Uno spettacolo singolare, costruito attorno a un monologo presago, quasi divinatorio che da un lato fa omaggio al pensiero di Pier Paolo Pasolini attraverso l’evocazione della sua opera letteraria e poetica, e dall’altro sancisca la grande capacità profetica dello scrittore, sul piano sociale e politico.
Il progetto che il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia costruisce su Pier Paolo Pasolini, si sviluppa attorno a questo nucleo concettuale, all’idea – condivisa dall’autore Gianni Borgna e dal regista Antonio Calenda, di riflettere, attraverso le parole di Pasolini, sul mondo attuale, che egli aveva in qualche modo già intuito e adombrato nei suoi scritti. Ne nasce una messninscena rievocativa ma anche profondamente evocativa della sua capacità di “vedere politicamente” la società ed i suoi mutamenti.
Un “vedere politicamente” di cui l’autore del monologo Gianni Borgna, è un vero testimone culturale. Egli infatti – da segretario della FIGC romana – ebbe modo di essere molto vicino a Pasolini, di conoscerlo direttamente, di sperimentare la generosità con cui si dedicava ai giovani di sinistra, nei quali ravvedeva il virgulto di una realtà allora in forte divenire. Successivamente Borgna – che ha ricoperto la carica di Assessore alla Cultura del Comune di Roma per 12 anni ed è stato anche presidente dell’Auditorium della Musica nella capitale – si è dedicato con profonda attenzione allo studio della figura e del pensiero pasoliniano, di cui è profondamente competente (basti ricordare il saggio firmato a quattro mani con Adalberto Baldoni Una lunga incomprensione. Pasolini fra destra e sinistra e il suo impegno, recentemente, nel far riaprire il caso sulla morte dell’intellettuale presso la Procura della Repubblica di Roma).
E proprio dalla sua morte – sempre rimasta oscura – Antonio Calenda trae ispirazione per l’incipit dello spettacolo: rumori, un abbiaiare di cani, un corpo a terra. Un’immagine forte che segnerà lo spettacolo e da cui il protagonista avvia il propio monologare. Come se Pasolini stesso fosse testimone della propria fine e in quel misterioso istante, si lasciasse andare a un flusso di riflessioni sul mondo che ha lasciato e sulle sue evoluzioni di cui non potrà più essere testimone critico e acuto, pur avendole intuite: l’immagine di una Roma così diversa dalla sua, città multietnica, con l’idea che il bene più grande sia la ricchezza, che la storia e la cultura non possano essere che quelle borghesi… Temi con cui oggi quotidianamente ci confrontiamo, confliggiamo e che il suo pensiero, la sua ricchezza poetica, ci insegnano ancora ad attraversare con la necessaria consapevolezza.
I riferimenti a tale pensiero pasoliniano, e al corpo della sua opera letteraria pervaderanno dunque il monologo, che Antonio Calenda ha scelto di affidare a Roberto Herlitzka, uno degli interpreti di più intenso, misterioso spessore poetico e drammatico della scena italiana. Un attore che già nell’aspetto morfologico evoca un’appartenenza al mondo pasoliniano e che con lo Stabile del Friuli Venezia Giulia ha grande intrinsecità: è infatti uno dei professionisti di riferimento, protagonista di alcuni fra i momenti più alti dell’attività di produzione (ricordiamo almeno i premiati ruoli di protagonista in spettacoli come La Mostra di Claudio Magris, Re Lear di Shakespeare).
Una giovinezza enormemente giovane così concepita dallo Stabile del Friuli Venezia Giulia, ha debuttato in prima mondiale nell’ambito di Mittelfest 2013, sancendo – nel nome di un intellettuale che tanto significativo è stato per il Friuli – una sinergia fra due eccellenze culturali della regione.
Di: di Gianni Borgna ispirato ai testi di Pier Paolo Pasolini Scene: Paolo Giovanazzi
Luci: Nino Napoletano Regia: Antonio Calenda Produzione: Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con Mittelfest 2013 Interpreti: Roberto Herlitzka
Lo spettacolo va in scena grazie al sostegno della Fondazione CRTrieste
E.L.