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 “Le declinazioni del Noir nel Dark e nel Metal a Modena”

 

Incontro Alessandro “Alle” Masi in un bar vicino a Piazza Grande a Modena e visto che ci conosciamo da 25 anni esatti entriamo subito nel vivo della questione. Gli ho chiesto se voleva raccontare la storia della sua creatura artistica, il Dynamika, che dopo cinque anni di attività si è affermato come un importante evento Dark e Metal a livello nazionale.
Tanto per essere originali, partiamo dalle origini del tuo progetto: com’è iniziata l’avventura?
Il Dynamika nasce nel 2011. Da anni lavoravo per altre organizzazioni come pr, dj e co-organizzatore e ad un certo punto ho voluto esprimere qualcosa di mio, realizzare le mie idee e mettere in pratica un mio modo di lavorare, perché non avevo ancora potuto esprimermi liberamente e pienamente, senza sottostare ai giudizi altrui. Così raccolsi un mio staff di 4 o 5 persone tra cui la mia morosa Luana che mi ha affiancato costantemente in tutto questo tempo ed è stata sempre parte integrante del progetto. Cominciammo a lavorare insieme nell’estate e l’inaugurazione avvenne il 31 ottobre 2011 al Moro, un locale nella prima campagna modenese. Il risultato fu notevole, perché partendo da zero offrimmo al pubblico una serata da 300 persone, un successo clamoroso direi.

Pista

Pista

Quali idee volevi prendessero vita nel Dynamika?
Cercavo uno status diverso dal solito per musica diversa dal solito. Musicalmente parlando era tutto incentrato sugli anni ‘80, ma non quelli pop di Madonna, Prince o George Michael: era una via di mezzo tra cose più popolari New Wave come Simple Minds, Tears For Fears e Duran Duran e qualcosa di oltre. Naturalmente ciò si ripercosse sulle persone che hanno un loro modo di vestire e di comunicare.
Quindi stai parlando del Dark.
Il Dark è un concetto tipicamente italiano, un adattamento di ciò che altrove, dove questa musica era più diffusa come in Inghilterra e negli Stati Uniti, si chiamerebbe Post Punk o Batcave. Penso ai primi anni ‘80 quando suonavano gruppi come i Christian Death, per citarne uno particolarmente rappresentativo, ma anche The Cure che sono di sicuro più noti anche a chi non è dell’ambiente e che hanno avuto una visione molto intelligente per il lato commerciale, che li ha portati oltre lo spazio ristretto della nicchia, infatti tra tutti i loro album quelli propriamente Dark sono due o tre.

