Quando le porte del teatro si aprono gli attori sono già sul palco, quasi ad attendere – impazienti – che gli spettatori prendano posto. E’ “Una tomba per Boris Davidovic” lo spettacolo del regista Ivica Buljan tratto dal libro di Danilo Kiš che è andato in scena al teatro Ristori di Cividale nell’ambito di Mittelfest 2014. Danilo Kiš è uno dei più importanti scrittori della ex-Jugoslavia che ha dovuto lasciare la terra d’origine a causa delle controverse reazioni che la pubblicazione del libro ha provocato in ambienti legati al regime totalitario.
Lo spettacolo è ambientato in terra balcanica, nel periodo stalinista, e i sette racconti sembrano essere sette modalità con cui l’autore vuole rappresentare la sopraffazione dell’uomo sull’uomo: si tratta di individui connotati da forti ideologie che pongono la propria vita al servizio di un progetto rivoluzionario, chi cerca di conservare la dignità nella caduta e nella morte, chi di imporre la giustizia “stalinista”. Storie apparentemente diverse ma legate dai sentimenti di repressione e ossessione.
L’atmosfera è cupa, scura, quasi oppressiva. Gli attori danno voce ai sette racconti i cui si dipana la storia e qualche musica e canzone inframmezza la narrazione, quasi un respiro, una pausa prima di ricominciare. Bravi gli attori che diventano a seconda della situazione, musicisti o cantanti con estrema naturalezza. Una co-produzione serbo-croato-slovena, in lingua originale con sovratitoli
in italiano che però mette a dura prova l’attenzione degli spettatori costretti, durante i centodieci minuti dello spettacolo, ad alternare lo sguardo tra la partitura in alto sullo schermo e gli attori sul palco.
in italiano che però mette a dura prova l’attenzione degli spettatori costretti, durante i centodieci minuti dello spettacolo, ad alternare lo sguardo tra la partitura in alto sullo schermo e gli attori sul palco.
Mettendo in cartellone “Una tomba per Boris Davidovic” Mittelfest ha reso omaggio, ancora una volta alla ex Jugoslavia, terra che con grandi sforzi sta cercando di chiudere con il suo passato non troppo remoto fatto di guerre, distruzioni, genocidi, per entrare a testa alta nel futuro che si chiama Europa.
Maria Teresa Ruotolo