Suona la sveglia, e stamattina è facile uscire dal tepore delle coperte. Infilo veloce un paio di calzini – anche il linoleum può essere freddo di prima mattina – e subito in cucina a preparare la colazione e i panini per il gruppo. Pane, cipolla, farinata, lattuga e ancora pane. Ogni tanto una mescolata al müsli che pian piano arriva a bollore, profumando la cucina di mele e cannella.
Quanto farà freddo a Trieste?
“Prevedono 4°C, ma la percepita sarà intorno allo zero.”
Saliamo in macchina, sistemandoci tra sciarpe, zaini, giacconi, bandiere e striscioni. Si parte.
Campi, fabbriche e case scorrono dietro il finestrino. Poi, infine, il mare. Il traffico di Trieste ci inghiotte, qualche svolta a vuoto, nel tentativo di aggirare la zona rossa, poi finalmente parcheggiamo.
Le rive, pressoché deserte, offrono uno scenario al limite del surreale mentre, con passo spedito e le bandiere al vento, raggiungiamo piazza Sant’Antonio costeggiando le transenne. Girato un ultimo angolo le prime bandiere colorate ci accolgono, qui e là una faccia amica, un cenno di saluto, un sorriso. La piazza in poco tempo è gremita e presto le note di Čajkovskij ci avvolgono.
Eccoci qui: ragazzi e ragazze, uomini e donne (e chi sta nel mezzo), eterosessuali, omosessuali, bisessuali, transgender e queer in piazza per manifestare – in occasione del vertice italo-russo che si tiene oggi a pochi metri da qui, in piazza Unità a Trieste – il nostro rifiuto di accettare i soprusi causati dall’amministrazione Putin in Russia,
Sul piccolo palco improvvisato salgono uno dopo l’altro gli organizzatori della manifestazione (Andrea Tamaro e Giacomo Deperu, Clara Comelli, Antonio Parisi, Daniel Saiani e il nostro presidente Alessandro Baldo), Elena Toffolo e Flavio Romani, presidenti nazionali di Arcilesbica e Arcigay, e infine Vladimir Luxuria, madrina d’eccezione di questa bella giornata. Sotto le loro parole una bandiera arcobaleno gigante copre la folla, gonfiata dal vento e dalle mani alzate verso il cielo dei manifestanti.
In questo momento – mentre noi ascoltiamo le parole appassionate degli oratori, mentre Putin e Letta discutono di accordi commerciali e intergovernativi – centinaia, migliaia di persone gay, lesbiche, bisessuali, trans* e queer in Russia temono per la propria incolumità, rischiano di venire multat* o arrestat* solo per essere se stess*, grazie a leggi liberticide come quella che punisce la “propaganda dei rapporti non tradizionali ai minori” (legge talmente vaga da permettere di colpire chiunque possa dare fastidio a qualcuno), rischiano di venire picchiat*, insultat* e minacciat* solo per il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere.
Ecco per chi siamo venuti tutti in piazza oggi: per i nostri fratelli e sorelle russi che soffrono nel silenzio dei grandi media, per dare loro voce in questo momento buio.
Uno dopo l’altro, si susseguono gli interventi dei rappresentanti delle associazioni che hanno aderito alla manifestazione, piano piano questo bell’incontro volge al termine, lasciando i partecipanti ebbri di una singolare eccitazione, al confine tra la soddisfazione per una manifestazione ben riuscita e l’agghiacciante brivido nel confrontare l’attuale situazione russa con quella di altri momenti storici, con altre leggi liberticide e discriminatorie che hanno portato terribili conseguenze.
E allora ecco il mio auspicio, che giornate come queste possano diventare un faro nella nebbia, una piccola luce che ci ricordi che, unit* e con costanza, possiamo davvero fare la differenza, un piccolo passo dopo l’altro.
Parole di Andrea Regina, musica (o meglio foto) di Sara Rosso, componenti dell’Associazione Universitaria Iris
Rudi Buset
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