Tolo Tolo, di Checco Zalone, poco o niente ha a che fare con la canzone Immigrato, creata per il trailer della pellicola, che aveva suscitato accese polemiche prima della sua uscita. Il contestato brano non fa neanche parte della colonna sonora. Il film in ogni caso non risparmia battute per nessuno e non può certo essere tacciato di essere razzista.
Il trailer è stato di fatto una riuscita mossa pubblicitaria, in quanto ha contribuito ad aumentare l’interesse per questa pellicola, stuzzicando la pancia degli italiani su temi molto sentiti e controversi, come quelli dell’immigrazione e dell’accoglienza, che in ogni caso accomunano trailer e film.
Probabilmente non ci sarebbe stato nessun bisogno di questo escamotage, visto l’enorme successo commerciale dell’ultimo lavoro di Checco Zalone, Quo Vado?, campione di incassi in Italia, e la grande popolarità del suo protagonista, per la prima volta impegnato anche nel ruolo di regista. Questo suo quinto film sarà senz’altro un successo commerciale.
Tolo Tolo: l’obiettivo dell’ironia è l’italiano medio
Il bersaglio principale della comicità di Checco Zalone rimane l’italiano medio, non più nella forma di amante del posto fisso e dell’eterna permanenza nella casa dei genitori, come era nel precedente Quo Vado?, ma nella veste dell’improvvisato imprenditore in cerca di facile successo.
Ovviamente il fallimento dell’impresa è assicurato, vista anche l’assurdità dell’idea di aprire un sushi bar in un paesino pugliese. Di qui la necessità di scappare dai creditori e dai parenti, che hanno ipotecato i propri averi per finanziare l’apertura del locale, che ben volentieri vorrebbero lo scalpo del protagonista.
Questi fugge in Africa, a lavorare in un villaggio turistico, ma si trova ben presto costretto a scappare di nuovo, viste le devastazioni portate da bande di guerriglieri che spargono morte e distruzione. La nuova terra promessa è il piccolo ma ricco Liechtenstein, dove il segreto bancario dovrebbe garantire il silenzio sul suo passato di imprenditore fallito. La via di accesso all’Europa è ovviamente l’Italia, tramite un viaggio su una precaria imbarcazione in partenza dalla Libia. Anche in questo caso i suoi progetti falliranno, in quanto si ritroverà costretto ad affrontare i suoi parenti e a rimanere in Italia, contro la sua volontà.
Il protagonista incarna l’italiano medio, avido di successo ma restio nell’impegnarsi seriamente per raggiungerlo, amante dei suoi piccoli agi e pronto a difendere il suo orticello a tutti i costi, indifferente alle sofferenze altrui e incapace di comprendere i punti di vista diversi dai suoi. Un individuo meschinamente egoista, cafone, ipocrita e amante dei soldi facili. Una persona intrinsecamente fragile, che nei momenti di stress subisce degli attacchi di fascismo che, come gli viene spiegato da un migrante suo compagno di viaggio, è dentro tutte le persone ed è pronto a emergere nei momenti di crisi, come la Candida.
Ma il protagonista irride anche gli stereotipi di certa sinistra, incarnati dal giornalista francese di successo, che ha visto i poveri di tutto il mondo, ma che biasima i veri poveri, che a suo dire sono quelli che hanno solo i soldi. E che non esiterà ad abbandonare al loro destino i suoi compagni di viaggio, versando una ipocrita lacrimuccia di circostanza. Anche il cameo di Nichi Vendola è una aperta presa per i fondelli dell’incomprensibile linguaggio usato da certi personaggi pubblici.
Checco Zalone infatti irride la classe politica nostrana, dipinta come fondamentalmente inetta ma capace di carriere incredibili, con le quali il merito ha poco a che fare. Da questo punto di vista il suo atteggiamento è bipartisan.
La prima regia di Checco Zalone
Con Tolo Tolo, Checco Zalone affronta per la prima volta la regia. E si vede. La storia è molto fragile, di fatto è una successione di siparietti comici, con un ritmo mutevole e contaminazioni del genere musical e utilizza anche cartoni animati, che formano un insieme alquanto disomogeneo. Checco Zalone dal punto di vista attoriale primeggia, anche perché è circondato da personaggi di scarso spessore e spesso stereotipati.
L’immagine che viene data dell’Africa è quella dei quadri delle cartoline, nella quale anche i terroristi, tutto sommato, sembrano fare parte del paesaggio e non fanno poi così paura. Nel film il mito italiani brava gente sembra essere sostituito dall’omologo, e altrettanto opinabile, africani brava gente. Gli autoctoni sono sempre felici e sorridenti, al massimo si accigliano quando il loro villaggio sta per essere raso al suolo dal gruppo armato di turno o esplode una bomba nella casa del vicino.
Forse alcune situazioni andavano trattate con maggiore cautela e tatto. Certo stiamo parlando di una commedia, ma i temi trattati sono molto impegnativi e il registro del film è mutevole, per cui in alcuni momenti il regista sembra strizzare l’occhio alle sofferenze della gente, mentre in altri se ne fa beffe, rischiando di urtare la sensibilità di qualcuno. Il pericolo maggiore è di lasciare lo spettatore disorientato, perso in una narrazione ondivaga e scarsamente leggibile. Dove spesso si sorride, è vero, ma si fa fatica a ridere di gusto.
Checco Zalone per larga parte del film si muove nel campo minato di temi molto dibattuti e divisivi, come le migrazioni, l’accoglienza, le missioni di pace internazionali e il terrorismo. Temi sui quali il dibattito politico è incandescente. Una scelta che, se da un lato garantisce alla pellicola una grande visibilità, come dimostrato dalla risonanza mediatica ottenuta dal trailer, dall’altro rischia di creare aspettative divergenti nel pubblico.
Contrariamente a quanto avrebbe lasciato supporre la canzone Immigrato, lo sforzo del regista di rimanere equidistante è percepibile lungo buona parte del film, e, anche se alla fine il piatto della bilancia sembra pendere verso i migranti, il tentativo di rifugiarsi dietro a una satira generica per non colpire nessuno rischia di scontentare tutti. Una scelta che ha comunque fatto perdere mordente alla comicità del prodotto.
Chissà, forse Checco Zalone avrebbe fatto meglio a tenersi alla larga da certi temi. Perché parlare di problemi carichi di implicazioni politiche cercando di rimanere equidistanti è da ingenui. O forse da furbi, pronti a cavalcare il tema più controverso per ottenere il massimo dell’esposizione mediatica, senza però poi prendere una posizione netta. Ma in fin dei conti anche questo è un tipico atteggiamento dell’italiano medio, tanto preso per i fondelli da Checco Zalone nelle sue pellicole, strizzando l’occhio ad Alberto Sordi.
In ogni caso questa pellicola sarà un clamoroso successo al botteghino, visto che il suo protagonista è attualmente sulla cresta dell’onda. Ci rimarrà a lungo? Staremo a vedere, in attesa del suo sesto, inevitabile, film.
Alessandro Marotta