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Pignolo e friulanità nell’enoteca di Alessandro Cossa

Pignolo e friulanità nell’enoteca di Alessandro Cossa

Udine, a metà via Manin, prima di arrivare in piazza Libertà, Alessandro Cossa ha scelto di aprire l’enoteca al Pignolo. Distinto ed eclettico, ci accoglie con la sua personalità magnetica.

Il locale è storico e celebra la friulanità con quel giusto mix tra tradizione e innovazione.

L’abbinamento della persona con un vino sembra quasi scontata ma estremamente azzeccata in questo caso, Alessandro rispecchia veramente il vino Pignolo, anche nel suo essere, una persona che si apre poco a poco, regalando struttura, verve e dinamicità che si affinano col tempo.

 

Qual è la storia della tua enoteca?

L’enoteca il Pignolo ha un nome che evoca il re delle uve a bacca rossa del Friuli e che rispecchia anche la mia personalità, dato che sono abbastanza preciso nelle cose che faccio.

Abbiamo aperto il 25 maggio dell’anno scorso, in realtà il progetto dell’enoteca era pronto per l’8 Marzo di quell’anno, si voleva prendere due piccioni con una fava e fare la festa della donna e l’inaugurazione del locale. L’unica cosa che abbiamo fatto e l’8 Marzo è stata chiamare il fiorista e disdire le 200 mimose ordinate, dato che poi avremmo chiuso per 86 giorni causa lockdown.

Questo è un progetto che nasce da un piccolo sogno nel cassetto e i cassetti ogni tanto si riescono ad aprire.

Io volevo avviare in realtà un agriturismo/enoteca/ristorante sul Collio, ma era una cosa impegnativa, mi mancava uno 0 in più nel budget, così ho deciso di partire con l’enoteca.

Ho lavorato per più di 10 anni nella grande distribuzione in giro per il mondo, ho fatto tre continenti, 7 paesi e un paio di città. Ho sempre avuto la passione del vino. Mio nonno si chiamava Romano Biasutti, terza tessera Ais del Friuli Venezia Giulia. In famiglia il vino è sempre stato nel nostro DNA. Nel 2019 mi sono preso un anno sabbatico, dove ho girato Udine per capire cosa c’era e cosa mancava.

Dal mio punto di vista mancava un’enoteca che facesse 100% Friuli e che tenesse cantine meno blasonate, visto che in regione ci sono più di 2000 produttori, ma a Udine giravano per lo più quei 100/150.

Quindi armato di pazienza, ho iniziato a girare cantine. Ne ho fatto 133 nel 2019, un po’ insieme a mio cugino, un po’ insieme agli amici, ad assaggiare quello che volevo per poi tenerlo nella mia enoteca.

Arrivati in via Manin mi sono accorto che mancava un posto del genere, in una via storica che a mio avviso andava rilanciata. Non sapevamo se eravamo le persone giuste per rilanciarla, però a livello logistico è ottima, poi riaprivano i Piombi e altre realtà, quindi abbiamo deciso di procedere.

Ho trovato Il locale in un palazzo storico del 1400 con una porta del quattordicesimo secolo e tanta storia alle spalle. Negli anni 50’ e 60’ è stato la prima trattoria Aquila nera, un vecchio ristorante udinese, si racconta che fosse l’unico ristorante, bar, osteria che avesse una corte interna con le travi a vista. Si voleva dare un po’ di lustro al nome, a quello che era in passato il nostro locale, volevamo dargli un tono rustico. Tutto l’arredamento interno è made in Friuli, il legno massello è di Tarvisio, così siamo partiti con l’idea di fare 100% Friuli, compreso chi ci lavora.  Fino ad oggi abbiamo rispettato quest’idea al 99%, ma ogni tanto siamo passati per la valle del Vipacco, in Brda, eccetera, anche perché siamo una terra di confine ed è giusto che venga rispettato.

 

Come ti sei appassionato a questo mondo? E qual è il tuo primo ricordo legato al vino?

