Inizia lo spettacolo: il sipario si colora di fuoco, la musica sale. Per un po’ rimangono fiamme,
poi si tramutano in onde nere ed i suoni di sottofondo si fanno liquidi. Il sipario scivola via ,
le luci si riversano sul palco , dal basso verso l’alto: alcuni pali bianchi stanno in equilibrio
e sembrano venire sommersi da riflessi cangianti di colori da fondale marino….un delfino argenteo
attraversa la scena , fluttuando in alto. Poi ecco i ballerini, tutti vestiti di rosso, correre da
una quinta all’altra come pesci velocissimi…Quando tutto si ferma inizia il movimento corale. Bello!
Ma a parte le suggestioni di luci e colori, questo primo quadro l’ho trovato molto lungo, così come
altri della serata. C’è tantissima ricerca in questo Alchemy:sì, qui si tenta di dare una parola sempre
nuova agli elementi, e questa parola è fatta di corpo e di movimento, di luce e di suono….ma dopo tanti
anni di invenzioni fantasmagoriche, devo ammettere che ieri sera ho avuto persino dei moti di noia:
come dicevo poco fa, alcuni brani li ho trovati inutilmente lunghi; ad esempio quello con le gonne bianche
che consentivano alle interpreti sia di sembrare scivolare sul pavimento come ballerine russe , sia di
trasformarle in conchiglie, anemoni di mare, fiori in controluce…tutto già visto ma , soprattutto,
troppo lento e dilatato. Peccato perchè il pezzo in assoluto più bello era quello subito prima: una coppia
inondata da raggi di luce distesa a terra. Lei sembra essere sollevata dal
partner verso l’alto..ma questo gesto prosegue ben oltre e la figurina
delicatissima , sale e sale verso l’origine di quei raggi, riempiendo la veste
bianchissima di gioielli di luce…Una vera immagine celestiale.
Un passo a due in cui la leggerezza è sovrana. Significativo che ad un
certo punto l’uomo esca di scena: la donna non ne ha più bisogno per salire
e farsi inondare di diamanti luminosi. Poi, ritorna a terra, distesa a
continuare il suo sogno. Sempre ottime idee per trasformare i corpi con lo
studio di aggiunte ai vestiti che ne modifichino linee , con risultati ottici
veramente sorprendenti, specie per chi i Momix non li aveva mai visti
(un accenno alla Venere di Willendorf, con palloncini inseriti nei
morbidissimi vestiti ad amplificare ventri e fianchi?).
Molte corde a sospendere e dare leggiadrie e direzioni impensabili senza
un supporto come quello. Efficacissimi i due costumi neri che mi hanno fatto
ricordare i disegni paleolitici di cavalli della grotta di “Pech Merle” .
…ma anche questo intervento non si è sviluppato con tempi sufficienti ; ho la sensazione che nei
prossimi allestimenti avrà uno spazio maggiore, come un work in progress per ora solo all’inizio.
Ho avuto la fortuna di conoscere un ballerino dei “Momix”: raccontava che Pendleton è sì il Deus ex
machina dei Momix ma che il lavoro che possiamo ammirare è sempre frutto di ore e ore di riprese video
di laboratori continui con i ballerini. Del resto un’idea, come tutte quelle così oniriche di
Moses Pendleton, deve essere provata e riprovata con le attrezzature che via via vanno adattate,
sperimentate, rettificate e , sicuramente, per fare ciò il tempo non basta mai.
Per l’Effetto Momix sono assolutamente necessari ballerini molto atletici: forti e interpretativi
gli uomini, snodatissime ma altrettanto potenti le donne a cui, mi è parso di notare nei vari
allestimenti, si chiede di essere sempre un po’ ieratiche, magiche, leggiadre nonostante la grande
forza fisica richiesta. Alchemy è il titolo di questo nuovo lavoro del geniale Pendleton ma,
se non fosse per le musiche via via liquide, focose, ricchissime di ritmi percussivi o incanti aerei,
a mio avviso i quattro elementi primordiali non si svelano affatto, non sempre si riconoscono…e
l’oro atteso non esce da nessun alambicco nuovo.
Vale a dire che questo spettacolo è meno caratterizzato degli altri (si veda Bothanica o Sun Flower Moon)
ma resta decisamente l’impronta dei Momix, energici, convinti, ben radicati alle assi del palco ma
capacissimi di svettare altissimi e solari La vera Pietra filosofale, Pendleton ce l’ha con sè da sempre
ed è la straordinaria fantasia di cui è dotato.
Ancora fino al 17 febbraio, alla Sala Assicurazioni Generali- Teatro Rossetti di Trieste
Cynthia Gangi