L’Università degli Studi di Udine oggi, lunedì 4 marzo 2013 a partire dalle ore 16.30, ha ospitato il giornalista italo-israeliano Michael Sfaradi, per discutere di etica giornalistica, informazione e disinformazione in merito alla questione mediorientale. Sfaradi, classe 1961, romano, ha passato la vita tra Italia e Israele; è un giornalista freelance, reporter di guerra dal 1996 e scrittore.
Il relatore è stato introdotto esaurientemente dal professore dell’ateneo udinese Elio Cabib che ha poi sottolineato la natura etica, e non politica, dell’evento, il quale avrebbe avuto come oggetto principale il giornalismo libero, obiettivo, non asservito, in contrasto con la tendenza alle notizie omesse, falsate e costruite a tavolino della nostra era. E’ stato poi lo stesso Sfaradi a condurre la conferenza attraverso lo svelamento di tutta una serie di falsi, che i media europei hanno trasmesso come veri e autentici. Citando la “Carta dei doveri del Giornalista” del 1993, edita dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il relatore ha sottolineato come la corretta informazione si basi sul controllo delle fonti. Quindi, si è concentrato sull’analisi di vari fake che ci sono stati propugnati negli ultimi tempi dai principali media, inerenti al conflitto mediorientale. Sfaradi, in particolare, lamenta una tendenza filopalestinese all’interno dei media europei, i quali calcano negativamente o soprattutto omettono le notizie riguardanti lo Stato Israeliano. E’ stata proprio questa sua posizione a costargli un vivace botta e risposta con il pubblico sul finale.
Tra i vari fake “smontati” da Sfaradi attraverso una serie di piccoli accorgimenti, ci sono stati: il video trasmesso nel dicembre scorso da Rai e Repubblica sul bombardamento aereo di un panificio ad Halfaya in Siria, dove in realtà si era verificata un’esplosione dolosa all’interno di un magazzino di armi; un video inerente a un bombardamento sulla striscia di Gaza, che invece raffigurava un raid sul territorio siriano; il celebre filmato del 2000 sulla morte del bambino Al Dura che scatenò la Seconda Intifada, il quale fu in realtà una scena costruita. La posizione di Sfaradi è sicuramente scomoda e solitaria, ma utile per spingere a porsi in maniera critica di fronte al panorama, spesso caotico, dell’informazione contemporanea.
Martina Napolitano