Credo faccia parte del DNA di noi friulani, come dire che domani un genovese non si appassionerà al mare, o un tarvisiano non si appassionerà alla montagna. Io credo che un friulano non potrà mai non appassionarsi al vino. Abbiamo un territorio dal punto di vista ampelografico fantastico, basta fare da qualsiasi paesino 10 km e troverai comunque una vite. Di famiglia mio padre è un bravo bevitore, mio nonno era un grande bevitore, un gran collezionista di vino, un super appassionato.

Il vino va di pari passo purtroppo col portafoglio, più il tuo portafoglio cresce più avrai la possibilità di poter assaggiare, di poter studiare. Un ricordo che ho, e penso che tutti friulani lo abbiano, è di quando tuo nonno ti chiamava in cantina e diceva, con la damigiana da 53 litri vicino, di aspirare dal tubo del travaso e poi travasare, dopo 10 minuti ti girava la testa e avevi le labbra viola. Mi ricordo anche di qualche bicchiere di vino rosso e aranciata di mio papà, che diceva prova a quest’aranciata amara, ma devo dire che ho dei ricordi un po’ annebbiati.

 

C’è un prodotto di punta del tuo locale?

Noi ogni lunedì mettiamo in mescita un Pignolo differente, d’estate abbiamo però un po’ accantonato questa usanza, dato che non abbiamo più l’estate di una volta, ora fa veramente troppo caldo per bere vini rossi, solo i veri eroi lo fanno.

Il Pignolo è il vino su cui puntiamo, perché ci piace farlo conoscere. I suoi produttori in Friuli sono una settantina circa ed è giusto puntare su questo vino. Non ci guadagniamo economicamente, lo dico subito fuori dai denti, perché non riusciamo con un paio di calici a ripagare una bottiglia, diciamo che sul Pignolo arriviamo a 4 calici o più per ammortizzare i costi, però abbiamo piacere che la gente possa capire perché noi amiamo quest’uva.  Nel 1978 il vitigno stava per scomparire, poi grazie a Walter Filiputti è state riscoperto, leggenda vuole che abbiano conservato le ultime due piante a Rauscedo, questo è importante.

 

Cosa ne pensi del mondo vitivinicolo oggi e dove pensi si trovi il mondo vitivinicolo friulano al suo interno?

Penso che il mondo vitivinicolo oggi sia in forte crescita. Penso che il turismo enogastronomico oggi sia veramente una cosa di punta, lo si vede nel momento in cui nascono influencer del vino come conigli, gente che dovrebbe studiare un po’ di più ed essere più preparata. Il vino per me è sempre o buono o cattivo, poi o è rosso, o bianco, o bollicina e dopo da lì ognuno mette in campo la sua soggettività e la sua esperienza. E’ bello vedere che le persone oggi non hanno più paura di bere il taglio da 4 o 8 euro. La mia opinione è che si vada verso un mondo in cui si beve meno, ma più consapevolmente. In Friuli su questo siamo molto indietro, nonostante sia fantastico che il nostro vino faccio parte del quotidiano già alle 10 del mattino, con un taglio da €1,50, ma non può in qualche modo regalarti una soddisfazione o farti accrescere dal punto di vista vitivinicolo la tua conoscenza. Una volta il vino era alimentazione, oggi è diventato un piacere, un vizio, una passione. Ormai non ha senso bere sei vini della casa a €1,50, preferisco con €9 bermi due calici da €4,50 o un calice da 5€ e uno da 4€. Penso questa sia la direzione che il Friuli debba prendere. Negli anni ’80 eravamo la terza regione vitivinicola per importanza in Italia. Oggi siamo all’undicesimo posto, davanti a noi ci sono le Marche, se chiedi a 10 passanti adesso, non sanno collocarla fisicamente in Italia, però sono più forti di noi. In Friuli è difficile fare, è difficile darsi una mano. Ognuno guarda l’erba del vicino che è sempre più verde, non vuole fare il giardiniere, dal punto di vista vitivinicolo dobbiamo fare tanti, tanti passi avanti. Oggi in regione si beve bene, è difficile che ci siano vini difettati nel XXI secolo e ci sono grandi produttori, alcuni a mio parere sono anche fra i top 10 in Italia a livello di vigneron, poi ognuno ha i propri gusti.

