Assistere al Saggio annuale dei corsi di Danza del Piccolo Teatro Città di Udine NON richiede una tipica precauzione: non serve, infatti, armarsi di santa pazienza presagendo di dovere assistere a un numero esorbitante di balli e ballettini senza altro scopo che quello di “accontentare” genitori e parenti dei giovani allievi. Ma è bene ogni tanto dare un’occhiata alla brochure di sala e rileggere sovente che, sì, si tratta proprio di un Saggio di Scuola.…ma signori miei, CHE SCUOLA! E’ tutto misurato, elegante, brillante di… sobrietà! Il teatro “Giovanni da Udine” è di per sè un ambiente che richiama questo tipo di atmosfere ma, diciamolo: quante scuole della città lo ottengono? Come a dire che non è l’abito che fa il monaco…e calcare quelle scene, non fa di certi saggi uno spettacolo di danza degno di quel teatro lì. Ebbene, il Piccolo Teatro ci riesce benissimo, tanto che sovente ci si dimentica che non si sta seduti davanti alla televisione bensì a teatro e che, quindi, quelli non sono professionisti ma ragazzi molto giovani..ma è un’ amnesia che coglie già nella prima parte della serata proprio perchè non ci sono sbavature, errori , coreografie inadeguate al reale livello tecnico dei gruppi e dei solisti . Certo, arriva anche il momento dei piccolissimi e qui, da esperta, temo le solite scene: bimbe minuscole in tutù enormi che non sanno che fare in uno spazio così grande; bimbe che si fermano attonite a guardare la platea cercando la mamma, altre che salutano mentre la musica va avanti senza di loro, spintonamenti, ammucchiate di tulle e braccine mosse a casaccio su musiche stucchevoli e la cui presenza è un optional…Macchè: un Arcobaleno di veli che non sbaglia una posizione, una riga, un semicerchio o il posto assegnato nel gruppo, mai; musicalità rispettata; manine che si alzano quasi all’unisono, inchini paffuti ma senza piaggerie esagerate. Applausi appaganti anche per chi, dietro le quinte, ha creato questa magia: le insegnanti delle allieve più piccine, Barbara De Zotti e Cristina Polito. . E se a qualcuno può sembrare che l’esibizione riservata ai piccolissimi sia “solo una serie di corsettine senza costrutto” vorrei consigliare, finalmente, quanto segue: 1) scegliete sempre per i vostri figli scuole in cui non vi si prometta la Scala di Milano fin dal primo giorno, nè tanto meno l’uso delle scarpe da punta a prescindere dagli anni di frequenza, dall’età e dall’avvenuta preparazione propedeutica e muscolare degli allievi; 2) l’orientamento spazio/temporale per un bambino è imprescindibile dal resto delle future acquisizioni tecniche. Del resto basti osservare che tutti quelli che poi vedremo sul palco in evoluzioni coreografiche di livello tecnico- spesso- piuttosto alto,proprio da lì, da quelle corsette hanno iniziato…..Gradualità didattica , dovrebbe significare ancora qualcosa. Spero e continuo ad auspicare.
Ma vediamo nel dettaglio alcune tra le coregrafie che hanno maggiormente evidenziato tutto questo: l’hip hop di Nicoletta Casarsa e Lucia Petris , in un teatro così raffinato e alternato a coreografie di danza classica, non stona mai nemmeno se ad eseguirlo sono i corsi dei più giovani; freschezza e soprattutto la sensazione di divertimento che emanano questi ragazzini significa un buon lavoro delle insegnanti alle spalle della sola esibizione; significa lezioni in cui disciplina e leggerezza vengono ben distribuite. E ciò perdura anche nei corsi avanzati in cui la componenete “musicalità” riesce puntualissima in un pezzo dagli arrangiamenti difficilie non scontati come “Bad man”, nel secondo tempo. Del resto ogni insegnante dà la propria impronta inconfondibile alla sua didattica , al modo di porgerla e di coreografare. Potrei riconoscere la provenienza di molti allievi dal loro modo di muoversi. Questo accade sicuramente quando posso ammirare i corsi di Laura Miotti: lei (come Nicoletta Casarsa) la conosco anche come ex allieva e quindi come interprete. Il sorriso sicuro su visetti sempre orgogliosi di ballare , la brillantezza di costumi e virtuosismi calibrati accuratamente, personalizzati sulle capacità di gruppi e solisti(deliziose la “Campanelle”), fa dei corsi medi e avanzati di danza classica di questa insegnante il vivaio più promettente per il futuro e una certezza di spettacolo sempre godibile già nel presente. La super visione eccellente, poi, di una grandissima professionista quale è Federica Rinaldi, rende ottimale la luce che queste allieve riescono ad aggiungere ad ogni performances del Piccolo Teatro. La seconda parte del saggio ha proposto poi , a parere mio, coreografie ancora più raffinate ( ma si sa, la “scaletta” della serata non è fatta da inesperti!…): con “The rich man’s frug”, Nicoletta Casarsa ha saputo riadattare le ancora modernissime coreografie di Bob Fosse alle sue allieve, tutte perfettamente “in parte” e , su tutte, Sara Missarino che io trovo sempre bella, brava e a proprio agio in tutte le coreografie moderne, hip hop o di neoclassico viste nel passato. “Dance Opera Duo” ha riunito tre bei nomi della cultura e danza udinese: il contrabbassista Franco Feruglio, la coreografa Flavia Romano e l’interprete Ilaria Armellini che hanno creato una parentesi sospesa di diverse armonie. “Patchwork”, ancora di Laura Miotti, ha concluso la serata: chiarissimo il piacere di eseguirlo degli interpreti, tutti radiosi e convinti. Tengo per ultimo, ma non nel mio ricordo, Rondò (o, come a grandi titoli scorreva sul fondale, Rond d’eau) di Fabiana Dallavalle : 9 ex allieve dei corsi avanzati di moderno di questa raffinatissima insegnante, si sono riunite ancora una volta per dare corpi- ma soprattutto cuori- ad un progetto estremamente femminile nei contenuti, nell’interpretazione, nella fluidità….è un lavoro da rivedere perchè credo che l’apporto sentimentale delle 10 donne lo renderà sempre sottilmente diverso. La sensazione che ho avuto è stata come se tutto il pubblico, in realtà, stesse spiando da uno stipite o da dietro un angolo il legame magico, il cerchio perfetto che solo la “sorellanza” riesce a creare…mi sono sentita lì sul palco, con loro ma, non invitata,sono tornata subito alla mia poltroncina per applaudire, commossa, a quell’incontro di bellezza in vesti floreali e dai delicati riflessi d’argento che scorrevano, leggerissime, su un palco trasformatosi in giardino bagnato dalla Luna. Bravissime.
Mi permetto una nota particolare a chi so da sempre tenacemente pronta a perseguire tutto questo, questi risultati , questo rigore così raro, ormai, sulle scene delle scuole di danza italiane: la signora Sirlene Rinaldi, una direttrice la cui impronta è stata , è e sarà sempre inconfondibile e il cui applauso finale a tutti gli allievi schierati è , per me, uno dei momenti più attesi e commoventi come fossi lì anche io: significa “Bravi, avete fatto bene” che,da lei, significa nettamente, proprio e davvero Quello.
Cynthia Gangi
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