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Casa Picech di Cormons: la semplice passione del vino
Picech Localita' Pradis 11. 34071 Cormons (GO) © foto di Simone Ferraro

Casa Picech di Cormons: la semplice passione del vino

Questa settimana vi portiamo nella cantina Picech di Cormons in loc. Pradis 11 di Roberto Picech.

L’azienda è immersa nei vigneti sotto una splendida collina, ci accoglie in maniera molto calorosa Roberto, che ci fa sentire ben voluti anche in una giornata piovosa d’autunno come oggi.

Se dovessi abbinarlo ad un vino, lo paragonerei ad un Merlot di struttura, all’inizio viene fuori il suo carattere deciso, ma poi col tempo rilascia la sua morbidezza.

Qual è la storia della cantina?

Noi siamo qui dal 1920, con mio nonno, mio padre, ma fino agli anni sessanta eravamo mezzadri, quindi le uve che venivano prodotte erano conferite al proprietario e la cantina in quel caso era una villa in centro a Cormons. Dal ‘63 mio padre e mia madre sono riusciti ad acquistare la casa, che non era quella che vedi in questo momento e i primi 4 ettari di vigneto, da lì è iniziato il percorso col marchio Picech.

Ho preso ufficialmente e legalmente in mano la cantina dal 1989, anche se ufficiosamente ci sono sempre stato, perché ho finito le medie e da subito ho iniziato a lavorare. Dato che mio padre era  in là con l’età, io a 14 anni ho preso in mano le redini della situazione e da subito ho guidato addirittura il trattore.

Da cosa nasce la tua passione per il mondo vitivinicolo?

Diciamo che il tutto mi è piombato addosso, non è stata una scelta libera perché a 14-15 anni è stata una scelta pressoché imposta. A quell’età non ho avuto tanti ricordi felici, la passione è arrivata quando ho iniziato ad approfondire il discorso del vino, quando a 17-18 anni tramite alcune amicizie ho iniziato a girare il mondo del vino. Posso dire che la mia passione è venuta lavorando, dividendomi poi con altri vari lavori, dato che all’inizio la situazione economica della cantina non era così florida, poi pian piano ho trovato la mia linea e una stilistica ben precisa per fare il vino.

La prima volta che ho selezionato l’uva potandola per fare il merlot, l’ho fatto di nascosto, perché non lo vedesse mio padre, perché lui non veniva moltissimo in vigna dato che aveva problemi di deambulazione. Un paio di giorni dopo che io avevo selezionato l’uva dal filare, lui propose di andare a fare un giro in vigna col trattore e lì sono sbiancato, cercando in tutti i modi di non farlo andare, ma poi lui si è vestito, siamo andati in linea e ha visto l’uva per terra. Abbiamo fatto una bella litigata, però quel giorno forse ha capito che avevo fatto bene, assaggiando poi il prodotto finale, dato che avevo fatto selezione e avevo lasciato su solo le uve migliori.

Una volta con 4 ettari facevano 400 ettolitri di vino, adesso io con 8 ettari faccio 350 ettolitri e lì c’era una grande differenza, dato che ho scelto un’altra strada, che è quella della qualità.

Nel tempo c’è stato un cambio di gestione della vigna, dato che nei tempi passati si lasciava su tutti i raspi d’uva, anche quelli meno maturi e promettenti, poi andando avanti con gli anni s’è capito che fare selezione delle uve portava a una maggiore qualità del prodotto ma con una minore resa.

Ancora oggi chi mi viene a dare una mano in vigna della vecchia generazione, per potare le uve, fa fatica a fare selezione dei grappoli, dato che negli anni passati c’era la convinzione di lasciare su tutti i grappoli.

All’epoca avevo più facilità a lavorare con le persone giovani, perché gli passavo la nuova filosofia di fare selezione delle uve, rispetto a chi era più avanti con l’età e ha fatto parecchie vendemmie.

Qual è la filosofia della cantina?

Siamo biologici da sempre, certificati da 10 anni, però non riesco a scriverlo in etichetta perché siamo circondati da terreni che non hanno biologico a loro volta, poi i confini sono abbastanza stretti e mi devo arrangiare con quello che ho.

Non abbiamo risvolti biodinamici, siamo favorevoli alla biodiversità, perché lasciamo il terreno molto spontaneo, lasciamo i prati stabili, non usiamo concimi chimici da più di 20 anni e stiamo molto attenti nella potatura.

In questi anni stiamo cercando di cambiare i vecchi concetti della tradizione, cercando nuovi approcci più moderni. Tutto fatto nella maniera più semplice possibile, lasciando le piante più tranquille possibile, senza andare a spingere sulla produzione dell’uva. Cerchiamo di intervenire solo nel terreno salvaguardandolo, cercando di mantenere lo strato superficiale sempre integro, dato che è il nostro patrimonio, perché la vita è presente nei primi 50 cm. Andando a fare sbancamenti esagerati rischi di comprometterla, rovinando una biodiversità che si è costruita negli anni.

