Grande serata di teatro al Giovanni da Udine ieri con il “Re Lear” di Shakespeare interpretato dalla leggenda novantaduenne Glauco Mauri assieme a Eva Cambiale, Melania Genna, Emilia Scarpati Fanetti, Roberto Sturno, Francesco Sferrazza Papa, e Woody Neri, regia di Andrea Baracco, scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta.
Per interpretare i personaggi del Baldo bisogna essere ricchi di esperienza umana, tutto quello che la vita ti offre. La vita stessa ha bisogno di farsi teatro. La storia non è quella di un uomo chiamato Lear ma quella dell’essere umano e delle sue contraddizioni. Lear che passa dall’atto assurdo di indire una gara tra le figlie su chi lo ama di più per arrivare attraverso il dolore del rifiuto e la pazzia a capire che cos’è la vita. Un tragitto che fa Lear dalla tragedia alla fase del vivere che è l’andamento della vita stessa, di tutti noi. La figlia minore, Cordelia, è centrale perché rappresenta la donna moderna che non è succube dell uomo ma è indipendente e c’è il riferimento alla tempesta come stato d’animo umano.
Una scenografia imponente da archeologia industriale, grattacielo tra i vicoli delle trame psicologiche profonde dei personaggi, in un intreccio che si fonde con la platea e gli spettatori. Tra loro gli attori corrono, camminano e si lanciano in scena tra aspettative familiari e fuga dal reale verso la pazzia.
Forte l’interpretazione di Edgar da parte di Francesco Sferrazza Papa che ne fa uno dei principali e seducenti simboli della caduta di Re Lear dal suo trono e da un’esistenza che non ha garantito un vero e pieno rapporto con le figlie, eccetto Cordelia, con sottofondo atmosfere degne di “Cuore di tenebra” con il rapporto tra il selvaggio puro e diretto contro l’uomo civilizzato e corrotto.
Le luci di Umile Vainieri danno ulteriore forza a bellissimi giochi di immagini sulla struttura scenografica con la giganteggiante scritta “KING LEAR” tra le ascese e discese del trono del re e le sue emozioni, sotto una pesante corona sospesa sulla scena per tutto lo spettacolo fino a cadere nel finale a chiudere lo spettacolo.
Non manca la forza dell'”Essere o non essere” di Amleto con Roberto Sturno che come Conte di Gloucester esprime una bella metafora dell0 spettacolo e cieco, può seguire solo gli odori e l’aiuto di uno “sconosciuto” che è in realtà il figlio Edgar, impazzito, per raggiungere Dover.
Piena e carismatica la prova di Glauco Mauri, per la terza volta Re Lear, ma qui ci possiamo solo inchinare e ringraziare di avere avuto l’onore di esserci stati ieri sera al Giovanni da Udine, per lui.
Federico Gangi
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