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“Su la Maschera!”. Intervista a Gigi Revelant

Si è conclusa domenica 17 giugno l’undicesima edizione di Su la Maschera, splendida manifestazione avente a tema le maschere lignee del carnevale popolare nelle Alpi, che ha visto protagonisti scultori-mascherai, provenienti da differenti regioni italiane e da Austria e Slovenia, in rapporto simbiotico con la messe di appassionati e visitatori che hanno animato la tre giorni tarcentina. Scultura dal vivo, incontri a tema, laboratori per i più piccoli e spettacoli sono stati le anime della manifestazione che ha interessato Tarcento nelle giornate del 15, 16 e 17 giugno. Al termine della manifestazione andiamo a trovare Gigi Revelant, dell’Associazione I Mascarârs di Tarcint, motore della manifestazione e fucina di talento e passione. Gigi ci accoglie sorridente e, nel mostrarci il laboratorio in cui è solito dedicarsi al suo rapporto con il legno, ci offre un po’ del suo tempo per soddisfare le nostre curiosità.

Gigi, possiamo dirlo: è andata proprio bene. Quanta stanchezza hai accumulato?

Certo, sì, la manifestazione “Su la maschera!” mi pare sia andata proprio bene, sia per l’alto numero di mascherai e scultori presenti, ventitre, sia per il sostegno ampio che la manifestazione ha avuto da parte delle Istituzioni, Enti culturali pubblici e operatori privati. E mi piace, anche, sottolineare il clima che si è stabilito fra i mascherai, un rapporto di apertura e amicizia spontaneo che si consolida e accresce a ogni nuovo appuntamento. Tutti sono disponibili a scambiare esperienze, tecniche, conoscenze, e questo non è sempre scontato … E quando le cose vanno bene, la stanchezza non si fa sentire poi molto.

Come nasce l’esperienza della scultura lignea?

Per quanto mi riguarda è nata per una fortunata coincidenza. All’inizio degli anni ottanta vidi casualmente una serie di tomâts -così sono chiamate le maschere lignee del carnevale a Tarcento- esposti in occasione della riapertura della biblioteca comunale, ospitata in un prefabbricato dopo il terremoto del 1976. Fu un colpo di fulmine. Quando rientrai stabilmente a Tarcento dopo alcuni anni, decisi di cercare gli autori di quelle maschere e di interessarmi alla storia del nostro carnevale. Ci sono voluti anni e passione per far conoscere prima le maschere, organizzando diverse mostre, di cui due a Milano, e poi i mascherai, organizzando incontri e laboratori pubblici sia a Tarcento che in altre località alpine in Italia, Austria e Slovenia.

Perché il legno e perché la maschera?

Il legno perché sono stato “iniziato” fin da bambino, dal nonno, a usare il legno per costruire “cose” utili. La maschera perché non è un’opera “normale” dell’uomo: ha a che vedere con realtà parallele e affascinanti, è di origine antichissima e diffusa in tutte le culture del mondo, con significati anche diversi. Ha insomma un fascino tutto speciale che è più facile sentire che spiegare.

Cosa accomuna uno scultore friulano, che lavora sulla maschera lignea, a uno sardo piuttosto che a uno scultore d’oltrAlpe?

Se parliamo di maschere carnevalesche ci accomuna il senso del rito e del valore di antiche culture popolari, radicatissime nelle società contadine e insospettatamente vive ancor oggi. Studiando i vari carnevali alpini si trovano in effetti elementi profondi comuni, anche se le espressioni “esteriori” possono sembrare diverse. E il carnevale di Mamoiada, Ottana e degli altri luoghi della Sardegna non fanno eccezione. Per questo fra mascherai-scultori di provenienze e lingue diverse non si fa fatica ad intendersi.

Cosa distingue uno scultore friulano, che lavora sulla maschera lignea, da uno sardo piuttosto che da uno scultore d’oltrAlpe?

Le distinzioni possono essere rappresentate dai soggetti delle maschere, più “codificati” e ripetitivi quanto più “strutturato” è il carnevale che le impiega. Un’altra differenza può essere il tipo di legno impiegato, ma questo si spiega ovviamente con la disponibilità di un’essenza in un dato luogo piuttosto che un’altra. Le tecniche possono anche essere leggermente differenti, ma il risultato finale, le maschere lignee, per quanto apparentemente differenti, avranno sempre qualcosa in comune, a leggerle e compararle con attenzione.

Quanto lavoro c’è, nella composizione di una maschera, da artigiano e quanto da artista?