Alle

Luigi e Alle

Dimmi ancora del Dynamika e dell’impostazione che hai voluto dargli.
Senza aver scoperto nulla – né un tipo di serata né un genere né un tipo di attrazione – ritengo di aver dato al Dynamika un’impronta molto personale a cominciare dalla scelta dei locali che ci hanno ospitato in questi anni, tutti eleganti, puliti, adeguati anche sotto il profilo della sicurezza e di conseguenza delle garanzie che abbiamo dato ai nostri clienti. Al Moro abbiamo iniziato, quando ancora la proprietà e l’impostazione del locale erano diverse, poi sono seguiti vari locali come il Paul, conosciuto come Jam negli anni precedenti e oggi diventato Kyi. E ancora La Crepa e Ca’ Marta, per arrivare finalmente al SottoSotto, una parte del Mac2. Il comune denominatore di tutti questi locali è che non sono mai diventati dei circoli, mandando avanti la loro attività con coraggio e sobbarcandosi spese onerose per offrire un servizio di alto livello alla clientela.
Da questa ultima considerazione mi pare di capire che non sia sempre così…
Sai, molte serate, eventi e concerti vengono organizzati presso dei circoli o dei centri sociali, che richiedono ugualmente un pagamento all’ingresso, ma spesso sono privi dei servizi che offrono locali come quelli che ho citato. Per fare esempi lampanti basti pensare ai servizi igienici, al guardaroba, al bar e ciò che ti danno da bere e alla sicurezza in senso lato. Voglio dire che non può e non deve essere compito di un dj sedare una rissa e se qualcuno si sentisse male deve esserci in loco chi sappia intervenire e prestare un soccorso d’emergenza, senza parlare poi degli impianti antincendio e del rispetto della capienza delle strutture. Per me sia come cliente sia come organizzatore questi non sono affatto aspetti marginali.
Torniamo al Dynamika. Pensavi a una serata improntata su una tua idea, ma da dove nasce questa idea?
Ho avuto la fortuna di crescere vedendo ciò che era rimasto del movimento Dark, Metal e Punk e a poco più di 16 anni ho conosciuto persone di 40-45 che avevano fatto parte di quel mondo, dove tutto aveva un senso ben preciso persino l’abbigliamento. Ho voluto portare avanti quella mia esperienza e dare a quelle persone degli ambienti diversi, dove stare tranquilli e sentirsi a proprio agio, qualcosa che prendesse le mosse dal passato pur essendo necessariamente rivolto al futuro, perché sono realista e so che quell’epoca è irripetibile. Una serata ben integrata musicalmente parlando doveva comprendere non solo anni ‘80, Sinth Pop, New Wave e Post Punk, ma anche musica elettronica più moderna, ad esempio quella da metà anni ‘90 in avanti. Infatti in quel periodo molti gruppi, specialmente tedeschi, hanno prodotto diverse cose interessanti come l’EBM – Electronic Body Music – e per contaminazione con altri generi ne sono nate tante altre ancora, come l’Industrial. Pensa ad esempio ai Rammstein e ai Ministry. Avendone la possibilità poi, si include anche del Metal. Infatti nella serata del 17 settembre, che è una delle più importanti dell’anno non solo per le presenze ma anche perché vogliamo tirar fuori il sentimento che ci anima con ancora maggior enfasi del solito, ci saranno tre spazi in cui balleremo Dark, EBM e Metal. Con un gioco di parole, il Dynamika è dinamico appunto: già dal nome si capisce che non si vuole richiamare un genere e basta, ma tutto ciò che riguarda questo ambiente lo vogliamo proporre e portare avanti. Dark, Metallari e Punk sono sempre stati lontani parenti: ai tempi d’oro ci sono state battaglie violente, ma sono sempre stati accomunati da una matrice comune, erano tutti nello stesso calderone, nello stesso Girone dell’Inferno secondo alcuni – sorride – e mi piace riunire queste varie correnti di pensiero, se poi ciò avviene in un ambiente curato, pulito, sicuro, comodo e gradevole, dove si beve bene, il tutto allo stesso prezzo di serate in posti che al contrario lasciano a desiderare, allora è il massimo.
Com’è il pubblico che frequenta le serate?

Pista

Pista

Il fondamento del Dynamika è sempre stata la musica, una musica che aggrega certi gruppi di persone, senza andare fuori dagli schemi di ciò che la gente si aspetta, così gli appassionati sono liberi di esprimersi anche nello stile e nell’abbigliamento. Siamo stati scelti da diverse fasce d’età, cioè venti, trenta e quaranta, quindi due generazioni. Da un lato c’è quella dei più grandi, rimasta ancorata a ciò che faceva e alle motivazioni che la spingevano e non si vuole allontanare troppo dall’idea dell’epoca, cioè vestirsi in un certo modo perché c’era un motivo ben preciso, un messaggio da lanciare. Oggi non credo ci sia più qualcosa da comunicare attraverso una borchia, una cresta o una maglietta particolare, ormai fa parte di una scelta stilistica del tipo “mi sveglio al mattino e mi vedo bene vestito di nero, mi vedo bene con una cartuccera, mi vedo bene con una cresta blu”. Dall’altra lato ci sono i più giovani, che magari frequentando questo ambiente imparano dai più vecchi cosa abbia significato per loro vivere determinati anni e la musica in un certo modo. Ci riteniamo fortunati perché non è facile riunire nello stesso ambiente, nella stessa serata, persone così distanti per età. Una cosa che purtroppo vedo nel pubblico è che si sta perdendo il valore musicale della questione e tende a prevalere il desiderio di mettersi in mostra e questa moda è mascherata da espressione individuale, cioè si vuole far passare l’idea del “io sono così”, “esprimo me stesso” ad oltranza, ma quando passa l’età della fotta – gergo modenese per voglia smodata, l’etimologia è abbastanza intuitiva 😉 – per un genere, crescendo ti rendi conto che la tua posizione sociale e lavorativa necessita di altro, perché il mondo funziona così, quindi la serata diventa l’occasione di esibire gli stivali nuovi o la maglietta. E qui emerge un contrasto tra le generazioni, perché se uno oggi ha vent’anni, indosserà per forza una maglietta che è la riproduzione di una di vent’anni prima e chi oggi ne ha quaranta difficilmente lo prenderà sul serio e gli dirà: “Tu hai una maglietta di Ride the Lightning dei Metallica che è una ristampa, mentre io li vedevo in concerto dal vivo. Non potrai mai capire cos’è stato vederli all’uscita di quell’album.” Questo ragionamento sintetizza una distanza tenuta apposta, quella tra i veterani e i novizi. I primi dicono che i giovani si vestono in un certo modo perché loro lo hanno fatto prima e che all’epoca comportarsi in quel modo serviva a protestare e suscitare scandalo, perché si aveva qualcosa da dire e nessuno altrimenti ti considerava. Tutto questo fa parte del gioco e genera colore, è una bella cosa da vedere, perché dà vita a un ambiente tutto particolare. Ci sono, però, anche aspetti difficili, che emergono soprattutto sui social network, che purtroppo fanno credere a molte persone di essere libere di dire qualsiasi cosa e di essere chiunque vogliano. Questo ha generato una corsa ad attirare l’attenzione, alla popolarità con tutto ciò che ne consegue. Il mondo che ho visto al crepuscolo non è stato ripreso dalle nuove generazioni, perché si è trasformato in qualcosa di estremamente facile, semplice e immediato, non c’è più il valore della conquista di qualcosa. Oggi se cerchi un disco, lo trovi gratis piratato su internet ancora prima della presentazione ufficiale, mentre io faccio parte di una generazione a cavallo di quella fase di trasformazione, dell’abbandono del vecchio con l’arrivo del nuovo, la quale ha fatto in tempo a usare il telefono con la ghiera girevole, ha passato anni senza telefonino e senza internet in casa. Abbiamo fatto in tempo a far fatica in un certo senso, magari per cercare qualcosa di introvabile, ad andare a Londra per comprare qualcosa che qui non si trovava, i dischi ad esempio. Dischi che poi dovevi copiare sulle cassette! Dovevamo telefonare a casa di una ragazza sperando che non rispondesse suo padre per riuscire a parlarle o andare a suonare a un amico sotto casa senza sapere se lo avremmo trovato o no. Insomma piccole fatiche quotidiane, piccole conquiste.
Il mondo girava più lento ma girava meglio?

