Alla presenza del prefetto dott. Salemme,della prof. Marina Brollo, del prof. Flavio Pressacco e dei vertici regionali della Banca d’Italia, il direttore della sede di Trieste Pietro Sambati, il capo del servizio statistiche economiche e finanziarie Luigi Cannari, Massimo Gallo e Mariano Graziano della sede di Venezia, Achille Puggioni della sede di Trieste, l’Università di Udine ha ospitato la presentazione della ricerca sull’economia del nord est.
Il direttore della sede della Banca d’Italia dottor Sambati ha introdotto la conferenza indicando l’importanza del trinomio credito, impresa e lavoro oltre all’istruzione e l’innovazione.
I dati raccolti nel documento parlano di una crescita delle imprese hi-tech in regione con la maggiore facilità di ottenere credito. Il Parco Scientifico Teconologico a Trieste e Friuli Innovazione a Udine, stanno sostenendo progetti d’impresa svolgendo il ruolo di incubatori di valore. Le regioni del nord est godono di un alto livello di istruzione rispetto alla media italiana, il 40% dei giovani è iscritto all’università.
La relazione del dott. Luigi Cannari sottolinea i dati del nord est (un quinto della popolazione, un quarto del PIL, un terzo delle esportazioni) parlando della necessità di analizzare la situazione economica dagli anni novanta che dimostrano una tendenza di flessione del miglioramento delle condizioni economiche.
Lo spreco del capitale umano caratterizzato dalla disoccupazione giovanile al 20%, i laureati tra i 30 e i 34 anni sono il 19% contro il 32% della media europea.
Dal 1891 al 2001 il nord est, sotto la media italiana all’Unità, in un secolo ha superato la media nazionale con una forte fase di espansione di distretti industriali da Parma a Trieste. Rispetto alle altre zone avanzate d’Europa il nord est ha perso terreno in termini relativi.
I punti di forza rimangono, ad esempio le esportazioni, la sanità d’eccellenza, la coesione sociale e le attività di volontariato. E’ quindi importante confrontarsi con le regioni forti d’Europa, non con le zone deboli dell’Italia. I problemi italiani dell’elevata tassazione e della burocrazia inefficente si aggiungono alla ridotta dimensione della gran parte delle imprese.
Sulle imprese e i distretti industriali il dott. Massimo Gallo ha segnalato un forte differenziale tra la crescita del PIL pro capite rispetto alle Fiandre, alla Catalogna, alla Baviera. Il primo problema è la produttività media del lavoro, secondo problema evidenziato è l’incapacità delle imprese di cogliere i vantaggi della rivoluzione tecnologica, probabilmente per via della loro ridotta dimensione e disponibilità di capitale. Questi dati spiegano l’indebolimento dei distretti industriali, uno dei punti forti del nord est. Solo le grandi imprese riescono a sostenere la competizione nella filiera mondiale di produzione del valore. Per gli studiosi è essenziale considerare l’eterogeneità delle tipologie di impresa sul mercato. Ha funzionato l’internazionalizzazione e la valoralizzazione del marchio oltre che R&S, meno l’utilizzo delle partnership ma solo per la competitività internazionale. Le imprese italiane sono meno sviluppate di quelle europee e quelle del nord est denunciano una carenza di qualità della governance e del management oltre al ridotto numero di giovani imprenditori.
Per quanto riguarda la finanza, il sistema creditizio del nord est è ricco di banche, molte piccole a stampo cooperativo. Le piccole banche locali detengono una quota di mecato nell’area in crescita grazie ad una buona organizzazione e fattori relazionali. Il nord est rimane poco sviluppato nel private equity e nel venture capital e le sue imprese risultano più indebitate rispetto al nord ovest, tuttavia permane una certa stabilità dello stato patrimoniale e gli interessi sui prestiti sono meno elevati rispetto al resto d’Italia.
Achille Puggioni sul mercato del lavoro ha descritto i bassi tassi relativi alla disoccupazione giovanile nel nord est. Le donne tra i 25 e i 40 anni tengono il passo con le coetanee europee fino all’ostacolo della mancanza di asili e strutture di ausilio alla famiglia. I problemi centrali sono il contenuto del lavoro e il titolo di studio, i salari e la stabilità con la conseguente difficoltà a fare carriera. Il rendimento dell’istruzione italiana non è soddisfacente: un laureato guadagna il 141% più di un diplomato alle medie rispetto a un +220% in Europa. Un ultimo punto ha riguardato l’immigrazione straniera che risulta maggiore nel nord est d’Italia (Quintiliani 2011) e occupa mansioni che non sono appetite dalla popolazione italiana.
Federico Gangi
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