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Nel solco del verso

Presso la Sala Esposizioni della Biblioteca Civica di Pordenone è possibile visitare la mostra “Nel solco del verso” dell’artista pordenonese Guerrino Dirindin. Inaugurata il 12 gennaio scorso, l’esposizione si compone di una serie di pannelli con impasti argillosi che rappresentano una sorta di “poema della terra”. L’artista, dopo avere maneggiato diversi materiali, da una decina d’anni lavora con la terra, che gli permette di instaurare un rapporto vivo e diretto con la materia prima. “La terra  – afferma Dirindin – è un materiale incredibile, che dà infinite possibilità, soprattutto ti consente di agire direttamente sulla materia senza l’ausilio di utensili o tecnologie particolari”.

Con questa mostra l’artista ha voluto rappresentare il suo “libro-ambiente”. L’esposizione è infatti concepita per lo spettatore che, collocandosi al centro della stanza, si trova squadernato dinanzi il “poema della terra”, il racconto che si pone in relazione primigenia con l’universo delle scritture che esso custodisce. Questi lavori costituiscono una “prescrittura”, appartengono ad un linguaggio che anticipa la scrittura. Attraverso i segni tracciati sui pannelli, egli vuole farci rivivere quel momento fondativo in cui la superficie della terra, come un foglio intonso, si è concessa all’uomo come elemento da esplorare e conoscere. È la raffigurazione della condizione dell’uomo primitivo, che sulla terra ha tracciato i primi segni tramite i quali cui decrittare la realtà. Sono segni dalla forte pregnanza simbolica.

L’occhio è colpito dal solco, poi si allarga nel territorio circostante e si sofferma sulle piccole imperfezioni, sulle increspature, sulle differenze di tonalità della terra. Il solco è la cifra caratteristica dell’opera. Abbozzato dapprima con un movimento circolare del polso, il solco viene poi tracciato con il gomito e la spalla tramite un gesto dinamico con cui tenta di espandersi in varie direzioni. Il solco travalica i confini dei singoli pannelli, assumendo una dimensione planetaria, fino a sforare nel territorio della cultura: un foglio di carta ne raccoglie le propaggini tracciate in graffite. È tuttavia una breve incursione, poiché l’artista sente il richiamo alla terra, alla dimensione primigenia. Nell’ultimo pannello la fenditure si accentuano, si moltiplicano, dando vita ad un originale alfabeto espressivo. La “prescrittura”, il segno primordiale, si è tramutata in scrittura, in codice espressivo, in processo compositivo.

La mostra sarà visitabile fino al 28 febbraio nei seguenti orari: da martedì a sabato dalle 09.00 alle 19.00, il lunedì dalle 14.00 alle 19.00.

Vito Digiorgio

About Vito Digiorgio

Giornalista pubblicista iscritto all’Albo dei giornalisti dal 2013. Si è laureato all'Università di Udine con una tesi sulla filologia italiana. Collabora con alcune testate giornalistiche on line.

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