Ieri sera, al Comunale di Cormons, ho potuto assistere a “Can Can”, l’operetta americana (e questo l’etichetta da subito) proposta in versione italiana dalla Compagnia Corrado Abbati. Quasi due ore soprattutto di musica ben eseguita (ma registrata) di Cole Porter. E qui devo dire che non ho compreso allora l’ambientazione a Parigi della “trama” (assolutamente inconsistente): il sapore di musical tipicamente newyorkese e persino alcune insinuazioni di jazz hanno un pò urtato la mia esigenza di tradizione.Ma tant’è: così è stata voluta e creata da Porter e nessuna colpa può avere la Compagnia Abbati.
La Belle Epoque, dove trionfò il can can richiama Francia, Parigi, Montmartre e di là non si sfugge. Il Can Can fu danza scatenata, nata dalla fervida creatività musicale di Jacques Offenbach (ne fu inserito uno anche alla fine della famosissima Danza delle Ore di Ponchielli, nell’opera “La Gioconda”), poi uno spettacolo di grande successo a Broadway, con 5 anni di repliche alle spalle, infine un film con Frank Sinatra, Shirley Mc Laine, Louis Jourdan e il grande Maurice Chevalier.
Chi non ricorda le deliziose canzoni: I love Paris; C’est Magnifique; Let’s Do it..?
La nota veramente negativa di questa produzione è che non si è vista una brochure di sala, un programma fornito dalla Compagnia nè sono riuscita a trovare il nome degli interpreti nemmeno cercando sul link della Abbati! Peccato perchè la Signora che apriva il primo quadro meriterebbe d’essere citata per la splendida voce, l’estensione vocale e la bella ironia che ha caratterizzato il suo personaggio (la moglie del Giudice interpretato da Abbati); il rammarico è anche nel fatto che la Signora ha cantato quell’unico brano (titolo? non pervenuto) e poi la sua sonorità ha spiccato nuovamente solo nel coro finale. Abbati, sobriamente elegante ed ironico, in sicurezza di mestiere. Ma…gli altri? Chi sono? Come citarli?
L’altra voce decisamente adatta al ruolo, quella del secondo Giudice: nitida e gradevole. Bravo Signor…..!
Stenderei un velo sulle coreografie chiaramente adattate al corpo di ballo: carine e volonterose le ragazze, incerti e meno dotati i ragazzi. In compenso gradevolissimo il risulato dei brani corali in cui tutti gli artisti si sono cimentati. Le scenografie avrebbero bisogno di una ripassata di manutenzione (la scala semicircolare sul fondale sarebbe stata un ottimo pretesto per movimentare regia e coreografie) mentre i costumi li ho trovati molto belli e curati…forse un pò esagerati nei colori ma si sa, il can can è una danza un pò sguaiata e così tutto il suo contorno. Della trama non dico perché “fragile”: che il Can Can fosse sempre nell’occhio del ciclone della società dei benpensanti è cronaca dell’epoca e Porter l’ha usata solo come contenitore di canzoni gradevoli. Il pubblico, numerosissimo, ha apprezzato comunque lo spettacolo, più di me.
Cynthia Gangi
© Riproduzione riservata