Qual è il prodotto della cantina in cui credi di più?

Nonostante sia una zona di vini bianchi, dato che la produzione di bianchi nella mia azienda è intorno al 80%, con Malvasia, Ribolla, Friulano, Pinot bianco eccetera ma il vino è in cui io credo di più e il Collio bianco, che è un uvaggio tipico di queste zone. E’ un assemblaggio di Ribolla, friulano e Malvasia, che esce dopo 5 anni dalla vendemmia, anche perché è un vino che facciamo dal ‘95, che ha un percorso storico alle spalle, che ci ha portato a una scelta di uscire con queste tempistiche dalla vendemmia.

Io credo molto nei vini autoctoni, dato che ho estirpato il Sauvignon nel ‘92, non ho mai avuto Pinot Grigio, l’unico vitigno internazionale che tengo, perché qua c’è da sempre e il Pinot bianco di cui io sono un grande appassionato. Il pinot bianco in queste zone è arrivato nell’Ottocento , grazie anche a Villa Russiz, poi ci sono in questo territorio delle aziende che l’hanno portata a livello altissimo, tra cui la stessa Villa Russiz, Doro Princic, Schiopetto, sono aziende che già dagli anni 70 parlavano di grandi vini bianchi.

Come vedi il mondo del vino e che posto ha il Friuli al suo interno?

Il Friuli secondo me ha perso tante e troppe occasioni per essere un brand al top, il Collio ha fatto lo stesso. Un’altra occasione persa è stata quando c’è stato il cambio da Tocai a Friulano, che poteva approfittare di quel momento per diventare veramente un vino bandiera del Friuli. Un’altra mancanza è stata la Ribolla Gialla, che per seguire il trend del prosecco è stata vinificata in mille modi diversi e quindi il cliente si trova confuso da questo, non rispettando poi l’identità di questo magnifico vino.

Il Friuli è ricco di varietà viticole e c’è nella mentalità dei vignaioli, soprattutto in quella della vecchia guardia, la concezione di voler accontentare tutti piantando un po’ di tutto, facendo cosi però non si accontenta nessuno perdendo poi la propria strada.

Come ti vedi tra 10 anni e come vedi la tua azienda?

Sicuramente mi toccherà lavorare per 10 anni, perché i miei figli sono ancora molto giovani e comunque non farò l’errore che hanno fatto i miei, di dargli l’azienda a tutti i costi in mano, quindi faranno le loro scelte cercando magari di seguire le loro passioni.

Il mio sogno non può essere il loro sogno, perché loro hanno bisogno di farsi le loro idee e poi sceglieranno loro la strada che vogliono seguire.

Noi punteremo molto nel far uscire i vini sempre più tardi rispetto alla vendemmia, abbiamo già iniziato con le riserve che escono dopo 4-5 anni, ma punteremo anche sui vini di immediato consumo, a fargli uscire almeno un paio d’anni dopo la vendemmia, così da poter essere sul mercato già pronti.

Cosa pensi dell’enoturismo?

Noi l’abbiamo sempre fatto, abbiamo le camere e siamo sempre aperti, l’unico giorno in cui veramente mi dedico alla famiglia e quindi lascio stare il lavoro è la domenica pomeriggio.

Abbiamo sempre la porta aperta e diamo un’indicazione ai turisti nella quale noi non indirizziamo solo su dove bere o mangiare, ma diamo anche dei consigli su dove andare e cosa vedere rispetto ai bellissimi luoghi e scorci che ha il Friuli.

Secondo me, se tu vuoi vivere d’enoturismo, devi anche saper parlarne, quindi devi anche conoscere e indirizzare verso il tuo vicino, perché se vince il territorio vinciamo tutti.

A livello di infrastrutture siamo messi abbastanza bene, anche perché se il turista vuole venire veramente da noi una maniera la trova.

Quello che mi preoccupa sono i cosiddetti “elenchi telefonici “, cioè tutte quelle brochure e cartine che ti dicono dove andare, ma senza spiegarti il perché e il cosa troverai in quel luogo. Io penso che i miei colleghi produttori debbano anche uscire dal territorio e vedere cosa c’è nel mondo, perché uscendo dalla cantina si possono scoprire realtà diverse e a volte anche migliori.

Filippo Frongillo

©Riproduzione riservata

 

 

About Filippo Frongillo

Grande appassionato di vino e gastronomia, sente la missione di raccontare e valorizzare le aziende e i prodotti del Friuli Venezia Giulia dopo aver vissuto 5 anni in Trentino-Alto Adige.

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