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Continuano i dibattiti su “I profeti” per èStoria

Venerdì 18 maggio 2012

Per essere una mattina di maggio, il freddo è del tutto simile a quello marzolino. Alla Stazione di Sagrado incontro subito uno dei professori dell’Università di Trieste che da buon storico modernista farà da moderatore negli incontri della mattinata, Silvano Cavazza.

Lui, come me, è fiducioso della buona riuscita della giornata e sarà il tema scelto per questa edizione di èStoria o il tempo, ma oggi l’aria di buone profezie sembra aleggiare.

La giornata inizia con la Rassegna Stampa commentata da Giorgio dell’Arti presso la Cicchetteria alle 8.45. Ci si domanda come gli organizzatori abbiano sapientemente creato eventi che si accavallino tra loro già dai primi interventi, probabilmente loro stessi pensano che il pubblico abbia qualcosa di profetico e di ubiquo nella loro presenza. La partecipazione di tanti giovani ad ascoltare, sia cooptati dalle scuole sia semplicemente interessati dimostra ancora una volta che la storia non è una materia in via d’estinzione. Il tema della rassegna stampa è stato particolarmente stimolante: “come la storia entri spesso nei giornali senza accorgesene”. L’esempio più eclatante in questo periodo è il caso di Saviano, preso in esame proprio dal giornalista, dimostrando come il rapporto tra le fonti storiche e il giornalismo sia un problema che non solo gli storici affrontano quotidianamente ma che anche i cronisti si trovano spesso a dirimere. Il dibattito è continuato su come le fonti possano spesso essere poco affidabili o addirittura erronee e come queste spesso si trovino ad essere legate alla soggettività di chi le scrive o le trasmette.

A questo punto, per non perdere l’intervento della Presidentessa del Comitato Scientifico, la medievista Chiara Frugoni e quelli di Gianluca Potestà e Roberto Rusconi, coordinato dal normalista professore dell’Università di Udine Andrea Tabarroni su Gioacchino da Fiore e San Francesco d’Assisi, ho dovuto lasciare il preludio giornalistico che tanto aveva il sapore dell’Apologia della Storia di March Bloch.

Effettivamente nel contesto di una manifestazione che aveva come tema generale quello dei Profeti non potevano mancare, parlando di medioevo, due personaggi come quello di Gioacchino da Fiore e il Poverello d’Assisi. Come detto da Potestà, la visione di Gioacchino è quella di un profeta che non può essere proiettato ad un futuro slegato dal passato e quindi dalle sacre scritture. Proprio questa idea dell’aderenza al Vangelo lo porterà ai margini della Chiesa medievale considerando la storia come un percorso escatologico dove i profeti Enock ed Elia, rappresentati da San Giovanni nel libro dell’Apocalisse, non sono altro che i fondatori degli ordini Francescani e Domenicani. D’altra parte, invece, abbiamo la viosione profetica e salvifica di San Francesco, anch’egli aderente alle basi del Vangelo, ma che tramite la sua mistica lo porterà ad una visione pratica della salvezza umana e che lo renderanno agli occhi dello stesso Papa un profeta della santa Chiesa.

Sempre in tema di chierici e preti, ho partecipato alla rassegna stampa con il Vescovo Vincenzo Paglia sulla Profezia oggi. Tema quanto meno controverso nel secolo del progresso e della tecnologia, dove profeti e le visioni devono essere lasciate ai poco sani di mente o comunque a quegli ultimi fricchettoni indiani. Lo stesso Paglia vede un mondo seduto su se stesso, soprattutto da quando ha perso le ideologi e la secolarizzazione è diventata imperante. Serve ritornare all’idea del “noi” e le persone che la propugnino non possono essere altro che dei profeti, il cui messaggio deve trovare origine dal Vangelo. Il parallelismo con le basi del socialismo resale sono evidenti, non solo, egli identifica come profeti di una visione sociale futura coloro che potrebbero esserne la memoria e l’esperienza insieme coloro dovrebbero innovarla, gli anziani e i giovani. Purtroppo, oggi, ad entrambe queste classi vengono precluse le possibilità o vengono addirittura completamente messi da parte.

Alla domanda fatta da un giornalista “Qual è la sua di Visione?” Vincenzo Paglia dice che è necessaria un’unione di questi ultimi profeti, di quelle menti che potrebbero risolvere i problemi del mondo perché ora come mai sono necessarie persone illuminate con una visione futura e non contingente sono fondamentali senza contare che per il dialogo interreligiosi ci vorrebbero centinaia di Raimon Pannikar.

