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Un transatlantico carico di…AMARCORD!”- Luciano Cannito a Cormons.

Venerdì 30 novembre, al Teatro Comunale di Cormons, Luciano Cannito ha presentato “Amarcord”, il suo “Io mi ricordo” portato in danza e ispirato al film felliniano del ’73. Non facile  ma coraggiosa impresa perchè, se pur cinema e coreografia differiscano al punto da non rischiare grandi confronti, la poderosa genialità di Fellini resta presente nell’immaginario collettivo e la notorietà del suddetto film anche; perciò i confronti, in realtà, si fanno. E direi che, data la difficoltà, Cannito è stato molto bravo; intanto si è scelto con cura i collaboratori: lo scenografo (Carlo Cettolavigna) ha senz’altro compreso la difficoltà di combinare velocità indispensabile ai cambi scena, spazi necessari al corpo di ballo e , non ultimo, l’importanza di riuscire a fare letteralmente sparire il fondale in un buio sorprendente dal quale far apparire, incombente e magico, ad esempio il Transatlantico Rex. Su dimensioni così impalpabili si sgretolano i confini fra realtà e sogno e la visione onirica dell’infanzia di Titta (Federico da adolescente?) si disegna pian pianino con quadri che rispettano molti punti cardine della pellicola, in un clima da fiaba universale. Così il  privato si staglia sulla Storia, strappandole il proscenio  per esaltarne la dimensione umana in tutti i suoi aspetti, senza rimpianti o condanne veri. Le luci di Alessandro Caso  hanno ben sposato la narrazione. I costumi dalle stoffe morbide e sempre eleganti di Roberta Guidi Di Bagno hanno ben figurato su tutti gli interpreti. Le musiche sia d’epoca o di Nino Rota (impossibile non citarlo, ma in effetti forse troppo presente ad ogni apparizione del personaggio di “Gradisca”) o quelle confezionate appositamente dal bravo Marco Schiavoni (compositore notissimo per i coreografi): tutte molto efficaci ma, unica nota negativa, a volte troppo lunghe per scene conseguentemente altrettanto prolisse. Molti quadri, quindi,  che danno così grande spazio al corpo di ballo tanto presente in scena . Al riguardo affermo con piacere che è sempre confortante vedere tanti giovani preparati che non si risparmiano al pubblico nè in energie nè in voglia di comunicare un personaggio, anche se in parti di un gruppo e non necessariamente da solista. E a proposito di questi ultimi, in ordine di apparizione : che dire che già non sia stato detto del giovane e bello Nicolò Noto, così osannato e ammirato nella trasmissione “Amici 12” ? Onestamente Cannito ha scelto di farne non un protagonista ( Titta è tutt’altro che centrale anche nel film), ma uno dei tanti personaggi nella folla di fantasmi che popolano “Il Ricordo”, unico e  vero “attore principale”. Nicolò è bravo, pulito nelle linee e nella tecnica classica a cui aggiunge elementi di acrobatica…Il personaggio di Titta gli si addice per età e phisique du role. Nulla da aggiungere. Ho trovato bravissima, morbida ma anche estremamente intensa Rossella Lucà nella parte della madre di Titta ( che nel film era di Pupella Maggio): precisa  ma veramente coinvolgente, specie nel bellissimo passo a tre che rappresentava la sua morte. Brava, brava, brava. Convincenti anche Diego Millesimo (il padre) , Grazia Striano e Vittoria Pellegrino (amiche di Gradisca) puntuali, belle e molto capaci. Giovanissime ma fanno davvero ben sperare. Comunque brave e sempre “in parte” anche tutte le altre ragazze del corpo di ballo come anche i ballerini tra i quali ( mi concedo una nota personale) c’era anche un Giacomo De Leidi che iniziò i suoi studi di danza alla scuola del ” Piccolo Teatro Città di Udine”: un bel work in progress, direi! Anche lui, come molti dei suoi compagni di “Amarcord”, con una  bellissima performance di presenza e tecnica. Tutta la narrazione (meglio sarebbe aver visto il film per comprenderla appieno) è contrassegnata dalla centralità della Donna : ecco quindi la presenza di Gradisca  a rappresentare la Bellezza; perchè contro il dolore e la vita che si spegne, in attesa della rinascita , non c’è che la Bellezza: la neve che incanta, la deserta e fredda regalità del Grand Hôtel, l’apparizione commovente di un pavone  nel cielo nevoso, che espande la dimensione magica. Sabrina Brazzi (Prima ballerina del Teatro alla Scala-Milano) è decisamente bella, elegante ma forse non adattissima a sostituire una più sanguigna Rossella Brescia (gravemente infortunata) per una Gradisca felliniana. Però, nel drammatico passo a due con l’ufficiale tedesco , ho potuto notare un cambio di intensità molto evidente: mi è sembrato chiaro che la ballerina scaligera si senta decisamente a suo agio in una tessitura coreografica che implichi un caratterizzazione dalle tinte più fosche, oscure e forti; quindi i bamboleggiamenti e le vaghezze di Gradisca, quasi onnipresente anche solo per brevi attraversamenti del palco, non le si addicono più di tanto. Spettacolo impegnativo per tutti che è stato molto apprezzato dal pubblico. Merita senz’altro di essere visto e applaudito.
  

  Cynthia Gangi

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