Per me sì.

Wenn weiß die Farbe des Todes ist, dann ist schwarz die Farbe des Lebens” “Se il bianco è il colore della morte, allora il nero è il colore della vita” - MZ.412 NBS Act I The Begravning

Wenn weiß die Farbe des Todes ist, dann ist schwarz die Farbe des Lebens”
“Se il bianco è il colore della morte, allora il nero è il colore della vita” – MZ.412 NBS Act I The Begravning

Da quello che dici, mi pare emerga una cosa davvero significativa, anche se non è detto che la si comprenda al volo. Il Dynamika come prodotto artistico, non solo musicale, scaturisce dalla voce di uno dell’80, di quella generazione a cavallo di due mondi, che non ha fatto in tempo a far parte di quello prima e che non si sente parte di quello dopo. In questo senso hai voluto fare un omaggio a ciò che è stato e che avresti voluto continuasse ad essere, pur con le opportune modifiche? è stato il canto del cigno di un ambiente musicale e artistico dove la musica e l’arte non erano solo il frutto di una moda, ma erano fondati su dei valori?
Non ho la pretesa di far parte del mondo che fu, del quale mi ritengo già fortunato ad aver visto i rimasugli, determinate cose, certi aspetti. Non dico di averli compresi in pieno, non ho questa presunzione, però qualcosa mi hanno lasciato. Ho parlato tanto con persone più grandi di me che mi hanno trasmesso e insegnato molto e venendo da un contesto come quello sono rimasto legato a certe usanze e certi valori, non solo alla musica. Il Dynamika per me è stato anche uno strumento affinché tutto non morisse da un giorno all’altro, un mezzo per dire a chi veniva dopo cosa c’era stato prima. A mio avviso il prodotto musicale odierno è molto semplicistico, per me la musica vera parte dagli anni settanta e arriva agli anni novanta, quando ci sono stati gli ultimi fenomeni di un certo impatto come il Grunge. Dunque si tratta di qualcosa di commemorativo del passato ma perfettamente cosciente di essere già nei giorni nostri, perché, ripeto, non ho mai avuto la pretesa di essere parte di quegli anni né tanto meno di aver dato il mio contributo a costruirli, tutt’al più sono stato un osservatore degli ultimi strascichi. Ho voluto fare qualcosa a modo mio, correggendo gli errori di altri, rimanendo ben fermo su determinate idee, ad esempio non ho mai voluto che le mie serate andassero fuori dal contesto, difficilmente sono sceso a patti, sono tutt’ora considerato uno stronzo – testuale, sorride di sbieco – nell’ambiente, ma se ho un’idea la voglio portare avanti fino alla fine. O uno comprende la mia visione oppure ciascuno andrà per la sua strada senza discutere o farsi la guerra, che purtroppo nel nostro ambiente è facile a scoppiare.
Dunque nell’ambiente non ce le si dà più per le strade e nei locali come ai vecchi tempi, ma ci sono lotte tra organizzatori?
Sì, anche perché ci si sta moltiplicando troppo velocemente e gli spazi sono ridotti. Ogni fine settimana ci si trova ad avere tre o quattro serate diverse che si accavallano e si sottraggono il pubblico a vicenda, questo perché qualcuno pensa di poter fare l’organizzatore, anche se molte volte non ne ha le capacità. Credo che se uno dimostra di saper fare, prima di andare a organizzare una serata per fare una situazione sopra alla sua, bisogna pensarci bene, perché il tutto si ridurrebbe a una questione di ego, del tipo “se lo fai tu, allora anch’io posso”, ma non è così e i risultati lo dimostrano.
Tu mi dicevi che vieni dalla gavetta.

