venerdì , 29 Marzo 2024
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Pienone al Castello per “ANESTESIA TOTALE”

Cosa rimarrà delle nostre istituzioni dopo il danno berlusconiano? Cerca di rispondere a suo modo a questa domanda Marco Travaglio, giornalista, polemista ironico, vicedirettore del Fatto quotidiano, collaboratore fisso di Annozero di Santoro, super documentato, e molto virulento. Lo fa nello spettacolo, Anestesia totale, che ieri sera ha fatto il pieno in piazza castello ad Udine, sotto la splendida organizzazione della Azalea Promotion Srl. Delle poltrone sistemate sotto il palco allestito nella solita magnifica atmosfera del cortile del Castello di Udine non ne era rimasta una sola vuota, quindi i 2500 o 3000 posti disponibili erano tutti in attento ascolto di questa cronistoria degli ultimi 15 anni della seconda Repubblica.  Con l’ arresto di Craxi e la caduta della prima repubblica ci  chiedevamo  cosa ci era successo,  con cosa ci avevano addormentato, come avevamo potuto abbandonare ogni controllo, ogni capacità critica.  Ma ora con la seconda esperienza di repubblica basata sul berlusconismo  le possibili conseguenze in un futuro ravvicinato non sono ancora tutte realizzate e ci sentiamo completamente anestetizzati.
Non interessa a Travaglio la scomparsa eventuale di Berlusconi. Non lo nomina mai o quasi . Ma illustra con sarcasmo il sistema che ha messo in piedi. Quello in cui chi vince prende tutto, non governa ma comanda, sceglie i controllori, i giornalisti, che non devono porre domande ne dare risposte ma solo eseguire gli ordini del capo. Si parla tanto  di disinformazione, e delle costanti azioni usate per creare la macchina mediatica della bugia di come funziona la macchina della manipolazione. Affidati alla voce di Isabella Ferrari, attorno ai momenti bui raccontati dal giornalista, ci sono stati degli sprazzi di luce, con la voce di Indro Montanelli ed il suo grido di resistenza all’indipendenza. Isabella Ferrari legge alcuni brani di Indro Montanelli, ne fa ascoltare la bellezza della sua prosa. Fa  sentire cos’era il giornalismo, quando esisteva nella sua massima espressione. Oggi, con disperazione – Travaglio – dice “che  articoli come quelli non potrebbero uscire in nessuna testata”. E’ ricordare che ci sono stati cronisti di quella levatura, quali lo stesso Montanelli, Biagi e tante voci che hanno tentato di farci guardare dentro, di responsabilizzare le nostre azioni pubbliche. L’informazione come è vista oggi dal protagonista della piece è “Fatta da gente con la schiena rotta a furia di inchinarsi. Provo anche a far conoscere un altro giornalismo ai ragazzi nati troppo tardi per incontrare Montanelli o Biagi”. Durante le tre ore ininterrotte di spettacolo si cerca di raccontare come sono avvenuti alcuni fatti e come le bugie sono presentate come verità, come si fa a modificare le cose attraverso le parole. Oggi non ci sono indagini su un politico che ruba,  ma “scontri tra la politica e la magistratura”. L’analisi finale è amara , quasi da sconfitto ma ancora con la speranza che il popolo si svegli da questa anestesia, purtroppo non esiste un medico demiurgo che possa risolvere i problemi. L’antivirus proposto  è un’informazione libera e corretta, fatta dai giornalisti e richiesta dai cittadini come un diritto fondamentale. Arturo Graf diceva: se non ci fossero state tante pecore, non ci sarebbero tanti lupi. Davanti alle circa tremila persone si parla , ovviamente di “lui” Del Cavaliere, unto del signore, in odor di santità. Quel “finalmente” liberatorio pronunciato pure da Indro Montanelli, all’indomani della caduta del primo governo B., grido troppo brevemente assaporato. E’ un’alternarsi di voci questo spettacolo che ormai ha girato mezza Italia dal debutto di maggio. Grande lo spessore recitativo di Isabella Ferrari, che intona chiaro di fronte a un leggio, come fosse una sorta di vangelo laico, le parole del maestro Montanelli. Una scenografia ridotta all’osso, fatta di un’edicola un po’ retrò, a metà tra la Rive Gauche parigina e un’Italia post boom economico, una panchina di legno, poche note di violino, suoni distorti, diluiti, rumori di carta strappata, rimbombi ossessivi: questo il fondale che ospita il passaggio di testimone da un protagonista all’altro del palco. Protagonista è il trasformismo, la “par condicio tra verità e menzogna” che tutto consente, l’ondeggiare disinvolto di un’informazione serva anche di smentire se stessi (il campionario di esempi di B. è noto), di stravolgere i fatti, di plasmare un nuovo linguaggio, l’importante è che sia asservito al Potere che tutto fagocita, e alle necessità di questa sorta di “Truman Show” nel quale la nostra nazione annaspa senza riuscire a sollevare il capo. Tutto è lecito in questa specie di teatro dell’assurdo dove le comparse si chiamano Berlusconi, certo, ma anche Gianni Letta, Bruno Vespa, Daniela Santanchè, Sandro Bondi, Giuliano Ferrara, Gianni Riotta,  solo per citarne alcuni. Il pubblico ride, esplode in applausi quando Travaglio usa l’arma dell’ironia, resta concentrato e assorto nei passaggi più evocativi, soprattutto quando la voce (vera) di Montanelli fa capolino col suo rigoroso piglio di toscano indomito. Perché nel paese del “così fan tutti” rimane solo il grottesco tentativo di difesa, il rimpallo dei burattini della politica tra chi è ladro e chi lo è di più, tra chi è disonesto e chi non può, d’altro canto, scagliare la prima pietra. Come salvarsi da questo virus, quali vie restano?
Resta la via della verità, la forza di un giornalismo che incalzi il potere, lo stani, semplicemente lo racconti. Con una buona dose di coraggio, che ha un prezzo, certo, ma pure la certezza di una finale, riconquistata, libertà. Il giornalista Travaglio si carica sulle spalle una grossa responsabilità. Il pubblico, soddisfatto, lo premia con un parterre gremito,e un lungo applauso. La speranza di un risveglio, forse, esiste, e resiste.

Enrico Liotti  – e[email protected]

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About Enrico Liotti

Giornalista Pubblicista dal 1978, pensionato di banca, impegnato nel sociale e nel giornalismo, collabora con riviste Piemontesi e Liguri da decenni.

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