Dopo Copenhagen il Css 36 offre ai suoi spettatori una produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, La domanda della regina (regia di Piero Maccarinelli) e porta così di nuovo in scena la scienza, rendendo onore sin dal principio a Copernico, Darwin e Freud per poi convergere su Keynes e concentrarsi su economia e crisi finanziarie.
Il dialogo tra i due ultimi commensali di una cena per l’inaugurazione di una libreria è lo strumento per riflettere sui confini labili delimitati dallo spazio di un millisecondo, che può costituire a volte la differenza tra vita e morte. O più semplicemente può succedere che per la fretta di chiedere scusa ci si carichi di colpe che non si hanno, o che una spiccata propensione al risparmio, se vista come incapacità di spendere o consumare, diventi una colpa quando il capitale si volatilizza per non essere riusciti a vendere un attimo prima.
Il confine del “perdere tutto” dipende però dal punto di osservazione: è certo una questione di numeri ma il peso specifico può essere diverso. Sono di più i diciotto milioni di sterline persi dalla Regina Elisabetta in occasione del crack della Lehmann Brothers o i novantamila euro risparmiati dal giovane Dario (Emanuele Fortunati) con il suo lavoro in palestra e come pubblicista?
Non è la sola domanda cui volutamente non si danno risposte. Un po’ come i temibili futures, prodotti finanziari con cui si prova a dare certezza al futuro ma che un po’ somigliano alle scommesse ippiche, le barriere tra l’oggi e il domani vengono sostituite da porte scorrevoli, le sliding doors di provenienza cinematografica più volte richiamate dall’altro protagonista maschile, un attempato professore (Francesco Migliaccio). Forse l’unica certezza è che le otto persone più ricche al mondo dispongono delle stesse risorse finanziarie della metà più povera della popolazione mondiale. Il sopraggiungere di Anna/Lisa (Ester Galazzi), “un po’ lepre e un po’ anatra” (il testo richiama la celebre immagine di Wittgenstein) amplifica ulteriormente il divario tempo/spazio creato da una frazione di secondo in più o da un punto di osservazione diverso.
Un plauso agli autori del testo (Giuseppe Manfridi e Guido Chiarotti) che danno un’anima e rendono fruibili a tutti una serie di citazioni e riferimenti in ordine sparso che trovano un chiaro filo conduttore.
maria teresa ruotolo