Recentemente candidato al LUX, il premio del Parlamento Europeo, e già incoronato alla 70^ Mostra del Cinema di Venezia (Settimana Internazionale della Critica), Class Enemy di Rok Biček uscirà nei migliori cinema italiani il prossimo 2 ottobre sotto il segno dellaTucker Film. Il capolavoro del giovane regista sloveno, da molti paragonato al miglior Haneke, affronta il tema dell’incomunicabilità come – sono parole dello stesso Biček – «un’eruzione vulcanica che poi mette a nudo le paure e le frustrazioni nascoste sotto la pelle della società europea».
Slovenia, oggi. Un liceo come tanti. Una classe come tante. Una quotidianità come tante. Ma è davvero tutto così ordinario, così regolare? È davvero tutto così tranquillo, sotto la patina di normalità? Basta l’arrivo del nuovo professore, il durissimo Robert (uno straordinario Igor Samobor, superstar del cinema sloveno), per innescare un violento corto circuito: didattico, prima, e umano, poco dopo, quando la tragica morte di una studentessa devasta gravemente gli equilibri. Il dolore dei ragazzi si traduce immediatamente in rabbia e la rabbia, alimentata da interrogativi esistenziali troppo difficili da affrontare, si traduce in caccia: caccia al colpevole, caccia al nemico. Una scorciatoia emotiva che impatta, fatalmente, contro il nuovo professore: ilcolpevole perfetto, il nemico perfetto.
Come finirà la guerra? Cosa porterà e quanto costerà, a ciascuno, quell’atto di cieca ribellione? Esplorando le zone d’ombra che separano i torti dalle ragioni, i buoni dai cattivi, i vincitori dai vinti, la partitura di Class Enemy smonta gelidamente le certezze più categoriche e invita a riflettere, tanto gli adolescenti quanto gli adulti, sulle sfumature. Perché il bianco e il nero esistono soltanto sulle tavolozze dei pittori.
Sin da studente, Rok Biček (1985) ha manifestato nei suoi lavori una determinatezza alquanto rara, espressa attraverso un esplicito entusiasmo e una predilezione per le inquadrature lunghe e per un unico piano sequenza, a cui si aggiungono la sottigliezza nella scelta dei colori e dei soggetti. Questi vengono narrati quasi sottotono, senza forzature ma allo stesso tempo in modo sempre sorvegliato. Seguendo la scia degli autori cinematografici che lo hanno ispirato (come ad esempio Haneke, Mungiu e Zvyagintsev), Biček gioca con il pericolo in agguato nei dettagli quotidiani della vita.