Giovedì 29 novembre, al Teatro Verdi di Gorizia, la prima regionale di OPEN, spettacolo di danza firmato dal californiano Daniel Ezralow per la Compagnia “DEConstructions Dance Company”: 9 ballerini diversissimi per struttura fisica e stile. Questo primo dato visivo (9 corporature apparentemente mal assortite) mi avevano momentaneamente infastidito: per me che arrivo dalla danza accademica, la ricerca di armonia ordinata da portare sul palco sta anche in una certa uniformità dei corpi, solitamente, esili e longilinei.In verità, Ezralow mi è sempre sembrato un po’, come dire, “négligée”; ma questo è in lui comprensibile, perchè molto più interessato alla sostanza, al messaggio, all’intenzione di comunicare attraverso il gesto… poco importano gli abiti di scena (nella brochure, infatti, non si citano costumisti di sorta).E lo spettacolo,infatti, comincia proprio con una banalità di tute metà bianche e metà nere dalla testa ai piedi che ancor di più fanno risaltare corpi alti e grossi, altri esili e brevilinei o muscolosissimi, altri ancora scolpiti e asciutti. A pacificare un po’ il mio “bisogno” di linee comuni a tutti gli interpreti, ecco l’apporto costante e efficacissimo di proiezioni su pannelli che si spostano con una regia quasi perfetta e luci sapienti (a volte un po’ troppo basse ma per brevissimi istanti). Quindi lo spettatore viene condotto con leggerezza a comprendere la differenza anche della personalità dei ballerini, in modo da apprezzarne con piacere le potenzialità, lo spirito, l’energia abbondantissima e generosa e l’ironia. E la serata “sale” con questo coinvolgimento di immagini luminose che fanno letteralmente sparire i confini fisici di quinte, fondale sipario e “quadratura” del palco.
Così Ezralow e il suo sorriso simpatico sembrano ammiccare proprio da lì, attraverso i fedelissimi interpreti di un coreografo non facilmente etichettabile ma, sicuramente e sinceramente, entusiasta e appassionato (ancora) del mestiere.
Torno un attimo a prima dell’inizio: entrando in platea, si viene accolti da un sottofondo musicale che lentamente raggiunge un volume piuttosto alto; il pubblico è già coinvolto. Bello stratagemma, direi, per portare tutti a focalizzarsi sull’inizio dello spettacolo . E poi si comincia proprio con un “direttore d’orchestra” che salta giù dal palcoscenico e , con la sua bacchetta, crea suoni visibili (mi ha ricordato il brano della colonna sonora in “Fantasia” di Disney) . E poi tanti brani conosciutissimi con autori splendidi: Albinoni, Chopin, Strauss, Bizet , Prokofiev, Bach, Stravinski,Beethoven , Debussy e persino una “Fata dei Confetti” (da “Lo Schiaccianoci” di Tchaikowsky) per un passo a due (con “prese” non originalissime ma dal finale simpatico ed efficace) tra un impiegato e una sirena, ambientato in un archivio pieno di scartoffie che si trasforma in un mare totale-dalle quinte al fondale che sembrano muoversi, acquosi -. Descrivere tutti i “climax” che il coreografo ha saputo creare non è possibile nè giusto perchè toglierebbe la sorpresa: è uno spettacolo che può soddisfare tutti, adatto ai bambini e a chi pensa che la danza sia solo noiosa,ai fruitori della stessa che desiderino assaporare un po’ della sana energia e voglia di divertirsi che questi 9 atletici ballerini sanno trasmettere con grande leggerezza. Solo citerei il pezzo che personalmente ho apprezzato di più, sia per il sapiente loop musicale con cui è stata introdotta l’atmosfera ,all’improvviso tesa e forte, di uno spaccato di “Romeo&Giulietta”, sia perchè è stato il momento in cui coreografia/musica si sono sposati -a mio gusto- in modo talmente perfetto che anche i ballerini mi sono sembrati più convinti e decisi. Ancora un accenno alla scena della “nascita degli alberi”: molto poetica e ammiccante ai Momix; del resto Daniel Ezralow ne fu uno dei co-fondatori e tanta meravigliosa radice artistica è un vanto rimarchevole. Concludo quindi da spettatrice soddisfatta, uscita dal teatro senza un solo attimo di noia, tra persone tutte sorridenti e dall’applauso coralmente condiviso,con una frase dell’autore stesso «Accanto alla parola energia con cui vengono spesso definiti i miei lavori, accosterei “intenzione”, perché è importante oltre all’energia avere l’intenzione. La mia è una danza intenzionale, che tende sempre a qualcosa, che ha sempre intenzione di. Nel caso di Open, ha intenzione di aprirsi al mondo». A noi, stasera, ha aperto senz’altro ai sorrisi. Grazie Daniel.
Cynthia Gangi