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Vade retro Utopìa

Alla comunità di cinesi di Torpignattara a Roma non resta che attendere la cattura del complice di Mohammed Nasiri, il magrebino ritrovato con il corpo senza vita il 17 gennaio in un capannone al quattordicesimo chilometro di via Boccea. “Proseguono senza sosta le ricerche”, dichiara il portavoce del comando dei Nas dei carabinieri. Ma a noi cittadini italiani tutto questo non basta. Dall’orrendo delitto avvenuto lo scorso 4 gennaio alla piccola Joy e a suo padre Zhou Zeng esigiamo giustizia. Se l’utopia della solidarietà ha finalmente cessato d’esistere è perché noi italiani non vogliamo la vendetta e lo manifestiamo chiaramente, così come abbiamo fatto, stringendoci attorno all’intera comunità di cinesi. Vogliamo che quell’unico proiettile mirato da uno dei due marocchini per colpire la piccola Joy alla testa e che, per pura coincidenza si è fermato nel cuore di Zhou Zeng, non venga mai più sparato. Un unico proiettile e due vite perse per il solo scopo di rapinare pochi euro. “Una tragedia che ha profondamente colpito la comunità cinese, ma anche la cittadinanza romana che ha dimostrato la sua partecipazione al dolore ed allo sdegno, scendendo in piazza con due manifestazioni, all’indomani della tragedia”, ci dice Angela Scalzo direttrice responsabile del mensile bilingue CINA IN ITALIA e segretaria generale dell’Associazione SOS Razzismo Italia. “Essa è nata con lo scopo di promuovere inclusione sociale per tutti quei cittadini stranieri, in questo caso cinesi, che giungono in Italia e per mettere al bando l’intolleranza e le discriminazioni razziali di certi modelli di comportamento”. Il mensile ha una buona tiratura presso la comunità di cinesi di Roma, “Ma è letto anche in molti altri capoluoghi”, aggiunge Hu Lanbò la direttrice e giornalista del mensile che, assieme a Angela, cura l’edizione. Hu ha da poco pubblicato la sua autobiografia “Petali di orchidea”(ed. Barbera);

“Racconto la mia storia di immigrata in Europa”, ci spiega Hu, “e del mio lavoro di giornalista cominciato nel 2001: allora il mensile era scritto solo in cinese ma dal 2007 è scritto sia in lingua italiana che in quella cinese”.

Quanto è importante il ruolo dei media nella vostra comunità?

“Purtroppo siamo in pochi giornalisti a lavorare nella comunicazione. Nel caso dell’assassinio della piccola Joy e di suo padre siamo scesi in piazza a manifestare e a distribuire il nostro mensile per richiamare l’attenzione ad una richiesta di maggiore sicurezza all’interno della nostra comunità ed una giustizia sociale sia per noi immigrati cinesi che per i cittadini romani”, prosegue Hu, “ma il problema principale è la lingua cinese, almeno per l’80% dei nostri immigrati, perché comporta grosse difficoltà per la nostra integrazione. Ora i giovani cinesi si sono molto bene integrati nella società italiana e parlano benissimo l’italiano. Inizialmente il mensile aveva lo scopo di spiegare le leggi italiane ai cinesi. Oggi pensiamo anche ai giovani nati da poco in Italia: abbiamo infatti cominciato a diffondere la cultura e le tradizioni originarie della Cina a loro quasi sconosciute”.

Molte le comunità di cinesi anche nel resto dell’Italia: esse temono il ripetersi di atti così orrendi?

“Non credo che le comunità di cinesi si sentano minacciate, che abbiano paura”, dice Angela, “non più di altre! Certo, la comunità cinese è legatissima alla difesa della propria identità, ma questo è dovuto anche alla diversità linguistica oltre che culturale. Ne consegue una apparente chiusura nei confronti sia della comunità autoctona che delle altre comunità di immigrati presenti in Italia. Ma il continuare a lavorare, a convivere ed ad interagire assieme ad altri microcosmi etici ci fa comprendere l’importanza dell’impegno quotidiano alla creazione di quella società realmente interculturale”.

A Trieste è presente una numerosa comunità di cinesi: il mensile è conosciuto?

“Ho avuto occasione di intervistare una coppia di cinesi che ha vissuto e lavorato a lungo a Trieste gestendo un ristorante di proprietà. Hanno poi fatto ritorno in Cina come molti cinesi giunti ad un’età più matura. In particolare ricordo che la moglie desiderava ritornare a vivere a Trieste perché ne aveva nostalgia. Il nostro sforzo di informare ambirebbe a toccare tutte le comunità cinesi in Italia”, spiega Hu, “ma pur con i nostri grandi sacrifici non riusciamo a conoscere i problemi di tutte. Abbiamo fiducia di diffonderci piano piano proprio per offrire un servizio migliore. Ma abbiamo bisogno che anche le istituzioni italiane ci aiutino”.

Qual è la rubrica più seguita?

“Curiamo la posta dei lettori: tante le lettere che giungono. Non sono solo segnalazioni di problemi riscontrati sul lavoro, riceviamo soprattutto lettere di cinesi che scrivono, testimoniano le loro storie”, riprende a spiegarci Lanbo. “Recentemente abbiamo ricevuto il testo di una canzone di Deng YueHua un operaio residente a Treviso, impiegato in una fabbrica di occhiali. L’abbiamo tradotta in italiano e scrive: “…non importa da che parte del mondo provengo… io aiuto te e tu aiuti me…noi doniamo amore e il mondo è ancora più bello…”

Già, “Più bello”. E l’esperienza del mensile CINA IN ITALIA conferma che non è una concretissima utopia. Lavorando e informando le società, come fanno Angela e Hu, potremmo far sì che atti come quello avvenuto a Torpignattara non succedano più.

Angela Scalzo

Hu Lambò

Riportiamo il testo, tradotto in italiano, della canzone dell’operaio cinese residente a Treviso, Deng YueHua.

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Siti internet:

http://www.romamultietnica.it/it/cina/giornali-e-riviste-cinesi/item/3586-cina-in-italia.html

 

Maria Rizzi

© Riproduzione riservata

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