Tra i numerosi eventi collaterali alla XVIII edizione del Festival Dedica di Pordenone, in programma dal 10 al 24 marzo, si è svolto martedì 12 marzo l’incontro dal titolo Akintunde Akinleye e il fotogiornalismo umanistico. Protagonista dell’edizione 2012 di Dedica è Wole Soyinka, drammaturgo, poeta, scrittore e saggista nigeriano, considerato uno dei più importanti esponenti della letteratura dell’Africa sub-sahariana, nonché il maggiore drammaturgo africano, insignito nel 1986 del Premio Nobel per la letteratura.
L’incontro con il fotogiornalista Akinleye, che si ispira al pensiero e alla filosofia di Soyinka, è stato condotto dallo storico e critico dell’arte Angelo Bertani, che è anche curatore del catalogo. Inaugurata domenica scorsa negli spazi espositivi della nuova Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Pordenone in Via Bertossi, la mostra fotografica Wole Soyinka and the rest of us, il cui allestimento è stato curato da Silvia e Gianni Pignat, sarà visitabile fino al 6 maggio.
Classe 1981, Akinleye è il primo fotografo nigeriano ad aver vinto il prestigioso World Press Photo- Olanda 2007- con una foto di un uomo che si leva la cenere dal viso sulla scena dell’esplosione di un oleodotto. Ha ottenuto altri riconoscimenti a livello mondiale, collabora con la Reuteurs, la più importante agenzia multimediale. Ha esposto i suoi lavori in molte città del mondo e per la prima volta espone in Italia, a Pordenone. La mostra è divisa in cinque sezioni intitolate rispettivamente: Culture della nostra unione, Le raffinerie nelle boscaglie del Delta e la crisi petrolifera nigeriana, Vittime di due fedi, Muri che parlano, Wole Soyinka e i pittori.
Akinleye ha avuto l’occasione di spiegare le circostanze in cui sono state scattate alcune delle foto e i contenuti che voleva trasmettere. Sono scatti densi di valori simbolici, oltre che di pura testimonianza documentaria. L’esposizione inizia con la foto pubblicata su un giornale in cui l’obiettivo cattura il fotogiornalista dopo le percosse subite nel 2003 a Lagos in occasione della visita del vice Presidente; ridotto in fin di vita solo per avere scattato alcune foto. Secondo il curatore della mostra Gianni Pignat nessuna definizione è più appropriata di quella di “obiettivo sensibile”, perché Akinleye opera in zone in cui il pericolo e la repressione contro i fotografi sono all’ordine del giorno.
La fotografia nasce dall’esigenza di tradurre in immagine la parola scritta e l’insegnamento del grande maestro Soyinka. La Nigeria rappresenta nelle parole del fotogiornalista un “ammasso di contraddizioni”, stremato da decenni di tensioni e lotte intestine; a seguito dell’indipendenza ottenuta nel 1960, nel paese si sono susseguite una serie di sanguinose dittature che hanno esasperato le tensioni interne alla popolazione. È un paese ricco di risorse umane: circa 160 milioni di nigeriani popolano il territorio, suddivisi in 250 gruppi etnici. Coesistono due grandi religioni, al nord prevale l’islam, al sud invece convivono varie etnie e sette cristiane, alcune con tradizioni millenarie. Molte foto raccontano dell’attaccamento dell’uomo nigeriano alla religione, a tutto ciò che è rappresentato dalla tradizione, dagli dei, dalla sfera magica della superstizione.
Il ritratto che emerge è quello di un popolo molto ospitale, che sogna di costruire un paese civile, basato sulla pace e la giustizia sociale. Se la poetica di Akinleye si fonda sulla speranza di una terra migliore, l’altra faccia della medaglia – che lui stesso si sente in dovere di narrare- è rappresentato da due grossi problemi: la criminalità diffusa e il petrolio. In particolare è nella zona del delta del Niger, dove si concentrano le grosse aziende petrolifere, che si addensano gli atti di violenza, i rapimenti, gli attacchi delle organizzazioni del crimine. Se da un lato la Nigeria appare come la genitrice di petrolio con i suoi 2,3 milioni di barili al giorno, dall’altro nasconde la dura realtà di una popolazione costretta ad utilizzare legna da ardere per il riscaldamento, priva di elettricità e di acqua potabile. Emblematico lo scatto che ritrae un centinaio di persone che cerca di raccogliere il petrolio con i secchi a seguito dell’esplosione di un oleodotto.
Altra grande piaga della Nigeria è la politica. Dominante nella produzione fotografica è il tema dell’inganno della politica, della corruzione diffusa delle elites dirigenti. I vari governi che si sono susseguiti non hanno fatto altro che reiterare il siparietto delle promesse non mantenute di costruzione di infrastrutture, strade, ospedali. Le foto raccontano l’uomo comune di fronte alla politica, con le sue speranze e le sue aspirazioni.
Nel novero dei mali che flagellano lo stato africano bisogna considerare le problematiche innescate dalla religione, che viene sfruttata dalla politica per dividere la popolazione. Akinleye sostiene che il nigeriano medio sarebbe interessato a convivere con persone di fede diversa, ma ci sono interessi politici che strumentalizzano le diversità. Lo sguardo dell’obiettivo non può non documentare il tragico destino dei bambini sgozzati, vittime innocenti delle faide religiose e sepolti nelle fosse comuni.
Nascere in Nigeria è estremamente duro, ma Akinleye è convinto che ci si possa opporre a questo destino crudo e perverso e che in Nigeria si possono operare dei cambiamenti. L’uomo deve lottare quotidianamente per cercare di volgere in maniera positiva la sorte che gli è stata assegnata. In questa direzione si inserisce l’insegnamento di Soyinka. Il titolo della mostra Wole Soyinka and the rest of us sta appunto a significare che Soynka rappresenta un’entità a parte nella sua battaglia contro abusi e ingiustizie, assurge a figura messianica, mentre gli altri rappresentano l’insieme della popolazione nigeriana, in tutte le sue caratterizzazioni e varietà. Ci sono gli onesti, i costruttori di futuro, i criminali, i terroristi, i corrotti. Se si osserva attentamente la cartina geografica dell’Africa, la Nigeria assomiglia al grilletto di una pistola: da quel grilletto dipende molto del futuro del continente africano e del resto del mondo. Il fotogiornalismo di Akinleye si propone di trasmettere un insegnamento molto forte, improntato a valori solidi e profondi; è un messaggio rivolto soprattutto a noi europei, che stiamo attraversando una radicale crisi di valori.
Vito Digiorgio
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