Equità è la parola d’ordine di queste settimane. Il primo ministro Monti l’ha ripetuta talmente tante volte da illuderci che non si trattasse solo di uno slogan e che anzi l’equità sarebbe stata un nuovo paradigma politico. Equità che, a sentire le indiscrezioni sulla manovra anticrisi, non si materializzerà fino in fondo. Perché se le aliquote irpef crescono fino al tre per cento per i redditi medio alti, Marchionne può ancora pagare il trenta per cento sui suoi mostruosi guadagni essendo “residente” nel cantone tedesco di Zugo, noto paradiso fiscale.
Equità che non si materializzerà perché la sanità pubblica italiana riceverà ancora tagli e chi non avrà la possibilità di pagarsi le cure privatamente usufruirà di un servizio sempre più precario. Per la cronaca si sappia: sugli opuscoletti che gli americani ricevono quando viaggiano all’estero, già da parecchio tempo, alla voce sanità nel capitolo riguardante l’Italia, si sconsiglia di frequentare i nostri ospedali.
Equità che non toccherà nemmeno il sistema previdenziale. Per maturare i requisiti necessari a ricevere la pensione di anzianità sarà probabilmente necessario contribuire con quarantadue anni di lavoro. Ancora una volta la voce della ragione che coniuga con la crescita un impiego sicuro per giovani ed una buona qualità della vita per gli anziani passerà inascoltata. E noi probabilmente non potremo fare altro che lamentarci della lentezza dell’impiegata delle poste che, a sessantatre anni, non ci vede e non ci sente molto bene.
E nel nome dell’equità i nostri beneamati parlamentari se ne andranno in pensione a sessantacinque anni, con millecinquecento euro garantiti. Ma questi saranno gli sfortunati che hanno contribuito solo per una legislatura. I loro colleghi, baciati dalla sorte, potranno ritirare il vitalizio a sessant’anni avendo versato i contributi per più legislature.
L’illusione di vedere l’equità applicata come un rigido paradigma è durata poco. Giusto il tempo di ammirare Pierfrancesco Guarguaglini, accusato di frodi fiscali, dimettersi dalla presidenza di Finmeccanica (azienda di Stato) e ricevere 5,5 milioni di euro come liquidazione.
Almeno ora i problemi reali sono al centro dell’interesse politico e mediatico, l’Italia non è più una telenovela ma non è nemmeno un film con uno scontato lieto fine.
Luca Artico
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