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“La voce d’Impastato”: per una cultura della legalità. Un grido più che una voce.

Perché interessarsi a realtà sociali che non ci coinvolgono direttamente, se non contaminano l’orticello di casa nostra? Perché scegliere di rivelare le zone oscure della mafia se non si risiede in una regione che, almeno patentemente, sembra non essere fino al midollo divorata dal cancro della malavita? Perché far esplodere un grido di legalità e di denuncia nei confronti della criminalità organizzata, anche in Friuli, può servire a non dimenticare le battaglie contro la delinquenza che hanno condotto alcuni coraggiosi, voci fuori dal coro, fino a rompere quel silenzio che i clan propugnano come comandamento principe e necessario per natura alla loro sopravvivenza.

Ivan Vadori, giovane giornalista pordenonese, laureato in scienze e tecnologie multimediali presso l’Università di Udine, ricco di un’esperienza nella direzione dell’associazione “Annaviva” nata in memoria della giornalista Anna Politkovskaja, relatore di incontri sulla giustizia e la conformità alle leggi in diverse scuole primarie e secondarie, nonché fondatore del presidio di “Libera” di Pordenone, ha deciso di scagliare quell’urlo che purtroppo altrove, in Italia, per anni, nessuno ha avuto l’ardire di far risuonare: conscio di avere una posizione privilegiata proprio perché libero di potersi esporre senza incorrere nel rischio di dover pagare anche con la rinuncia alla vita, ha voluto ricordare l’esperienza di Peppino Impastato come pioniere nella lotta contro la criminalità organizzata.

“La voce d’Impastato”  è un documentario che nasce proprio con l’intento di restituire la parola a quel giovane siciliano che, seppure proveniente da una famiglia macchiata dalla reità mafiosa (il padre Luigi e lo zio Tano erano membri di Cosa nostra), denunciò gli affari sporchi dei boss affiliati con toni irriverenti e sarcastici tramite il programma “Onda Pazza”, che conduceva a “Radio Aut”, con la finalità di creare controinformazione nelle località di Cinisi e Terrasini, dove Gaetano Badalamenti imperava assoggettando l’intera zona; le critiche dell’attività mafiosa di cui conosceva ogni retroscena gli costò la vita e di questa infelice fine, com’è facile dedurre, sono emersi i particolari soltanto recentemente grazie alla determinazione del fratello Giovanni e della mamma Felicia, che hanno contrastato tenacemente i depistaggi relativi alla risoluzione dell’assassinio.

Il progetto di realizzazione del documentario ha in realtà per ora la forma di un cortometraggio, “Radio Aut. Grido di legalità nell’era del web 2.0” con la regia di Ivan Nadori e la co-regia di Filippo Baracchi,  : oltre a manifestare l’importanza del mezzo di comunicazione della radio e delle sue potenzialità, anche in un contesto sociale in cui il web sembra essere il più utile e titanico medium (ci si riferisce infatti alle disastrose conseguenze del maremoto del marzo 2011 di Fukushima Daiichi, durante il quale, nell’impossibilità di mettersi in contatto con cellulari e computer, la radio ha costituito l’unico ponte per le segnalazioni), riporta le autorevoli testimonianze di chi ha conosciuto personalmente Peppino Impastato e di chi, in qualche modo, ne ha avuto contatti. Dal 2010, in memoria dell’attivista scomparso nel 1978, sul web è ora presente “Radio 100 Passi”: benché nata sulla scia di questa vicenda, non intende riproporre l’esperienza di “Radio Aut”, ma diversamente garantire libera informazione riguardo alla mafia, la politica, l’attualità, la cultura, anche la musica.

La storia di Impastato è piuttosto nota, ma oggi, in un contesto in cui la corruzione e la criminalità sono ancora il male oscuro della società, urge sempre più essere informati su quanto è già stato per poter comprendere meglio ciò che accade nel qui ed ora e poter evitare risoluzioni negative; proprio per questo il giornalista Ivan Vadori, questa volta nella veste di regista, sta preparando un approfondimento arricchito da interviste di protagonisti impegnati in prima linea nella diffusione della cultura della legalità, di esperti e di professionisti; fra gli interventi vi sono infatti le voci di Antonella Mascari, giornalista del “Fatto Quotidiano”, don Ciotti, presidente di “Libera”, Nando Dalla Chiesa, sociologo, e Carlo Lucarelli, reporter. L’obiettivo è quello di produrre un lungometraggio la cui uscita è prevista per la primavera di quest’anno, proprio a 35 anni dalla morte di Peppino, ed in programma vi è già la partecipazione al festival “Le Voci dell’Inchiesta-2013”, edizione dedicata non a caso alla radio.                                                                                                                                                                            

Ciò che merita ulteriore attenzione è il fatto che grazie al crowd-funding (processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone ed organizzazioni, n.d.a.), l’iniziativa può essere sostenuta dal basso anche attraverso un contributo minimo, per cui ognuno, a suo modo, può essere compartecipe della diffusione di una cultura della legalità, pur rimanendo entro l’orticello di casa sua. Perché interessarsi a realtà sociali che non ci coinvolgono direttamente? La risposta è questa. 

Ingrid Leschiutta

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