suo atteggiamento da macho e i massicci muscoli (aiutati da giornaliere dosi di steroidi), di fatto pare avere un atteggiamento quasi misogino.
Nel (debolissimo) finale questi diventa la figura più positiva del film, in quanto aiuta a nascere il figlio di Alexa e lo accoglie (o almeno così sembra) come se fosse suo.
Titane: un film difficile da dimenticare
Nel suo complesso questo film sembra più un lavoro sperimentale che un prodotto compiutamente finito, che comincia in salsa splatter, per alcuni aspetti grottesco, con venature body horror alla Cronenberg. Una commistione quasi godibile, per chi rinuncia a cercare di capirci subito qualcosa razionalmente, e decide di farsi trasportare dal racconto.
Il problema è che il film a un certo punto comincia a prendersi troppo sul serio. Forse c’è il tentativo di dire che l’amore, in definitiva, supera ogni barriera di identità in generale e di genere in particolare, e che quello che conta è accogliere la vita, non importa come sia stata generata.
C’è però il rischio di fare cadere un concetto tanto elevato e sacrosanto nel grottesco, in quanto la storia raccontata nel film potrebbe anche essere riassunta come la nascita di un bambino figlio di una psicopatica e di… un’automobile…
Un altra chiave di lettura potrebbe essere che Ducournau ha messo in scena la disperata ricerca di una figura paterna da parte della protagonista, che passa da un padre pensoso e assente a un pompiere dopato e in crisi di mezz’età. Il problema è che la figura paterna non esiste più nella società contemporanea, e quindi bisogna ripiegare su surrogati. Non per niente, Alexa concepisce la sua creatura accoppiandosi con un oggetto meccanico…
Insomma, forse un film eccessivo e un po’ troppo pretenzioso, a tratti gratuitamente disturbante, di difficile lettura, che può lasciare disorientati e nel quale è facile perdersi.
Un film che per molti sarà difficile da dimenticare, ma che a qualcuno potrebbe risultare TROPPO difficile, e quindi da dimenticare…
Alessandro Marotta