Mentre iniziano a farsi insistenti le voci in merito a un probabile commissariamento della fondazione per ripianare il bilancio, è uscita, completa dei cast, la stagione 2012 di lirica e balletto del teatro Verdi di Trieste. Duole a dirsi ma, se già l’annuncio dei titoli non aveva riservato particolari emozioni, la pubblicazione del cartellone completo non ridesta alcun interesse per quella che sulla carta sembra essere una stagione priva di attrattive. Ancor peggio se si pensa a quanto coraggiose ed interessanti erano state le recenti stagioni nelle quali il teatro aveva proposto titoli rari e produzioni di richiamo quantomeno nazionale. Pare invece che, almeno per il 2012, bisognerà accontentarsi dei soliti titoli sentiti e strasentiti nei quali potranno essere ascoltati alcuni artisti di ottimo livello accanto ad una pletora di carneadi.
Aprirà la stagione Anna Bolena con Mariella Devia, Celso Albelo, la direzione di Bruno Campanella e la regia di Vick. Poi La Battaglia di Legnano con Dimitra Theodossiu, Rigoletto con Luca Salsi e il Duca di Francesco Meli (regia di Michele Mirabella), quindi l’ennesima Bohéme pucciniana, l’Amico Fritz di Mascagni e a concludere la stagione Il Barbiere di Siviglia di Rossini, con Daniela Barcellona, Antonino Siragusa e Roberto De Candia.
Che dire? Ad eccezione del solo Amico Fritz, opera peraltro di discutibile valore, siamo di fronte a un cartellone caratterizzato dalla mancanza di fantasia e di coraggio, un inno al nazional-popolare che bandisce opere e compositori stranieri. È chiaro che in tempi di vacche magre un teatro sia tenuto a scongiurare in ogni modo possibile il rischio di restare con biglietti invenduti, ma a che prezzo? Sempre ammesso poi che si possa ridurre tutto il problema alla mancanza di fondi dato che in questo caso ciò che manca clamorosamente sono le idee. Il repertorio di teatro musicale comprende centinaia di titoli in gran parte sconosciuti od obliati, molti giustamente altri no. Che senso ha ripescare dal mazzo i soliti nomi per riproporli nel modo in cui sono sempre stati fatti, allo stesso pubblico ormai aduso alla routine rendendolo così ancor più refrattario a qualsiasi cambiamento. Ci sarebbe il barocco, oggi più in auge che mai, i compositori del novecento, il grand opéra francese, il settecento italiano, invece niente.
Alcune statistiche: i quattro compositori più rappresentati in Italia sono nell’ordine Verdi, Puccini, Rossini e Donizetti cioè cinque sesti del prossimo cartellone triestino (il sesto rimanente, Mascagni, è settimo in classifica); La Bohème, Barbiere e Rigoletto sono tre delle sei opere più rappresentate nel nostro paese, Anna Bolena e La Battaglia di Legnano, che teoricamente sarebbero lavori più rari, negli ultimi anni si sono viste ovunque. Perchè non puntare invece su un progetto che anteponga l’eccellenza al consenso, la ricerca culturale alla banalità ed elevare il teatro dalla palude in cui sguazzano la gran parte delle fondazioni liriche italiane, come la precedente direzione artistica aveva tentato di fare? Se si pensa che nella sola stagione scorsa il cartellone vantava I Due Foscari, Samson et Dalila, Salome e Francesca da Rimini…