«Sono tornato a Trieste nella mia casa di campagna. E lì ho cominciato a riflettere e controllarmi sulla natura. A Parigi dipingevo una sorta di post impressionismo a modo mio; a Trieste facevo dei paesaggi nei quali mi importava di rendere soprattutto le unità di colore. Non andavo cercando il colore degli oggetti: la realtà mi appariva dominata da un’irradiazione luminosa, della quale mi studiavo di cogliere il senso tonale […]».
È il 1906 e Piero Marussig rientra a Trieste dopo aver soggiornato a Monaco, Roma, Vienna, Parigi: acquista una villa in collina, conosciuta più tardi come Villa Maria, ora semi-distrutta, un buen retiro, fonte di ispirazione e vero soggetto di molte sue opere, alcune delle quali sono da oggi (e fino al 9 ottobre) esposte al Civico Museo Sartorio di Trieste per la mostra “Piero Marussig. Camera con vista su Trieste”, promossa dal Comune di Trieste – Assessorato alle politiche della cultura e del turismo e curata dalle storiche dell’arte Alessandra Tiddia, curatore e conservatore al Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, e Lorenza Resciniti, conservatore del Civico Museo Sartorio di Trieste.
All’anteprima stampa sono intervenute oggi (giovedì 7 luglio) la direttrice del Servizio Promozione turistica, Musei ed Eventi culturali Francesca Locci, le storiche dell’arte e curatrici della mostra Alessandra Tiddia e Lorenza Resciniti, Nicoletta Colombo storica dell’arte e direttrice dell’omonimo studio d’arte a Milano e Federica Luser per Trart che ha curato l’efficace allestimento.
La mostra – che sarà inaugurata ufficialmente questa sera alle ore 18.00, alla presenza dell’assessore alla Cultura Giorgio Rossi e delle autorità locali – rende omaggio a Piero Marussig, uno dei maggiori esponenti dell’arte del ‘900 a Trieste e in Italia, con alcuni indiscussi capolavori provenienti dal Civico Museo Revoltella e da collezioni private, come hanno evidenziato Elena Pontiggia, storica e critica d’arte di chiara fama e Nicoletta Colombo, storica dell’arte e direttrice dell’omonimo studio d’arte a Milano, autrici insieme ad Alessandra Tiddia del catalogo dedicato a Piero Marussig e Claudia Gian Ferrari Un omaggio triestino (edito da Trart a fine 2020).
«Non poteva essere che il Museo Sartorio, una casa-museo, un gioiello incastonato sul colle di San Vito ad accogliere questo saggio di pittura triestina» – afferma Lorenza Resciniti. «In primo luogo perché dalle finestre del secondo piano, dove sono allestite le opere, si gode di una vista magnifica sui tetti delle case della città, sul golfo e sulla costa, come la offre Marussig nei suoi quadri. In secondo luogo» – sottolinea la curatrice e conservatore del Sartorio – «perché questa sede dei Civici Musei di Trieste è il luogo ideale – per la sua atmosfera di intimità domestica, dove piace stare in silenzio a osservare il dentro e il fuori – per esporre le opere comprese in questo progetto, dipinti preziosi normalmente custoditi da un amorevole collezionismo privato, che oggi li mette generosamente a disposizione di noi tutti».
Il progetto di allestimento, a cura della storica dell’arte Federica Luser per Trart, presenta i momenti salienti dell’opera di Marussig. Quello triestino raccolto nella villa di Chiadino e quello milanese in cui l’artista è protagonista della stagione di Novecento Italiano.
Le opere degli anni trascorsi a Trieste (dal 1906 al 1919) riflettono la sua percezione di un «macrocosmo racchiuso nel microcosmo della sua casa, dove interno ed esterno, natura e città, vita privata e vita sociale coincidevano. Chiadino era la sua Tahiti» – scrive Elena Pontiggia. «Per un pittore intimista, anzi intimo come lui, la natura non superava i perimetri, pur ampi, del suo giardino e per dipingere la vita gli bastavano le figure e le cose che vedeva nelle sue stanze, sulla spianata di ghiaia bianca davanti alla villa, nel parco di alberi e piante che la circondavano».
Siesta (1912), Serata a Trieste (1914), Concertino nel parco (1916) sono solo alcune delle opere presenti in mostra riferite a questa tematica. Dipinti impregnati di un senso di agiatezza intima, quella “Gemütlichkeit” difficilmente traducibile con un sinonimo italiano, ma che corrisponde a un senso di armonia tra sé stessi e l’ambiente circostante, come ha ben osservato Alessandra Tiddia nel corso dei suoi studi dedicati all’artista. I dipinti di Piero Marussig sono finestre aperte sulla città e chiuse a contenere un mondo intimo fatto di affetti e “piccole e belle cose”.
Il progetto di allestimento si sofferma poi sul periodo milanese, iniziato nel 1919 con la prima mostra personale alla Galleria Vinciana a Milano, che apre all’artista le porte della critica e quelle del salotto di Margherita Sarfatti, introducendolo di fatto nel milieu artistico italiano. Nel 1920 Marussig si trasferisce nella città lombarda e da quel momento in poi espone a fianco di quei pittori che credono nella traduzione delle modalità classiche italiane in un linguaggio moderno: Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Emilio Malerba, Ubaldo Oppi, Mario Sironi.
Accostando la propria ricerca a quella dei colleghi, Piero Marussig abbandona il colore espressivo e dà maggiore solidità alle sue figure, trasformando quella intima quotidianità tipica delle opere “triestine”, in una dimensione sospesa e idealizzata.
Fino al 1932 Piero Marussig parteciperà a tutte le attività del gruppo esponendo a importanti esposizioni in Italia e all’estero.
Orario d’apertura
8 luglio – 9 ottobre
da giovedì a domenica, dalle 10.00 alle 17.00
fino alle 21.00 in occasione degli spettacoli di Trieste Estate 2022
Ingresso libero
F.Zar