Prendete una tigre, un ragazzo indiano e metteteli insieme su una scialuppa. Sembra assurdo, direi surreale, ma forse è anche questa la magia. L’ultimo capolavoro del regista taiwanese Ang Lee, è un esplosione di emozioni, un susseguirsi di sensazioni, l’amplificazione dei cinque sensi. Il film, “Vita di Pi”, in questi giorni nelle sale cinematografiche del nostro paese, si presenta come uno dei più riusciti 3D movie; tecnica ormai entrata prepotentemente nel panorama cinematografico, il 3D non sempre corrisponde a esaltazione del prodotto finito. In questo caso lo spessore che riesce a trasmettere insieme a tutte le altre componenti quali la storia, la fotografia, l’interpretazione dell’attore principale, genera nel complesso un’opera difficilmente trascurabile per l’alto livello qualitativo.
La trama del film è piuttosto semplice, il tema principale del racconto è il viaggio ai confini della realtà di Pi, ragazzo indiano vittima di un naufragio e costretto a dividere la scialuppa, con cui ha evitato la morte, con una tigre del bengala, anch’essa scampata alla morte; a sottolineare i canoni fiabeschi del film basti pensare all’inusuale nome dell’animale, Richard Parker. Il coinvolgimento nelle pene di Pi, il suo lottare per la sopravvivenza, l’odio – amore per l’unico essere con cui può condividere gli eventi e da cui deve difendersi per non rischiare la fine di entrambi, è costante e perdura nello spettatore fino alla fine del film. Vengono inoltre lanciati moltissimi messaggi di amore, di fede, di amicizia, ma anche di paura, di cedimento e di rassegnazione al destino avverso, durante la proiezione; l’apice della bellezza, oltre alle emozioni trasmesse dai protagonisti, uomo e tigre, si raggiunge con i bucolici paesaggi di contorno, vere e proprie cartoline naturali di uno splendore unico. Insomma un gioiellino moderno, uno spettacolo genuino, di quelli che non lasciano indifferenti, neanche dopo l’accensione delle luci. Un film da gustare con tutta la famiglia, per emozionarsi attraverso la bellezza della natura, la profondità dell’uomo, il mistero della religione e la potenza della speranza.
Carlo Liotti
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