E’ una distinzione che non mi pare opportuno fare. Ognuno può giudicare l’opera di un mascheraio come preferisce. Sottolineo soltanto che i “mascherai alpini” sono normalmente dediti ad altre occupazioni rispetto alla scultura, evidentemente con qualche eccezione, e hanno imparato a intagliare le maschere con l’osservazione e la passione, e tanta pratica naturalmente. E poi vorrei dire che tutte le persone hanno capacità creative e possono scoprire talenti insospettati. Basta voler cercare.

Quanto è difficile, e stimolante allo stesso tempo, organizzare una manifestazione come quella di Tarcento conclusasi il 17 giugno?

Direi che non è particolarmente difficile, avendone già fatto esperienza. Tuttavia i tempi di preparazione non possono essere brevi, se si cercano risultati significativi; si deve iniziare almeno sei mesi prima, con il progetto base e la ricerca dei fondi necessari. Poi, via via, vengono le attività di realizzazione della campagna promozionale e dell’organizzazione pratica, che si intensificano negli ultimi due mesi. Tutto è molto stimolante, per chi è appassionato. Si conoscono sempre persone nuove e si stabiliscono rapporti che moltiplicano interessi e possibilità future. E poi ci si confronta con esperienze e realtà che a volte sono di grande aiuto per migliorare.

Prova a darci un bilancio della manifestazione in termini di partecipazione da parte delle persone, di stimoli offerti e stimoli ricevuti?

In primo luogo ribadisco il significato dell’incontro di un numero rilevante di mascherai, di tre diverse nazionalità, e della possibilità di un confronto di esperienze raramente possibile in questi termini. Gli scambi culturali tra gli scultori sono stati fondamentali, così come la conversazione tenuta da Valter Colle nella serata di venerdì. Tutti siamo rimasti affascinati dalla scoperta delle radici comuni e simboliche dei carnevali, attraverso la figura antica e simbolica di Hellequin, ovvero dell’Arlecchino che è ben diverso dalla figura stereotipata a cui si è soliti pensare.

Sono convinto che le persone che hanno visitato la manifestazione nelle vie e piazze del paese, che hanno ammirato la mostra di Palazzo Frangipane, che hanno chiacchierato con i mascherai, abbiano potuto fare un’esperienza autentica e non superficiale. I mascherai stessi si sono felicemente mescolati con tanti cittadini che hanno frequentato il centro della cittadina nella lunga serata del sabato, serata resa possibile e animata dall’impegno di tantissimi operatori commerciali che hanno voluto affiancare l’organizzazione della manifestazione con un loro programma specifico.

Voglio anche ricordare gli ottimi rapporti di collaborazione stabiliti con il Museo Etnografico di Udine, la presenza al nostro fianco di due enti culturali importanti come la Società Filologica Friulana di Udine e l’Istituto Culturale Ladino, la visita della direttrice del Carnival King of Europe di S. Michele all’Adige …

In definitiva penso che la manifestazione “Su la maschera!” abbia fornito significativi spunti di conoscenza e approfondimento a scultori e visitatori, ricevendo anche incoraggiamenti e stimoli da parte di importanti Enti Culturali, per ulteriori iniziative.

Quali sono i progetti per il futuro e che futuro si prospetta per la maschera lignea?

La nostra Associazione intende proseguire la sua attività di promozione e divulgazione delle maschere lignee usate nei carnevali tradizionali alpini, sia incrementando il numero dei suoi soci (quest’anno siamo arrivati a 30!), sia ampliando la zona di interesse specifico, in particolare a località della Svizzera e del sud della Germania. Abbiamo anche nel cassetto un progetto per la realizzazione della “strada dei paesi delle maschere” e stiamo partecipando ad un progetto “Interreg” con l’Austria incentrato sulle maschere invernali, al quale forniamo il supporto culturale-tecnico. C’è insomma parecchia carne al fuoco e, dopo le esperienze internazionali di questi ultimi anni, posso dire che la maschera lignea (quella usata, non quella appesa al muro) può avere un bel futuro.

Vuoi fare un augurio alla scultura lignea in italiano e par furlan?

“Datemi una maschera e vi dirò la verità” (Oscar Wilde).

Sperin di tornâ a viodi mascaris gnovis e zovins mascarars in Cjargne, come che o vin fat sucedi a Tarcint!

 

Salutiamo e ringraziamo Gigi che nel suo regno creativo, animato dalle armonie e dai profumi che si sprigionano dalle differenti essenze lignee che lo circondano, è già proiettato verso la prossima tappa del bel lungo viaggio nella maschera lignea.

A Gigi e a tutti, buon viaggio!

Per quanti fossero interessati: http://www.mascheraialpini.com/public/?file=kop1.php

https://ildiscorso.it/2012/06/11/su-la-maschera-tarcento-2012/

Gianpiero Bruno

© Riproduzione riservata

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