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CALCIATORI: CHI E’ FUORI DAL MONDO? NOI O LORO?

La prima giornata di campionato salterà a causa dello sciopero dei calciatori contro gli articoli 4 e 7 della bozza di contratto collettivo con la Lega di serie A. Oggetto del contendere sarebbero le modalità di gestione dei giocatori fuori rosa ed il contributo di solidarietà previsto dalla manovra economica del governo. Punto uno: che non si giochi non ci interessa nulla, basta mettere da parte la morbosità da tifoso e possiamo andare a giocare con gli amici e perdere qualche chilo, stare in famiglia o comunque in compagnia migliore rispetto ai “dotti” opinionisti dei post partita. Punto due: la questione è molto importante perché descrive un sistema “malato”, approfondiamo: l’operaio, il professionista, il dipendente che sciopera rinuncia a una fetta di guadagno proporzionale all’astensione dal lavoro per protestare contro una decisione che ritiene ingiusta: vale lo stesso per i calciatori? Certamente i calciatori sono dipendenti e spesso quelli delle categorie inferiori sono dipendenti disagiati perché percepiscono il salario a singhiozzo o per nulla (motivo dello sciopero scongiurato in Spagna) ma non è questo il caso in questione. Lo “sciopero” varrà per le gare di serie A, quindi per l’elite del calcio italiano dove il più povero guadagna anche più di un medico, andiamo più nel dettaglio: nel 2010 una società come il Milan ha speso per garantire pane e acqua alle sue stelle 130 milioni di euro all’anno, l’Inter 120, la Juventus 100 fino all’Udinese che è arrivata a 18 e ultimo il Cesena a 8; ponendo che ogni rosa sia composta da 40 giocatori risulta che il salario medio del Cesena è 200 mila euro mentre quello del Milan è 3 milioni. Sappiamo che sono le leggi di mercato a comandare quindi i contratti sono determinati dalla domanda e dall’offerta ma la Legge non è, ancora, competenza del mercato ma del Parlamento e questa dice che sono le persone fisiche dipendenti delle società di calcio a dover concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Non stiamo parlando di una categoria di lavoratori che lottano per diritti fondamentali ma di una lobby potentissima che vuole garantiti privilegi ingiustificabili come pretendere che siano le società e non loro a pagare il contributo di solidarietà previsto da Tremonti. Alcuni dicono che la carriera degli “eroi” del pallone duri solo una decina di anni quindi la loro remunerazione sia quasi un’assicurazione ma chi sostiene questa tesi dimentica un particolare molto più importante come la posizione e le conoscenze che un atleta può acquisire durante quei fatidici dieci anni, “agganci” che gli garantiranno un’occupazione di rilevante soddisfazione economica una volta appesi gli scarpini al muro. Facendo una stima al ribasso il calciatore medio che domenica non lavorerà ha il potere economico annuale pari a più di cento operai, più potere comporta più responsabilità ma in questo cosa non ci sembra che questa regola di buon senso sia stata rispettata. Il rappresentante dei calciatori Damiano Tommasi ha dichiarato che la Lega di serie A ha rifiutato tutte le proposte avanzate compresa quella di un accordo ponte di un anno per trovare una soluzione condivisa, buone intenzioni certo ma inadeguate alla situazione delle parti. Stiamo infatti parlando di un’industria del divertimento basata sugli introiti delle televisioni e degli sponsor che cercano di conquistare il maggior numero di consumatori da 18000 euro l’anno. Proprio loro sono i protagonisti di questa gigantesca macchina, proprio noi dovremmo spegnere il telecomando, lasciare lo stadio, indignarci davanti alla pretesa di proteggere il benessere particolare a discapito di quello diffuso e generale. Il nostro giornale, Il Discorso, per un mese non pubblicherà nessuna notizia su questo calcio SpA dei giullari perché, sebbene il mondo del pallone abbia un ruolo di distrazione e sfogo delle masse addomesticate e quindi garantisca un certo ordine sociale, questo non significa che non si possa protestare contro i capricci nel rispetto di realtà molto più critiche.

Federico Gangi
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About Federico Gangi

Pubblicista iscritto all'albo Fvg dall'aprile 2013. Diplomato al liceo classico “J. Stellini”, laureato in Legge alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trieste. Ideatore della Fedarmax e di Brainery Academy, co-fondatore e promotore del giornale on-line Il Discorso, di cui è direttore editoriale.

2 commenti

  1. Ovviamente sono pienamente d’ accordo con il recensore dell’articolo. E’ ora di dire basta non solo alla politica dell’apparire, ma a tutti quei fenomeni che in barba alla di solidarietà, continuano con gossip su attricette e attori e con varie notizie di “bengodi” ad insultare un popolo affamato e preso in giro quotidianamente da chi si è arricchito senza ritegno e senza scrupoli sulle spalle di tanti onesti lavoratori.

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