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Il pomeriggio è cominciato con un incontro molto toccante tra i discendenti delle colonie italiane di Crimea scappati in Italia nel 1942 e la rappresentante dei sopravvissuti deportati nei Gulag dalla Crimea per la sola appartenenza alla nostra etnia. L’intervista a Giulia Giacchetto Boico, discendente dei sopravvissuti ai Gulag e degli italiani arrivati in Crimea nel 1870, è stata illuminante. Ha dimostrato come una nazione ha dimenticato i suoi figli nel mondo e come questi siano stati respinti anche dopo l’attestazione di deportazioni e atrocità. La stessa Ucraina contemporanea, anche quando è riuscita a guardarsi allo specchio e a vedere le ecatombe prodotte nel passato, si è dimenticato di una comunità di 5000 Italiani che è stata discriminata e in molti casi deportata. Risultiamo essere tra “gli altri” nella lista di quelle popolazioni che vengono riconosciute nella giornata della deportazione, pur essendo stati i secondi in ordine di tempo, dopo i tedeschi.

L’Italia contemporanea non è stata da meno. Quando è stato richiesto un riconoscimento dalla Console italiana in Ucraina, fin troppo spesso è stato risposto sia ad Italiani che a discendenti che quella era una battaglia persa, fino a quando un giornalista della Rai, Stefano Mensurati non ha raccontato la loro storia in un libro e 5 ragazzi, dopo mille peripezie, sono riusciti a prendere una borsa di studio (che prima doveva essere sostenuta dallo Stato Italiano) dal Lions Club per venire a studiare nel nostro paese.

Finito la rassegna stampa, seguire l’intervento di Luciano Canfora, Paolo Mieli e Marcello Veneziani su Marx e il marxismo ha effettivamente aperto nuove ipotesi. La domanda su cui vertevano tutti gli spunti di riflessione è se egli fosse un profeta o un’utopista. In realtà tutti hanno convenuto che molto probabilmente Marx non avrebbe mai accettato questa definizione poiché solo uno scienziato, visto il periodo storico in cui le discipline economiche che stavano prendendo piede in quel momento in Germania, avrebbe potuto costruire un’analisi della società oggettiva sul suo sviluppo presente e futuro. Canfora, in particolare, non ha visto l’ideologia marxista come utipica. Nello stesso manifesto del comunismo trovare la fine del lavoro minorile, la tassazione secondo reddito, la necessità dell’occupazione lavorativa per tutti con la creazione di opifici è tutt’altro che una condizione utopistica ma reale e fattuale .

Lo stesso Mieli ha spiegato come l’impegno profuso da Engels e Marx nello scrivere il capitale, e la loro attenzione nei particolari scientifici è dovuto al fatto che gli stessi socialisti a loro contemporanei venivano considerati dai più dei ciarlatani e quindi necessitavano una forte diversificazione. Sempre secondo Mieli, il passaggio al comunismo della società è stato per lungo tempo erroneamente considerato dagli storici come un momento violento della filosofia della storia marxista, quando probabilmente gli autori intendevano che la borghesia, una volta arrivata ad un livello tale di plus valore, avrebbe spontaneamente cambiato e concesso il comunismo alla società operaia.

Veneziani, giornalista politicamente schierato a destra, ma sempre molto corretto, non ha smentito Mieli, ma ha osservato come l’autore de “Il Capitale” non solo non sia stato un fallito della storia ma neanche un tradito da essa. Marx ed Engel non intendevano sicuramente scrivere nulla di utopico, anzi, ma le intenzioni sono state traviate da chi ha interpretato le loro opere successivamente. Tuttavia quella che potrebbe sembrare un’utopia, in realtà, a guardare il nostro quotidiano qualcosa ha preso forma. Basti vedere la secolarizzazione della società, la fine dei rapporti familiari, la visione libertaria della donna e l’imperante materialismo ne sono piena dimostrazione. Forse, quindi, malgrado tutto Marx per certi versi è stato un profeta che ha saputo analizzare i prodromi di una condizione sociale ed economica che ha le sue origini già nel ‘800 e che ha portato alla distopia di Marx.

Dopo ave sentito parlare per un’ora di comunismo, le meningi hanno richiesto il giusto riposo, al che ci siamo spostati verso la zona del mercato librario. Ormai verso le 19.00 la gente ha cominciato a scemare dalle tende delle conferenze e noi con loro. I gazebi erano particolarmente affollati, sia quelli dei libri degli ospiti sia quelli dei libri antichi ed usati. La serata avrebbe dovuto continuare con la visione di una rassegna su Basaglia, ma il calo d’attenzione, dovuto un lauto pasto in una delle più famose locande goriziane, ha fatto sì che le discussioni storiche e filosofiche si spostassero davanti una fresca birra slovena assieme ad altri commensali.

Marco Zanolla

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