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Equità a “18” gradi

La parola “equità” aveva portato il consenso popolare a sugellare l’entrata a Montecitorio di Mario Monti. Putroppo però, come predetto dai più scettici, lo slogan che ha fatto del governo Monti uno dei più graditi degli ultimi tempi, ha presto perso il potere ed il fascino sulle idee proposte, sempre più calate negli interessi di parte della vecchia politica. Mi piace pensare che Monti non possa svolgere il suo compito esattamente come vorrebbe, intrappolato com’è in una maggioranza sostenuta da forze politiche contrapposte. Oltre alle mie opinioni c’è tuttavia la realtà di una mediazione tra interessi particolari che spesso porta a risultati tutt’altro che equi.

La polemica di questi tempi volge in paticolar modo sulla riforma del mercato del lavoro e sulla modifica dell’articolo 18. Di fatto il mercato del lavoro nel nostro paese necessita di una revisione, e su questo punto tutte le forze in campo si trovano d’accordo. Ovviamente le modalità d’intervento non sono condivise. C’è chi sostiene che l’articolo 18 sia il principale freno agli investimenti di aziende estere in Italia e che quindi ci tenga ancorati alla recessione. Si propone dunque, tra altre cose, di abbassare le tutele dei lavoratori dipendenti a favore di una maggiore flessibilità in uscita. Le indiscrezioni di questi giorni parlano di licenziamenti per motivi economici piuttosto facili, e i dipendenti licenziati, oltre a qualche mensilità, sembra non godranno nemmeno dei contributi corrispondenti. Pare che per far ripartire la macchina industriale italiana sia necesserio rinunciare a parte dei diritti corrisposti ai lavoratori, insomma sembra serva spostarci verso delle condizioni lavorative più simili a quelle di molti anni orsono o dei paesi in via di sviluppo.

Il mercato italiano però ha molti altri problemi non facili da ricondurre all’articolo 18 che, pur avendo i suoi costi per le aziende, fornisce sicurezza e protezione ai dipendenti consentendo al mercato di non fermarsi. Se Marchionne ci avvisa che per la Fiat è stato un mese nero, non ha di che stupirsi. Se la gente non lavora o non ha la certezza di riprendere presto a lavorare di certo non investirà i propri risparmi in auto nuove. Forse, dicevo, i problemi più profondi che tengono lontani gli investitori dal nostro territorio sono altri, come per esempio la burocrazzia mastodontica o la tassazione esagerata, o magari, per parlare del sud (ma non solo), la capillare presenza delle mafie.

Tutelare diversamente i lavoratori dipendenti ha certamente senso in un’ottica di sviluppo futuro. Prendere esempio dal mondo del lavoro tedesco o americano non è sbagliato, ma ricondurre all’articolo 18 gran parte dei nostri attuali problemi significa avere una visione parziale della realtà che finirà per penalizzare, alla faccia dell’equità, le fasce più deboli di popolazione.

Luca Artico

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