Lulù

Lulù

Ho cominciato nel ‘95 a fare il pr per le discoteche, i primi dj set nel ‘97 con situazioni neppure a livello locale, ma quasi di quartiere. Ho lavorato per anni anche per locali importanti, facendo la manovalanza più assurda, raccoglievo i bicchieri, portavo il ghiaccio per la macchina del ghiaccio, le pulizie, aiutavo al bar, ho visto e mi sono cimentato in tante cose e attraverso questo percorso ho accumulato un’esperienza preziosa. Non credo che sia intelligente volersi esprimere sempre a tutti i costi, ma bisognerebbe lasciar fare chi sa fare, perché è veramente del mestiere, se poi qualcuno si accontenta di eventi da 50 persone, faccia pure, ma il Dynamika non è nato per questo.
A proposito di gente del mestiere, come si è formato il tuo staff?
Il Dynamika ha iniziato il suo percorso cercando dei dj fissi, resident appunto, in particolare ingaggiando due persone che potessero dare continuità stilistica musicale, non solo nel fissare le date delle serate – abbiamo sempre lavorato il terzo sabato di ogni mese – poi abbiamo deciso di far intervenire dei dj ospiti di altre organizzazioni, cercando collaborazioni. Ci sono numerosissime realtà italiane di questo genere, quindi la scelta è stata ampia. A livello professionale ci siamo affidati a persone d’esperienza che sapessero cosa vuol dire stare dietro ad una consolle, gestire una pista, una serata, quando è ora di cambiare musica e abbiamo ottenuto delle serate di livello piuttosto alto. Un buon 80 per cento della nostra attività è portato avanti dai dj resident, mentre le collaborazioni alle volte si sono rivelate poco felici per via di disaccordi, disappunti anche all’ultimo minuto, siccome l’ambiente è piccolo ma molto competitivo. Pensa che ogni fine settimana, come ti dicevo prima, ci sono 3 o 4 serate, che sono tante per un ambiente di nicchia come questo. Si stringono accordi con qualcuno ma si evita qualcun’altro, si portano alcune bandiere e mai altre: sono cose che nascono naturalmente per competizione, “ci si fanno le serate sopra” gli uni con gli altri per annientarsi a vicenda, anche se di facciata qualcuno sostiene che siamo tutti amici sulla stessa barca.
Avete mai cercato collaborazioni con le band?
Abbiamo sempre puntato sul ballo, quindi noi lavoriamo coi dj, mentre tanti altri staff hanno scelto le band sia locali sia di maggior fama. La nostra decisione viene dal fatto che un cliente può essere interessato al concerto, ma c’è anche tanto pubblico a cui quella particolare band non piace e viene da noi per ballare, quindi per farlo sarebbe costretto ad aspettare la fine del concerto ad un orario improponibile. Anche in questa scelta emerge la nostra impronta. Abbiamo fatto piccoli esperimenti nella sala Dark, li conti sulle dita di una mano, e collaborando con lo staff The Abyss abbiamo fatto concerti Metal ma in quei casi avevamo più sale a disposizione e più persone che ci aiutavano. Mi piace ricordarli perché sono persone di grande coerenza, nonostante fossero uno staff impegnativo. Lo dico simpaticamente perché si sono rivelati degli amici e gente molto matura.
Immagino che non tutti abbiano avuto la stessa correttezza negli anni.
Sono stato additato come uno che porta avanti le proprie idee senza scendere a tanti compromessi e l’ho pagata prendendo spesso dei nomi, ma ho voluto mantenere la mia linea, cosa che non tutti riescono a fare per scelta o per incapacità. Non sono in grado di farlo, dato che magari, affinché la loro serata riesca bene, devono avere il sostegno organizzativo o numerico di altri staff, il che li costringe a compromessi. Naturalmente si può fare, ma credo che ci sia un limite anche in queste cose. Io ho interrotto collaborazioni con alcune persone perché ho ritenuto che non ci fossero più dei punti d’incontro. E’ ciò che ho fatto all’inizio quando mi staccai dallo staff dove ero semplicemente manovalanza per iniziare il mio percorso. Non ebbi buone parole da loro anche perché incontrai il favore di locali che

