Il convegno dal titolo Organizzar il trasumanar. Pier Paolo Pasolini cristiano delle origini o gnostico moderno tenutosi sabato 17 dicembre al Teatro Pasolini di Casarsa ha rappresentato un’occasione importante per approfondire e svelare aspetti e tematiche di un autore che costituisce una miniera inesauribile di analisi storiche, letterarie e culturali in generale. Il convegno ha fatto da prolusione alla mostra allestita al Centro Studi Pasolini di Casarsa. La mostra, che si sviluppa su tre sale, comprende 12 disegni di Pasolini, 2 bozzetti e 16 fotografie. Sarà aperta al pubblico fino al 31 marzo 2012.
Dopo il saluto inaugurale della Presidente del Centro Studi Pasolini, Piera Rizzolatti, del sindaco Angioletto Tubaro e dell’assessore alla cultura Nicola Calligaro si sono alternati negli interventi Daniele Tarozzi, Giuseppe Zigaina, Peter Kammerer, Marco Vallora e Klaudia Ruschkowski. Un parterre di personaggi di calibro internazionale, di studiosi specializzati in varie discipline.
Il primo intervento è stato quello di Giuseppe Zigaina, affermato pittore e studioso, legato a Pasolini da un’inestricabile sodalizio, cui è spettato il compito di illustrare significati e obiettivi della mostra. La tesi di fondo, sviscerata in seguito dagli autori del dibattito, è che ad un certo momento della sua esistenza Pasolini abbia cominciato ad organizzare scientificamente la propria morte. Una tesi corroborata da ricerche messe in atto dagli autori dei saggi che compongono il catalogo della mostra. La stessa disposizione della mostra, nelle parole del curatore Daniele Tarozzi, ci invita a “considerare e leggere la vita dell’autore friulano in funzione di quel punto di arrivo, studiato e programmato attentamente, che è costituito dalla morte”. Il merito di questa scoperta spetta a Giuseppe Zigaina, che ha saputo decifrare gli enigmi, il linguaggio criptico di un uomo “sospeso tra mito e rito”. Non sono casuali secondo Zigaina né il luogo della morte, Ostia (che significa vittima scarificale) né il giorno, domenica 2 novembre, giorno dei morti. Elementi che raffigurano una morte organizzata in modo poetico e pienamente consapevole. Una tesi che va rintracciata nel percorso esistenziale e poetico-espressivo di Pasolini. Zigaina, pur non essendo né filologo, né antropologo, né semiologo o critico d’arte, si è avvalso degli strumenti della filologia, dell’antropologia, della semiologia e della critica per decifrare il linguaggio pasoliniano. E un’operazione tale è stata resa possibile solo per un uomo che a partire dal 1946 ha formato un’unione “ontologica” con lo scrittore di Casarsa, una fratellanza densa di spunti, ricerche e approfondimenti. Il critico d’arte Peter Kammerer, citando Auerbach, sostiene che tutta l’opera pasoliniana abbia una sua integrazione figurale, ossia che l’intera esistenza dello scrittore sia una figura o prefigurazione della sua morte. Una conclusione questa cui perviene anche il critico d’arte e musicale Marco Vallora, pur partendo da premesse diverse e non sposando la tesi del suicidio organizzato. I testi di Pasolini, secondo Vallora, sono accomunati dall’opposizione vita-morte, dall’idea della morte come strazio e tormento che trovano la loro risoluzione nella pura leggerezza della musica, della lirica. Inevitabile il rimando al testo Trasumanar e organizzar, pubblicato da Pasolini nel 1971 e incentrato per gran parte sul tema del destino e della funzione della poesia.
Uno scrittore che suscita continui studi, dibattiti, riflessioni, un’opera pregna di significati, inesauribile fonte di enigmi da decifrare, una densità e profondità di pensiero fondata sull’approccio filologico, critico, semiologico, antropologico: tutto questo è Pasolini.
Vito Digiorgio
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