Lo scatto aifoniano è quello della panchina dove un nobile signore si accosta tutte le sere al riparo dall’indifferenza di un mondo mediocre. L’ albergo la “panchina” apre dalle 23.00 alle 6.00. …. tra nottambuli e chiassosi treni merci, per poi trasferirsi nella piu’ comoda “reception” ovvero la sala d’attesa della 2a classe…. in attesa appunto…. del suono martellante di una sveglia che annuncia, puntualmente in ritardo, il treno delle 7.10.
Un brusco risveglio….. una frettolosa goffa corsa per bagnarsi il viso in maleodoranti bagni “pubblici”…. attimi rubati ad uno specchio in crisi di identita’, velocemente, senza sbarbarsi o profumarsi per qualche nobile compagna del passato …
Mani gonfie, rugose tremanti, piene d’ acqua profumata di cloro…. un veloce gesto per pulirsi della notte ed aprire quei due occhi grandi e neri…. mentre altri occhi azzurri sbarbati e pieni di comodi sonni in eccesso…. ruotano a destra…l’arrogante testa vuota elevata da un paio di occhiali scuri firmati dal nulla.
JO
Punto D vista D jo
Mi piace il commento di Massimo presente sulla prima pagina della “Panchina”.
In effetti la poesia c’entra, sta in quel racconto, un poema in prosa composto in chiave moderna (con vocaboli inediti dei nostri giorni). E’ un racconto proveniente da chi sicuramente rispetta moltissimo la persona descritta e conosce bene la letteratura, dai classici, al periodo romantico (inteso come genere di letteratura non nel senso comune) e di fine ottocento (scrittori ed anche pittori famosi hanno illustrato la vita di clochard e persone che vivono ai margini della società).
E’ un tema che continua ad essere proposto su libri, ebooks contemporanei e tv, ma non abbastanza forse… Ben vengano dunque questi racconti come scatti fotografici su un periodico come questo che informa e fa riflettere.
Il commento di Massimo è di quelli costruttivi, in effetti solo con soluzioni politiche la ns. società potrà combattere contro una piaga dilagante come questa, oggi qualsiasi persona che perde il lavoro, se non ne trova un altro prima che finiscano gli ammortizzatori sociali, potrebbe essere soggetto a questo tipo di vita e non per scelta, senza alcuna voglia di sorridere.
L’autore della “panchina” potrà essere soddisfatto scoprendo che qualcuno vede oltre, che non si ferma alle solite frasi di commiserazione, nobili ma purtroppo poco utili, e che una società civile dovrebbe rispondere a queste esigenze !
Nel frattempo purtroppo forse leggeremo ancora tristi racconti di altre vite, altre storie.