A Pordenonelegge Giorgio Manacorda ha presentato l’ultimo romanzo “Omicidio a Villa Ada”
Lo scrittore Giorgio Manacorda ha presentato domenica a Pordenonelegge il suo ultimo libro “Omicidio a Villa Ada. Una fiaba in nero”, edito da Voland. Il libro, fin dal titolo, rivela le caratteristiche del giallo, anche se precisa l’autore “tecnicamente non può dirsi che appartenga al genere del giallo così come è stato codificato”. Al centro della storia vi è l’omicidio di un poeta, che viene ritrovato morto a Villa Ada, il parco più grande della capitale. A trovare il cadavere è un altro poeta, che tutte le mattine si reca a correre nel parco. Il commissario incaricato delle indagini è a sua volta un poeta dilettante e quando affiora l’ipotesi che l’assassino possa essere un poeta rimette l’incarico al questore. L’ipotesi che prende corpo è legata ad una presunta macchina per scrivere d’oro, che garantisce a chi la utilizza la possibilità di comporre poesie di sicuro successo. Ma la macchina per scrivere esiste davvero oppure è solo una metafora, un’immagine, una favola? È pensabile che qualcuno possa uccidere spinto da un simile movente? Sono tutti interrogativi che emergono dalla narrazione. Il secondo romanzo di Manacorda contiene in filigrana la riflessione sulla poesia, sui tormenti della creatività e sui tormenti che possono portare a gesti estremi anche le persone apparentemente più distanti dalla realtà.
Manacorda ha esordito giovanissimo con la poesia, ma ha pubblicato il suo primo romanzo, “Il corridoio di legno” (Voland edizioni), nel 2012 all’età di 71 anni. L’opera, che ha avuto una lunga e travagliata gestazione, pone al centro della riflessione il tema del terrorismo, il fenomeno storico che ha rappresentato un vero e proprio spartiacque nella vita dell’autore. Ciò che interessa lo scrittore non è tanto il resoconto fedele delle dinamiche che hanno funestato l’Italia degli anni Settanta, quanto esprimere la rottura a livello esistenziale causata dagli eventi legati al terrorismo. “Il terrorismo è stato un fenomeno che ha interrotto un certo mondo e un certo sistema di pensare – ha dichiarato -. “Il fatto che il libro abbia avuto un lungo percorso alle spalle è indicativo della difficoltà di superare e ricomporre questa ferita, di elaborare questa tragedia”.
Vito Digiorgio