Alle e Lulù

Alle e Lulù

avevano scelto di non ospitare più lo staff da cui provenivo e anche in quello i social network hanno fatto la loro parte nel dispensarmi aspre critiche e addirittura insulti da parte di persone che non hanno mai accettato le mie proposte, ma che di fatto hanno poi dovuto copiarle, anche se malamente, per una minima riuscita delle loro serate. Ovviamente c’è chi nega anche questa evidenza. Poi ho avuto a che fare con gente con cui forse non sono stati ancora formalmente chiusi i rapporti, ma è solo una pura formalità, siccome hanno tentato di sabotare il mio lavoro col Dynamika, cercando di logorarlo e smembrarlo dall’interno, oltretutto dopo che erano stati da noi ospitati a seguito di una loro richiesta d’aiuto, perché le loro serate non avevano più il successo di una volta. Noi, però, avevamo già i nostri dj resident, che per loro potevano essere un problema ed ecco quindi che hanno cercato di toglierli di mezzo, gettando zizzania sulla base di falsità, ma fortunatamente il Dynamika aveva già raggiunto una tale sintonia da vanificare un piano del genere. Io dico che se vieni a casa mia, stai alle mie regole, altrimenti te ne vai.
Quali sono le serate più importanti dell’anno per il Dynamika?
Senz’altro quella del capodanno. Ne abbiamo già organizzate 4 di enorme successo, di volta in volta sempre più gettonate, partendo con la prima da 400 persone e crescendo fino a 600 persone con quella del 2015. Considerando che le attrazioni erano sempre le consolle, in questi casi abbiamo collaborato proficuamente con altri dj. E poi c’è la Total Noir.
Già, la Total Noir… spiega un po’…
Il 17 settembre 2016 proporremo la terza Total Noir, un evento che va un po’ fuori dagli schemi, ma non dal punto di vista artistico, al quale vogliamo rimanere fedeli. Già il nome la presenta in un certo modo, il Nero Totale. Per spiegarmi devo partire dal nero che permea questo ambiente, dall’immagine di uno staff, all’abbigliamento della gente ad altre cose che suggeriscono un aspetto tenebroso, oscuro. Bisogna capire cosa aggrega tutte queste persone in un ambiente come il nostro, per comprendere cosa vuole comunicare il Dynamika con questa serata. Il Nero è qualcosa che abbiamo dentro, un modo di pensare, di vivere la vita. Ad un funerale uno si veste di nero perché è il colore del lutto, ma nella cultura asiatica il colore del lutto è il bianco perché ricorda il colore dei cadaveri, in altre culture è il rosso perché è il colore del sangue. Il nero in queste culture è visto come il colore della rigenerazione, il punto da cui tutto nasce, da cui tutto parte. C’è poi un’inclinazione verso gli aspetti esoterici e spirituali della vita, ma si tratta di aspetti molto positivi. Per noi è fuorviante e non ci appartiene la visione del nero come qualcosa di necessariamente negativo. Anche un prete veste di nero ma nessuno lo condanna per questo. Un abito elegantissimo può essere nero, ma non deve essere necessariamente da lutto, anzi può essere indicato per una festa. L’accostamento del nero dei vestiti con gli accessori, le borchie, le magliette e le toppe di certi gruppi aumentano i malintesi, ma tenete presente che non siamo più negli anni ‘80 e non c’è più quella guerra perenne, lo scontro dell’epoca, l’anelito di combattere il sistema partendo dallo stile. Il Nero significa far parte di un mondo e portarselo dietro. La nostra serata è proprio questo: noi siamo il Total Noir. Ma bisogna vederlo nel modo giusto, infatti la grafica dell’evento è estremamente semplice, minimal ed elegante, non replichiamo simboli particolari, fa parte di uno stile che ci appartiene e nel quale viviamo, molti di noi serenamente, altri no purtroppo. In una parola il Total Noir è un mood. Sarà una serata particolarmente interessante, perché avremo tre piste da ballo a disposizione, quindi proporremo tre generi e la gente avrà molta scelta, non cadrà certo nell’avvilimento del nero funereo, anzi potrà venire da noi e dire: “Da qui parte tutto!”

Intervista a cura di Luca Monna

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