Noi italiani abbiamo l’insana abitudine di generalizzare e lamentarci quando i problemi arrivano, invece di essere più vigili e attivi nei confronti di noi stessi e dei nostri rappresentanti. Se il nostro Paese si sta ammodernando lentamente e conserva geloso antichi vizi, è responsabilità di tutti. Il sistema partitico dovrebbe guidare la nazione verso uno sviluppo democratico, rispondendo alle istanze dei cittadini in quanto studenti, lavoratori o pensionati che siano.
L’Italia è come una meravigliosa villa un po’ diroccata, con un’ampia cantina piena di ricchezze accumulate nel tempo. Il tetto deve essere ristrutturato, gli infissi sostituiti, ma l’impalcatura necessaria per le migliorie sembra sia stata montata a fianco, attorno al vuoto. Una grande struttura in ferro fine a se stessa che, se fosse stata collocata al meglio, avrebbe consentito alla nostra dimora di affrontare le sfide della Storia con maggiore serenità e vigore.
Tra pochi mesi le elezioni politiche porteranno una ventata fresca, con la speranza di un cambio naturale di ciclo, non semplicemente di un’allegorica rottamazione. La “stagione Monti” sta finendo e la politica si sta preparando ad uscire da un provvidenziale periodo di palestra forzata. Sia chiaro, il governo Monti non rappresenta il fallimento della democrazia dal momento che l’ordinamento costituzionale italiano prevede l’elezione dei membri del Parlamento da parte del popolo, mentre il governo è soggetto alla nomina del capo dello Stato e alla fiducia del Parlamento. Con il voto favorevole delle due camere, il governo ottiene la sufficiente legittimazione democratica. L’elezione diretta del capo del governo, in Italia, è una “finzione elettorale”, un patto tra partiti ed elettorato che indica nel segretario del maggiore partito vincitore il candidato premier.
Sarebbe più intelligente, per i partiti, non definire l’attuale esecutivo un “governo tecnico”, per non rendere ancora più plateale il fallimento della propria classe dirigente, in buona parte inadeguata. La politica dovrebbe tornare a dare risposte, dovrebbe ricominciare ad anticipare i cambiamenti in atto per poi adeguare il nostro ordinamento al mondo reale, dando seguito ad una legislazione lungimirante e completa, non più “tappa buchi”. Gli slogan possono andare in campagna elettorale, servono sempre per dare ottimismo e morale, ma la coerenza è ancora importante ed è la vera sfida della politica.
Più di un programma, si abbraccia lo stile di un leader politico ma bisogna assicurarsi che la via indicata venga poi segnata dalle sue scarpe e che, la stessa via, porti a risultati per il bene comune. Servono esempi positivi, serve aiutare le persone a mettersi alla prova e dimostrare il loro valore, serve costruire un’impalcatura attorno ad una villa meravigliosa.
Federico Gangi