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La terra dei cachi

Dal nostro corrispondente in Germania

In vista delle elezioni del 24 febbraio, i nostri politici continuano a combattere sull’insanguinato campo di battaglia denominato campagna elettorale. Basta accendere il televisore per potersi godere volti sorridenti, accigliati, seri o proprio arrabbiati dei vari candidati (o tirapiedi di candidati), in una sarabanda di sorrisi plastici, cipigli drammatici, ghigni grotteschi e serissime, gravi espressioni posate. Tutti sbandierano i loro magnifici programmi elettorali, incongruenti solo nelle panzane più grosse: i tre partiti maggiori, infatti, sembrano essersi copiati vicendevolmente, cambiando solo il modo di presentare il “proprio” programma. È tremendamente triste constatare ancora una volta la mancanza di idee dei partiti. Berlusconi sembra il più fantasioso, non nel senso della creatività ma nel senso della pura fantascienza: inoltre, presenta in lista la Lega Nord e il Grande Sud insieme, cosa quasi più risibile rispetto al suo precedente collage fra leghisti ed ex-fascisti. Bersani continua a dire che dietro di lui c’è un grande partito, e forse questo è il suo grosso problema. Ingroia e Di Pietro utilizzano il cavallo di battaglia della lotta all’evasione, ma per il resto non fanno capire bene dove vogliano andare a parare rifriggendo la solita aria fritta (ricordo tra l’altro che Di Pietro è quello che una ventina d’anni fa dichiarò fieramente “io non entrerò mai in politica”). Poi vi è Oscar Giannino, che almeno aggiunge un po’ di varietà nel look e che sembra uno dei pochi ad avere le idee chiare: oltretutto non presenta candidati fra parlamentari. Beppe Grillo, sbottando e sbraitando, illustra un programma che è una miniera di buoni propositi, facendo però lo stesso gioco dei partiti, ovvero concentrandosi sugli errori altrui. Vero è che l’Italia, come afferma, sembra proprio aver “bisogno di respirare”.
La corsa al voto sembra vertere sempre di più su una triste questua, trasformando la nostra classe politica in un’enorme schiera di furbissimi accattoni. L’unico partito che sembra avere un sostegno serio è il PD, che dal PCI ha ereditato – ahinoi- non la coerenza e la chiarezza di idee, ma solo l’autorità a far obbedire i propri adepti come fossero dei soldati ad una parata militare. Del PD bisogna dire che riesce a scovare gli italiani all’estero per tempestarli di manifestini propagandistici, rovinando così l’illusione di essere immuni alla pedanteria dei periodi preelettorali. Si rimane comunque in fervente attesa del proselitismo di altri partiti.
Vedendo la situazione dall’esterno, pare veramente che non vi sia una via d’uscita. L’unica speranza sembrava darla Matteo Renzi, volendo riformare il partito riformatore (che rigettando le proposte del sindaco di Firenze, ha dimostrato ancora una volta la sua avversione al cambiamento). Cercando qualche riscontro sulla politica italiana nella stampa tedesca, si può notare come questa sia quasi totalmente disinteressata alle nostre elezioni, ben più preoccupata per la situazione economica in Grecia. Le poche parole riguardo la politica italiana sono state contro lo scandalo MPS: viene spesso sottolineato come il segretario del PD debba delle spiegazioni che non vuole dare e come Napolitano abbia fatto di tutto per insabbiare lo scandalo. Si parla di Monti riguardo al vertice tenutosi a Berlino di qualche giorno fa, nel quale ha definito il contributo italiano al bilancio UE “ingiustificato”, chiedendo un rapporto equilibrato fra paesi contribuenti e paesi beneficiari. Di Berlusconi nessuna traccia, se non come fantasma dietro le quinte del potenziale acquisto de La7 da parte di Urbano Cairo, presidente del Torino e definito “seguace” del Cavaliere (vi è la preoccupazione per la “neutralità” del canale). Ad ogni modo un suo ritorno alla Presidenza del Consiglio sembra una chimera e si spera che tale rimanga. Possiamo invece goderci i suoi spettacolini cabarettistici in televisione, in cui continua ad affermare la necessità di un cambiamento che però non è riuscito a fare in parecchi anni di governo. Monti, dal canto suo, seguita con il suo trasformismo, mettendosi al servizio del partito trasformista per eccellenza: e a tal proposito, possiamo ricordare che la coalizione di centro include anche il FLI di Gianfranco Fini, delfino di Almirante ed ora schierato a fianco della ex DC. Eppure proprio Monti, messo al governo in maniera del tutto anticostituzionale (sul modello dell’istituzione della dittatura nell’antica Roma, forse), avendo in mano la possibilità di fare effettivamente qualche cambiamento, ha male interpretato un altro principio Romano, quello del “panem et circenses”: col problema però che ha tolto il pane a molta gente e ci ha lasciati in balia dei pagliacci di sempre, unendosi allegramente al gruppo.
Ora, al di là di come si presenti la situazione, non resta che sperare in un vero cambiamento, in una vera politica per rilanciare l’Italia e la sua economia, senza attaccarsi ancora alle vene ormai disseccate del popolo: non c’è da sperare che in una presa di coscienza del futuro premier, chiunque egli sarà, e nella sua voglia di migliorare veramente il nostro paese, dimenticando l’interesse particolare o gli interessi del partito.

Simone Callegaro

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