 

Come pensi si possa migliorare il rapporto tra vignaioli e consumatori ?

Io credo che un esempio da prendere in considerazione sia il Trentino Alto Adige, non tanto per le cantine sociali, ma per la correttezza che hanno i produttori. Mi spiego meglio, se tu vai in una cantina in Trentino, anche se sei un distributore piuttosto che un privato e gli chiedi di comprare 10 cartoni, non ti diranno mai di sì. Ti diranno passa per il nostro agente di zona, lo compri da lui e al limite ti do adesso una o due bottiglie. Magari te le regalano pure, però passi per il loro agente. In Friuli invece è un far-west, tu vai in cantina e il produttore ti dirà, prendi sei cartoni subito, che tu sia un privato, un agente, un distributore, un’enoteca e avrai un prezzo diverso per ognuno. Penso sia una catena, come quella alimentare. Nel momento in cui uno fa il vino, deve concentrarsi a fare il vino. Una persona che stimo molto per questo e non perché è un mio zio adottivo però è Fulvio Bressan.

Vai in cantina da lui e ti vende al massimo due o tre bottiglie, se gli va di venderti, ma se tu vai lì per comprare sei cartoni non te li darà, dirà contatta il mio agente sul Friuli. Quando in lockdown abbiamo fatto una diretta Facebook con Fulvio, uno dei commenti in chat live era se in periodo di lockdown inizierà a vendere ai privati. Lui rispose che se vende ai privati cosa gli serve avere un’enoteca come Alessandro al Pignolo e avere Oscar come agente? Ma è giusto che sia così il, vignaiolo deve fare il vino, è come quando vai in un ristorante e leggi specialità pesce e poi vedi che dalla cucina esce tutt’altro.

 

Cosa pensi delle enoturismo?

Dal 2019 ad oggi è stato molto complicato, il 2020 e 2021 devono essere presi come esempio e siamo stati limitati su tantissime cose. Eravamo abituati ad avere tantissimi austriaci nella nostra terra, ma quest’anno siamo stati aiutati a livello turistico, grazie ai paesi non Schengen, tipo la Croazia. Tantissimi americani volavano lì e invece di andare direttamente in Toscana o in Piemonte passavano per il Friuli, questo può aiutare ma sarà un processo lunghissimo. Secondo me ad oggi la Toscana o il Piemonte non fanno dei vini nettamente superiori a quelli friulani. La vera differenza è che sono regioni progettate per accogliere un tipo di turismo, dal punto di vista sia di strutture ricettive, di infrastrutture e di vini bandiera, che il Friuli non ha. Tu vai in Piemonte se vuoi andare a bere Nebbiolo, vai in Toscana se vuoi andare a bere un San Giovese. Chi viene in Friuli va in Oslavia a bere i vini macerati, va sul Carso a bere vitovska e Malvasia, va sul Collio a bere qualsiasi cosa, da quel punto di vista siamo ancora dispersivi.

Una decina di anni fa per il rilancio del Brand friulano, sono stati stanziati più di 50 milioni di euro. Il tipicamente friulano è stato un fallimento totale e da lì in poi ci siamo ancorati, non ci saranno più quegli incentivi europei che aiuteranno il Friuli a crescere dal punto di vista dell’enoturismo. Abbiamo tantissimi enti come Promoturismo Friuli, FVG live, eccetera, che dovrebbero trovare delle relazioni più importanti e durature tra enoteche, ristoranti, cantine.  Ci sono tantissime società che hanno progetti sul Collio eccetera, ma bisogna vedere se vengono fatti per passione o se sono fatti per intascarsi qualche soldo in più. Se la risposta è la b allora non cresceremo mai, ma se la risposta è per promuovere un territorio, allora lì si potrebbe fare veramente bene.

Filippo Frongillo

©Riproduzione riservata

About Filippo Frongillo

Grande appassionato di vino e gastronomia, sente la missione di raccontare e valorizzare le aziende e i prodotti del Friuli Venezia Giulia dopo aver vissuto 5 anni in Trentino-Alto Adige.

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